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PENSIONI SENZA DIFESA ANCHE NEL 2014 - Il Governo Letta-Saccomanni-Giovannini minaccia di bloccare a tempo indeterminato la perequazione (ovvero l'aggiornamento Istat) degli assegni mensili (superiori ai 1.405,05 euro lordi mensili) degli ex dipendenti pubblici e privati. Questo proposito, se attuato, violerebbe la Costituzione nonché diverse sentenze e ordinanze della Corte costituzionale. E’ opportuno ricordare in proposito quanto testualmente affermato dalla Corte Costituzionale al punto 4 della sentenza n. 316/2010: ”Dev’essere segnalato che la frequente reiterazione di misure intese a paralizzare il meccanismo perequativo esporrebbe il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità (su cui, nella materia dei trattamenti di quiescenza, v. sentenze n. 372 del 1998 e n. 349 del 1985), perché le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta”. FRANCO ABRUZZO (Difensore civico dei giornalisti): “Bisogna creare un grande fronte di tutti i pensionati italiani per individuare un meccanismo serio che adegui le pensioni al costo della vita, copiando anche i modelli tedesco, francese, spagnolo e inglese. I pensionati di oggi e di domani devono organizzarsi in movimento politico per punire quelle forze partitiche che pensano di risolvere i problemi della Nazione colpendo selvaggiamente i loro assegni e non i ladri (=evasori fiscali) che sottraggono ogni anno all’erario 300 miliardi”.

Milano, 30 giugno 2013. Tre giorni fa il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, - scrive oggi il Corriere della Sera-,  è stato chiaro sulle intenzioni del governo: «Sulle pensioni d'oro non si può mettere un contributo di solidarietà perché è stato bocciato dalla Corte Costituzionale - ha detto - ma si può bloccare l'indicizzazione (ovvero l'aggiornamento Istat)». Un «blocco» - ha aggiunto - che a seconda del livello di importo al quale si fissa «può produrre effetti non trascurabili». Si ripartirà da lì, dopo che ai primi di giugno la Consulta ha stabilito senza ombra di dubbio che il contributo di solidarietà chiesto ai pensionati che prendono più di 90 mila euro lordi l'anno viola la Costituzione, perché lo stesso non colpisce anche i lavoratori in servizio. I Governi Berlusconi e Monti hanno stravolto in maniera grossolana gli articoli 3 (uguaglianza) e 53 (progressività  del sistema tributario) della carta fondamentale della Repubblica.


Ma é davvero legittimo il blocco della perequazione per il 2012, il 2013 e il 2014 delle pensioni superiori ai 1.405,05 euro lordi mensili deciso dal governo Monti nella cosiddetta “Manovra Salva Italia”? L'interrogativo é al centro dell'attenzione degli organismi dirigenti delle organizzazioni sindacali dei cittadini pensionati perché la discutibilissima soluzione adottata dal Governo Monti non appare affatto in linea con la Carta repubblicana, né con le sentenze della Corte Costituzionale n. 316 del 2010 e n. 30 del 2004 (scaricabili dal sito http://www.giurcost.org/decisioni/index.html). Motivo: viene colpita in via esclusiva la sola categoria dei pensionati pubblici e privati che hanno peraltro già visto diminuire sensibilmente anche il proprio assegno mensile a seguito dell'aumento delle imposte addizionali IRPEF comunali e regionali. Per di più il blocco totale della perequazione delle pensioni ha una durata temporanea, ma i suoi effetti sono purtroppo permanenti, non essendo più possibile per i pensionati recuperare nel tempo quanto trattenuto dagli  Istituti  di previdenza  per la mancata perequazione, proprio perché si è venuta a determinare una perdita del potere d’acquisto con effetti destinati a prodursi anche in futuro, incidenti definitivamente sull’ammontare della pensione stessa.


L’art. 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 - (in Supplemento ordinario n. 251 alla Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 284 del 6 dicembre 2011), convertito nella legge 22 dicembre 2011 n. 214 ((in Supplemento ordinario n. 276 alla Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 300 del 27 dicembre 2011), recante: «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici»- prevede testualmente che: “In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 è riconosciuta per gli anni 2012 e 2013 esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo Inps, nella misura del 100 per cento. Per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo Inps e inferiore a tale limite, incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante ai sensi del presente comma, l'aumento di rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato. L'articolo 18, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni e integrazioni, è abrogato”.


