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l’Unità 27.3.14 - Il tiro al piccione sui pensionati - di Bruno Gravagnuolo


C’È UNO SPORT DI SUCCESSO MOLTO DIFFUSOIN ITALIA.ILTIROALPICCIONE SUI PENSIONATI. VIENE PRATICATO ormai da più di vent’anni come prescrizione sanitaria, dalla società civile ai rami alti della politica. Come l’allarme colesterolo ieri, è divenuto oggi senso comune. Demagogico e rigorista: il grasso si annida tra i pensionati. Lì bisogna tagliare e poi ce lo chiede l’Europa. E per di più dice la Madia i pensionati che cumulano - magari prepensionati coatti! - tolgono lavoro ai giovani.


In realtà la dietà c’è stata eccome. Dalla prima riforma Dini, a quella di Prodi, dagli scalini agli scaloni e al ricalcolo dei coefficienti. Fino agli esodati brutalizzati dalla Fornero, con contorno di blocco della contingenza anche per gli assegni più bassi e contributo di solidarietà per le pensioni superiori a 91mila Euro. Ma era falso che il bubbone della spesa si annidasse lì. Di fatti la spesa pensionistica, prima dell’ultima riforma che ha alzato le soglie e ristretto le finestre (più che altrove in Europa) era il 13% del Pil, al netto dell’assistenza, che ovunque è in carico alla fiscalità generale. E questo dettaglio i predicatori rigoristi contro la spesa pubblica se lo dimenticano puntualmente. La cifra è scesa ancora, ma le salmodie neo liberali continuano imperterrite. E si mescolano al nuovismo giovanilista, che divide vecchi e giovani, poveri e meno poveri, garantiti e non garantiti.


Insomma, questo il punto, i pensionati sono dei parassiti e vanno colpiti. E il tema ritorna alla vigilia del Def, tra le slide di Cottarelli e quelle di Renzi, benché quest’ultimo abbia promesso solennemente che altri sacrifici ai pensionati non saranno chiesti. Salvo aggiungere che sono i pensionati che guadagnano «il giusto», a non dover temere. Ea non escludere contributi in futuro. E il giochino ricomincia. Ma dove sarà posta l’asticella, se un’asticella ci sarà? Contributo di solidarietà a partire da più di tremila euro lordi? Bene, sarebbe l’ennesima ingiustizia. Perché quei tremila divengono al netto duemila. Tra Irpef, trattenute varie, addizionali regionali e comunali. In certe città altissime, come le aliquote della Tasi, sbloccate verso l’alto, «per consentire le detrazioni»... Naturalmente i nostri tagliatori di teste di piccioni, non si scompongono. Avevano persino ipotizzato tagli pensionistici sopra i 23mila euro lordi! E finanche tagli dell’accompagnamento ai disabili pensionati con redditi di 30mila Euro lordi. Indecente? Loro tagliano per mestiere, e perciò ricevono redditi di centinaia e centinaia di migliaia di Euro all’anno, più corpose liquidazioni. Ma questo è un altro discorso, all’ordine del giorno peraltro. Qui conta ricordare alcune cose. Ad esempio, al momento per i pensionati (tutti) ci sono solo digiuno e tagli. Non riceveranno sgravi Irpef le pensioni basse (più della metà su 19milioni e seicentomila). Mentre quelle medio basse attorno ai tre-quattromila (lordi) sono a rischio di ulteriore taglieggiamento, laddove già c’è stato il salasso del blocco della rivalutazione, in parte reinserita sopra i 1500 lordi.


E si ventila pure il taglio delle detrazioni sotto i 35mila euro lordi, a colpire oltre che i pensionati, milioni di dipendenti e contribuenti onesti (per finanziare il bonus promesso da Renzi). Per alzare stipendi e salari sotto i 25mila euro lordi si andrebbero così a colpire altrettanti milioni di lavoratori dipendenti, oltre alle pensioni mediane più basse che alte. Una violenza consumata contro il ceto medio impoverito, e all’insegna del grido: pensioni d’oro! E il tutto solo perché i soggetti in questione sono senza tutela e incapaci di pesare, nell’immediato. Soggetti bancomat. Che andrebbero tutelati come cittadini, e rispettati nella loro dignità. Tanto per cominciare infatti la Corte Costituzionale con sentenza n. 116 del 2013 ha giudicato illeggittimo il prelievo effettuato da Monti sulle pensioni alte - e già sono partiti i rimborsi - e non perché non sia giusto che chi più ha debba pagare di più. Ma perché, dice la Corte, in ballo ci sono sempre dei «contribuenti» e non «categorie». Sicché l’eventuale obbligo contributivo straordinario deve riguardare tutti e ciascuno, in modo equo e progressivo. Dal magazziniere della Roma a Francesco Totti, per intendersi. Altrimenti c’è discriminazione verso una categoria, criminalizzata in quanto tale. Vedremo come finiranno i ricorsi già sollevati contro l’espediente di trattenere il contributo di solidarietà presso l’ente previdenziale di competenza . E però nel frattempo il Tribunale di Palermo ha già fatto pubblicare in Gazzetta ufficiale il ricorso alla Corte contro l’illegittimo blocco protratto della contingenza dopo il 2008. E proprio sulla base della sentenza 116 del 2013. Una pioggia di ricorsi dunque, che potrebbe costare salata allo stato e a noi tutti. E che dovrebbe dissuadere il governo da ulteriori interventi sulle pensioni. Non si può e non si deve fare nulla dunque contro le ingiustizie contributive e le vere pensioni d’oro? Niente affatto. Si può agire sui cumuli di megapensioni, vitalizi e incarichi. Sulle finte pensioni, quelle corrisposte fuori legge. E poi si può agire sulla fiscalità generale. Contributo straordinario? Deve riguardare eventualmente tutti. Ciascuno secondo le sue possibilità, a partire da Irpef, megastipendi e grandi patrimoni, e in modo equo e progressivo. Si obbietterà che così c’è il rischio di flop dell’«effetto Renzi»: rialzo generale delle tasse. Ma quel rischio c’è in ogni caso, anche toccando le pensioni medio-basse. Perché la platea degli 845mila delle cosiddette «pensioni d’oro» va moltiplicata per quattro o cinque. Dentro ci sono anziani e famiglie monoreddito, in affitto o che hanno venduto la nuda proprietà (pagano la Tasi), giovani in carico alle famiglie, badanti, domestici. Insomma un cespite di «domanda aggregata» non indifferente. Che, spende, vota e giudica. Infischiarsene - in tempi di antieuropeismo e populismo - nonché illegittimo e anti-economico, sarebbe un regalo alla destra e a Grillo. E politicamente può costare molto caro.






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