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Renzi ce l'ha con i pensionati. Purché gli assegni siano d'oro. Ha perciò dissanguato le pensioni oltre i 90 mila euro lordi l'anno. Sarebbe stato più equo il 3% sui redditi oltre i 300 mila l'anno

di Giorgio Ponziano-ItaliaOggi 31/12/2013


Trovati i ricchi su cui infierire col fisco? Sì, sono i pensionati. Il cui reddito è tracciabile, quindi impossibilitati a evadere. Molto più facile da colpire che gli evasori, i quali sono da stanare. Il fatto è che quelle pensioni al di sopra dei 90 mila euro l'anno sono spesso pagate sulle base di contributi versati. Tanto che già la corte costituzionale ha deliberato l'illegittimità di un prelievo forzoso sul godimento di propri contributi. Nè il prelievo definito di solidarietà riuscirà' a sanare il buco Inps di 10 miliardi. Dal 2015 tutte le pensioni, non solo quelle over quota 90 mila, saranno a rischio. I conti sono pesantemente in rosso specie dopo l'accorpamento, deciso da Mario Monti, quando era presidente del consiglio, di Inpdap ed Enpals nella nuova superInps. «Potremmo definire il sistema pensionistico odierno - commenta un esperto di pensioni, il giornalista Franco Abruzzo- una specie di schema di Ponzi, il grande truffatore italo-americano. Ma quello che ancora lo tiene in vita è il fatto che è statale, fosse stato un ente privato sarebbe già fallito per bancarotta». L'8 gennaio saranno discusse in parlamento le mozioni di Giorgio Sorial (5 Stelle), Giorgia Meloni (Fratelli d'Italia), Titti Di Salvo (Sel), Irene Tinagli (Scelta civica), Marialuisa Gnecchi (Pd), Massimiliano Fedriga (Lega Nord) e Sergio Pizzolante (Ncd) «concernenti iniziative volte all'introduzione di un prelievo straordinario sui redditi da pensione superiori ad un determinato importo». Insomma le pensioni potrebbero aver un'ulteriore sforbiciata, anche se il governo, col viceministro all'Economia, Stefano Fassina, sembra restio a un nuovo intervento: «si comprendono i rilievi per cui il contributo di solidarietà sulle 'pensioni d'oro' andrebbe meglio disegnato per colpire i veri privilegi, ma un intervento più sofisticato ed articolato potrebbe rivelarsi non fattibile sul piano applicativo e amministrativo, richiedendo calcoli complessi che consentano di risalire alla contribuzione effettuata anche diversi decenni addietro». Il fatto è che i contributi versati oggi dai lavoratori non servono ad assicurare le loro pensioni ma, in pratica, a pagare le pensioni attuali. Però la catena si è spezzata perché chi oggi lavora difficilmente avrà la pensione grazie ai lavoratori di domani, sempre meno sia per la scarsa natalità sia per la disoccupazione. Già qui sta in gran parte il motivo della rincorsa all'aumento dell'età pensionabile e del buco di 10 miliardi. Di cui nessuno sembra preoccuparsi, nonostante il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, abbia inviato una lettera ai ministri dell'Economia e del Welfare: «Ho scritto sia al ministro Saccomanni che al ministro Giovannini, come fatto con l'esecutivo precedente, invitandoli a fare una riflessione su questo punto, essendo il bilancio Inps ormai un bilancio unico ed essendo il disavanzo patrimoniale ed economico una cosa che può dare segnali di non totale tranquillità». In effetti Mastrapasqua è seduto su un vulcano che si sta preparando a una formidabile eruzione, le previsioni tra il 2013 e il 2014 indicano 213 miliardi in entrata e 303 in uscita, ovvero 89 miliardi di differenza. La politica finora ha partorito il topolino, montando mediaticamente il j'accuse verso le pensioni over 90 mila l'anno, definendole tout court pensioni d'oro e tartassandole con un prelievo straordinario che non solo ha creato il primo vero attrito tra Matteo Renzi (favorevole) e Giorgio Napolitano (contrario) ma rischia di innestare pure un corto circuito con la corte costituzionale che già in passato si è pronunciata per l'incostituzionalità di una decisione simile che penalizza una parte dei pensionati. Anche in considerazione di questa sentenza della corte il presidente della Repubblica non era favorevole al prelievo forzoso, rispetto al quale sono già preannunciati ricorsi alla Consulta e quando essa riaffermerà la precedente sentenza che succederà? Si dovrà rimborsare con gli interessi così come è avvenuto col prelievo sugli stipendi più' alti dei dipendenti pubblici, anch'esso cassato perché incostituzionale? Quando l'emissario del presidente della Repubblica ha fatto presente ai membri della commissione bilancio le perplessità di Napolitano, quelli del Pd hanno interpellato il neo segretario che è stato irremovibile: le pensioni vanno tagliate, quelli della Nuova destra hanno sentito Angelino Alfano che ha avvertito: non possiamo rompere col Pd. Così l'emissario del presidente se n'è andato con le pive nel sacco. Dice Pietro Ichino, economista e parlamentare di