Dopo il 1998 e il 2008  é, infatti, la terza volta nel 2012, la quarta nel 2013 e la quinta nel 2014 che viene bloccata la perequazione automatica delle pensioni, blocco che, anche se temporaneo, ha prodotto e produce tuttora un danno economico soprattutto sui livelli delle pensioni di importo più elevato, pregiudicando la realizzazione della “adeguatezza” delle prestazioni previdenziali e impedendo, o almeno concorrendo ad impedire, la realizzazione della proporzionalità tra pensione e retribuzione goduta nel corso dell’attività lavorativa.


I cittadini pensionati con redditi  superiori a tre volte il trattamento minimo INPS sono stati così irragionevolmente privati della perequazione automatica senza una giustificazione adeguata, non ricavabile neppure dal principio di solidarietà. Inoltre il blocco delle rivalutazioni (che comunque non copre l'inflazione reale)  ha determinato la riduzione anche sensibile del vitalizio mensile. Di conseguenza l’importo netto delle pensioni è fortemente diminuito scendendo addirittura al di sotto dei livelli del 2009. Riepilogando, il blocco della perequazione delle pensioni deciso dal governo Monti non sembra in linea con la Costituzione. Infatti:


a) la pensione totalmente non perequata, con evidenti effetti nell’immediato (“per gli anni “2012, 2013 e 214”), ma pure con inevitabili riflessi permanenti (non essendo stato previsto alcun recupero per gli anni successivi), sembra non rispondere al canone della adeguatezza sancito, per la prestazione previdenziale, dall’art. 38, secondo comma, della Costituzione, avendo temporaneamente reso inefficace l’unico istituto posto a tutela della conservazione nel tempo del valore del trattamento pensionistico;


b) la mancata rivalutazione automatica delle pensioni superiori ad un certo importo contribuirebbe a precludere la proporzionalità tra pensione e retribuzione goduta nel corso dell’attività lavorativa, tutelata dagli artt. 36 e 38 della Costituzione, discriminando irragionevolmente in violazione dell'art. 3 della Costituzione i percettori di pensioni medio-alte rispetto ai percettori di pensioni meno elevate; i primi esposti globalmente al rischio inflattivo, i secondi protetti integralmente da esso;


c) la norma contenuta nel decreto “Manovra Salva Italia” contrasterebbe con l’art. 38 della Costituzione e con il principio di ragionevolezza previsto dall’art. 3 della Costituzione per avere totalmente sacrificato il diritto all’assicurazione da parte dello Stato di mezzi adeguati ai bisogni di vita dei citatdini  pensionati  alla solidarietà sociale sottesa alle esigenze di contenimento della spesa pubblica e di tenuta finanziaria del sistema previdenziale, evitando qualunque forma di bilanciamento tra valori di pari rango costituzionale, quale avrebbe potuto essere realizzata con interventi più calibrati di attenuazione della dinamica perequativa.


E’ opportuno ricordare in proposito quanto testualmente affermato dalla Corte Costituzionale al punto 4 della motivazione della sentenza n. 316 del 3-11 novembre 2010 (Presidente Francesco AMIRANTE, Redattore Luigi MAZZELLA): ”Dev’essere segnalato che la frequente reiterazione di misure intese a paralizzare il meccanismo perequativo esporrebbe il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità (su cui, nella materia dei trattamenti di quiescenza, v. sentenze n. 372 del 1998 e n. 349 del 1985), perché le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta”.


In tema di meccanismo automatico di rivalutazione delle pensioni va, infine, ricordato anche quanto affermato nel punto 3 della precedente sentenza n. 30 del 13-23 gennaio 2004 della Corte Costituzionale (Presidente Riccardo CHIEPPA, Redattore Ugo DE SIERVO): "Annualmente, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, adottato di concerto con il Ministro del lavoro, viene determinata la percentuale di variazione sulla cui base devono essere calcolati gli aumenti di perequazione automatica delle pensioni. Se questa recente evoluzione legislativa è chiaramente orientata nel senso di salvaguardare nel tempo il potere d’acquisto e l’adeguatezza dei trattamenti pensionistici unicamente attraverso il meccanismo della perequazione automatica dell’importo alle variazioni del costo della vita, essa risulta sostanzialmente anche coerente sia con il prevalente carattere contributivo assunto dal sistema pensionistico a seguito della riforma introdotta dalla legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), sia anche con la profonda riforma che ha interessato il pubblico impiego ed in particolare la dirigenza pubblica, il cui trattamento economico è, per la parte accessoria, correlato alle funzioni attribuite, alle connesse responsabilità ed ai risultati conseguiti (art. 24 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”). Mentre tutto ciò rende sempre più difficile riferirsi allo scostamento tra le pensioni e le successive modificazioni dei diversi trattamenti stipendiali, il perdurante necessario rispetto dei principi di sufficienza ed adeguatezza delle pensioni impone al legislatore, pur nell’esercizio del suo potere discrezionale di bilanciamento tra le varie esigenze di politica economica e le disponibilità finanziarie, di individuare un meccanismo in grado di assicurare un reale ed effettivo adeguamento dei trattamenti di quiescenza alle variazioni del costo della vita (ordinanza n. 241 del 2002; ordinanza n. 439 del 2001; ordinanza n. 254 del 2001). Con la conseguenza che il verificarsi di irragionevoli scostamenti dell’entità delle pensioni rispetto alle effettive variazioni del potere d’acquisto della moneta, sarebbe indicativo della inidoneità del meccanismo in concreto prescelto ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia mezzi adeguati ad una esistenza libera e dignitosa nel rispetto dei principi e dei diritti sanciti dagli artt. 36 e 38 della Costituzione". (FONTE: Pierluigi Franz in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=10411)


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Pensioni, è blocco delle rivalutazioni. Sapete quanto può costare per 2 anni a un pensionato che prende 2.182 euro al mese il blocco della rivalutazione degli assegni deciso dal Parlamento? 'Appena' 24 mila euro


di Edmondo Rho in http://economia.panorama.it -28/12/12 - IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=10986


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Allarme rosso pensioni: il governo Monti intende istituire a carico dei pensionati una nuova trattenuta pro esodati!!! L'ultima "trovata" é quella di risolvere il nodo degli esodati addirittura con una «clausola di salvaguardia», che pescherà dalle pensioni oltre i 3 mila euro lordi (2.200 circa netti) bloccandone la deindicizzazione. Se fosse approvata una simile demenziale proposta verrebbero taglieggiati ulteriormente quasi tutti i giornalisti in pensione che - va precisato - non sono affatto "pensionati d'oro" (come qualcuno erroneamente continua a far credere), avendo versato durante la loro vita lavorativa fior di contributi.


Nota di Pierluigi Franz, presidente del Gruppo Romano Giornalisti pensionati – IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=10490


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Appello di  Franco Abruzzo (Difensore civico dei giornalisti):


“Bisogna  creare un grande fronte di tutti i pensionati italiani per  individuare un meccanismo serio che adegui le pensioni


al costo della vita,  copiando anche i modelli  tedesco, francese, spagnolo e inglese”. Un primo obiettivo potrebbe essere quello di  applicare il prelievo fiscale sul  75% dell’assegno a partire dai 65 anni di età per poi  far diminuire questa  percentuale man mano che si va avanti con l’età.


 


La Corte costituzionale, con sentenza n. 30 del 13 gennaio 2004, ha ritenuto che il rispetto dei principi di sufficienza ed adeguatezza delle pensioni impone l’individuazione di un meccanismo in grado di assicurare “un reale ed effettivo adeguamento dei trattamenti di quiescenza” alle variazioni del costo della vita. Quella sentenza è rimasta inascoltata. “In Germania, -come scrive Lisa Bartoli (Cgil-Spi) -, i redditi da pensione sono sottoposti a tassazione solo per una quota pari al 27 per cento. In Francia, ai contribuenti che hanno superato i 65 anni di età viene concessa una deduzione dal reddito imponibile il cui importo dipende dal livello del reddito e che viene raddoppiata nel caso di soggetti invalidi a carico. In Spagna, l’agevolazione, per i contribuenti sopra i 65 anni, assume la forma di una detrazione di imposta di importo fisso e non soggetta a limiti di reddito. Nel Regno unito, invece, sono previste sia una deduzione sia una detrazione. Nel primo caso, l’agevolazione consiste nell’elevare la deduzione di base, spettante a tutti i contribuenti, considerando due fasce di età: i contribuenti tra i 65 e i 75 anni e quelli di età superiore ai 75 anni”. .Il problema fondamentale è uno solo: creare un vasto fronte  dei pensionati italiani. Mettere attorno a un tavolo tutte le sigle sindacali, che si occupano dei pensionati e proporre al  Governo e al Parlamento una piattaforma, che non prescinda, comunque, dai doveri solidarietà sociale che  vincolano anche i cittadini pensionati verso gli altri e verso i giovani in primo luogo. Ci dedicheremo a questa iniziativa con impegno, ma soprattutto con la convinzione che i quasi 18 milioni di pensionati devono far sentrire la propria voce per ottenere Giustizia.  Un primo obiettivo potrebbe essere quello di  applicare il prelievo fiscale sul  75% dell’assegno a partire dai 65 anni di età per poi  far diminuire questa  percentuale man mano che si va avanti con l’età.  