Scelta Civica: «occorre distinguere in modo molto preciso i trattamenti nei quali è ravvisabile un privilegio e quelli nei quali esso non è ravvisabile. Forse bisognerebbe intendersi anzitutto su che cos'è una pensione d'oro. Guardi, io proporrei proprio di non usare più questa espressione. Distinguerei, piuttosto, tra pensioni interamente guadagnate da chi le percepisce, alte o basse che siano, e pensioni in parte non guadagnate». Aggiunge Silvestre Bertolino, a capo di Cida, la confederazione dei manager: «la perseveranza nel colpire le pensioni con il contributo di solidarietà e con il blocco dell'indicizzazione è indegna di un Paese civile, si va a colpire chi ha pagato le tasse per tutta la vita, è come sparare sulla croce rossa». Gli fa eco Giovanni Centrella, segretario Ugl: «Ci sono pensionati che percepiscono pensioni alte perché nel loro percorso di lavoro hanno avuto una contribuzione elevata. In questo caso, si può anche pensare di chiedere un contributo di solidarietà, ma legato strettamente a questo periodo di crisi e quindi non definitivo. Altra cosa, invece, per coloro che percepisco pensioni d'oro a seguito di un ingiustificato privilegio. In questo caso è giusto intervenire e in modo permanente». La manovra sulle pensioni vale appena 50 milioni di euro, ciò che si poteva ottenere con l'introduzione di un contributo di solidarietà del 3% sui redditi al di sopra dei 300 mila euro, questi si' redditi d'oro. Il taglio alle pensioni, indorato col termine contributo di solidarietà, va dal 6 al 18 per cento. Nella sua sentenza che cancello' il prelievo deciso dal governo Monti la corte costituzionale sottolineo' che si violava «il principio dell'uguaglianza e della progressività del sistema tributario con un intervento impositivo discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini. L'intervento riguarda, infatti, i soli pensionati, senza garantire il rispetto dei principi fondamentali di uguaglianza a parita', attraverso una irragionevole limitazione della platea dei soggetti passivi, divenuta peraltro ancora più evidente, in conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'analogo prelievo ai danni dei dipendenti pubblici (sentenza n. 223 del 2012)». «Il prelievo aggiuntivo sulle pensioni medio alte – dice Silvano Miniati, segretario dei pensionati Uil– anche se sembra godere di qualche simpatia tra i cittadini e tra gli stessi pensionati, e francamente inaccettabile. Trovo fuorviante anche il termine stesso 'pensioni d'oro'. Una volta detratte le tasse (che i pensionati italiani pagano in misura maggiore degli altri pensionati europei) non sono certamente pensioni da 'nababbi' quelle della soglia da cui si è deciso di colpire». Renato Brunetta, capogruppo Forza Italia, si dimentica di avere sostenuto il governo Monti quando provo' a tagliare le pensioni e oggi che è all'opposizione dice: «La norma è una vendetta contro i presunti ricchi, un esproprio condotto al fine di dare soldi agli assistiti di professione». Un maxi-pensionato che non si nasconde è il presidente onorario della Corte dei conti, Furio Pasqualucci: «Quale cittadino rientrante in tali parametri non potrei che sentirmi onorato da una chiamata alla solidarietà per sì nobili scopi; tuttavia una domanda si impone: perché tale onore non si estende ai titolari di redditi uguali ed anche di gran lunga superiori? Penso agli alti burocrati, ai dirigenti di aziende pubbliche e private, agli alti magistrati, ai professionisti dalle ricche parcelle (quando rilasciano le ricevute), alle star dello sport e della TV, ai politici di professione». Mentre un gruppo di superpensionati, tra i quali un ex-funzionario della Camera, Ascanio Cinquepalmi, un ex-primario ospedaliero, Vincenzo Ceci, un giornalista, Alberto Statera, in una lettera aperta al presidente del consiglio avvertono: «Accanto all'intervento sulle pensioni 'd'oro' si reintroduce il blocco dell'indicizzazione dei redditi da pensione superiori a una determinata soglia, misura anch'essa di dubbia costituzionalità. Ove l'incostituzionalità venisse dichiarata a seguito di futuri ricorsi, si renderebbe necessaria una copertura finanziaria di rilevante entità». Ironia della sorte il provvedimento anti-pensione è stato preso nei giorni del quarantennale della politica allegra, era infatti il 29 dicembre 1973 quando il governo di Mariano Rumor concesse le baby pensioni ai dipendenti pubblici: bastava aver lavorato per 14 anni, sei mesi e un giorno e si poteva godere della pensione. Secondo Confartigianato ne usufruirono in 400 mila con un costo per lo Stato di 7,5 miliardi di euro l'anno. Il Paese di Bengodi si trova ora a pagare il pezzo di quell'andazzo. Ma che colpa ne hanno i pensionati di oggi? IN http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1857719&codiciTestate=1









 






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