Franco Abruzzo-Difensore civico dei giornalisti italiani


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In: http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=107


Richiamo della Corte costituzionale al Parlamento (sentenza 30/2004): “C’è uno scostamento irragionevole tra  i trattamenti dell’Inps e l’effettiva variazione del potere d’acquisto”


“PENSIONI, NON BASTA L’ADEGUAMENTO ISTAT”


di PIERLUIGI FRANZ


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In: http://www.spi.cgil.it/3/530/1694/schedabase.asp


CGIL-SPI - La proposta del Sindacato pensionati


MENO TASSE SULLE PENSIONI


dI LISA BARTOLI      


Per lo Spi Cgil, uscito dal XVII congresso di Montesilvano, rivalutare le pensioni rappresenta la priorità delle priorità. I dati sulla condizione degli anziani, esposti al rischio di una nuova povertà a causa della perdita del potere d’acquisto, richiedono un impegno del sindacato per sollecitare la realizzazione di un nuovo patto fiscale, in grado di migliorare le condizioni di vita, aumentando i redditi disponibili di coloro che più di tutti in questi anni hanno pagato sulla propria pelle le politiche liberiste del governo Berlusconi. E’ partendo da questa premessa che lo Spi Cgil si fa promotore di una proposta che riguarda il fisco: cioè la possibilità di ridurre il carico fiscale sui redditi da pensione. La proposta sarà presentata al XV congresso confederale di Rimini, sottoforma di emendamento al documento congressuale.


L’ipotesi nasce da una diversa interpretazione (sempre sotto il profilo fiscale) dei redditi da pensione, che in Italia, a tutti gli effetti sono assimilati a quelli da lavoro e, dunque, subiscono una imposizione sproporzionata che contribuisce a ridurre di fatto il reddito disponibile delle persone più anziane. Ciò succede nonostante i redditi da pensione scaturiscano da un risparmio accumulato (i contributi pagati lungo l’arco della vita lavorativa) e, quindi, hanno natura diversa dai salari.


Come riferisce il IX rapporto Cer-Spi Cgil “Gli anziani in Europa, edizioni Laterza, si tratta di una esperienza già sperimentata in alcuni paesi europei. In Germania, per esempio, i redditi da pensione sono sottoposti a tassazione solo per una quota pari al 27 per cento. In questo modo, la maggior parte di essi risulta di fatto esente dall’imposta personale. In altri paesi, invece, la tutela che i sistemi di imposizione personale riservano al reddito percepito dagli anziani passa sia attraverso deduzioni o detrazioni specifiche differenziate per l’età dei contribuenti, sia con l’agevolazione indiretta dei redditi da pensione che, generalmente costituiscono la più importante fonte di reddito dei soggetti anziani.   


In Francia, per esempio, ai contribuenti che hanno superato i 65 anni di età viene concessa una deduzione dal reddito imponibile il cui importo dipende dal livello del reddito e che viene raddoppiata nel caso di soggetti invalidi a carico. In Spagna, l’agevolazione, per i contribuenti sopra i 65 anni, assume la forma di una detrazione di imposta di importo fisso e non soggetta a limiti di reddito. Nel Regno unito, invece, sono previste sia una deduzione sia una detrazione. Nel primo caso, l’agevolazione consiste nell’elevare la deduzione di base, spettante a tutti i contribuenti, considerando due fasce di età: i contribuenti tra i 65 e i 75 anni e quelli di età superiore ai 75 anni. Nel secondo caso, la detrazione, ancora differenziata per età, spetta a soggetti sposati o vedovi. In entrambi i casi, il trattamento differenziale tende a ridursi al crescere del reddito, fino ad eguagliare l’importo della deduzione di base spettante a tutti i contribuenti.


Per lo Spi Cgil, tutte queste esperienze possono servire ad avviare anche in Italia una riflessione che, nell’ambito di un nuovo patto fiscale, ponga al centro del dibattito la questione di una tassazione agevolata per le pensioni.


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