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Radiati perché hanno leso
l’onore della professione
Promettendo una trasmissione
tv a due sindaci veneti
(in allegato la delibera
17 marzo 2003 dell'Ordine
dei Giornalisti lombardi)



di Filippo Senatore


In data 20 ottobre 2005, il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha respinto i ricorsi presentati da Paola Rossi e Fulvio Scocchera contro la sanzione disciplinare della radiazione deliberata dal Consiglio regionale dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia.


Il fatto.


Francesco Gattolin e Davide Bolzon, sindaci rispettivamente di Asiago e Roano, due comuni del Vicentino, vorrebbero denunciare la chiusura di un ospedale della zona.


Un loro conoscente, l'avvocato Fd vanta contatti con “Le Jene” e “Striscia la notizia” trasmissioni che potrebbero dare risalto al fatto. 


 Interviene Paola Rossi, amica dell’avvocato che millanta entrature nella struttura di dette trasmissioni tv. In cambio della mediazione i due chiedono un compenso di 52 mila euro in nero.


I sindaci per non accettare il ricatto prendono contatto con la “Striscia la notizia” onde verificare le modalità riferite da Paola Rossi.


Gli organizzatori della trasmissione decidono di smascherare l’inganno.


 I sindaci d’accordo con “Striscia” fingono di accettare il ricatto per incontrare Fd, Rossi e Fulvio Scocchera aggiuntosi alla compagnia.


Nel luogo dell’incontro vengono piazzate le telecamere per registrare dalla troupe televisiva.


Paola Rossi ribadisce ai sindaci che senza soldi “Striscia” non manda in onda nulla.


I sindaci consegnano una busta.


L’avvocato Fd la apre e scopre che al posto dei 52 mila euro richiesti ci sono pezzi di carta.


Entrano in scena i soliti Staffelli e Ghione che smascherano i truffatori.


La sanzione


Il 13 gennaio 2003 dopo le rivelazioni della stampa, viene aperto il procedimento disciplinare nei confronti dei giornalisti Paola Rossi e Fulvio Scocchera. In istruttoria viene acquisito il filmato mandato in onda.


I primi giudici, preliminarmente, ritengono che la procedura disciplinare è svincolata da quella penale avviata dalla Procura di Bassano del Grappa. Pertanto essi non sospendono la procedura nell’attesa della pronuncia penale nonostante la richiesta dei ricorrenti che lamentano altresì la non corretta notifica della decisione allo studio dei difensori, presso i quali non avevano eletto il domicilio


La decisione di primo grado statuisce   che “l’incolpazione disciplinare non è l’addebito di , ma l’avere percepito i soldi per assicurare un servizio su Striscia la notizia”. Questo è il nodo cruciale di cui ha tenuto conto la decisione dell’Ordine Nazionale. Il fatto in sé è deprecabile per la disciplina professionale poiché compromette la dignità dell’intera categoria.


Paola Rossi ha utilizzato il ruolo di giornalista nell’accreditarsi ai sindaci che cercavano di divulgare la notizia dell’ingiusta chiusura dell’ospedale di zona.


Il suo ruolo è stato “rafforzato” dalla presenza di un altro giornalista Fulvio Scocchera all’incontro registrato. Due giornalisti fanno da tramite con una trasmissione in modo anomalo e in cambio del versamento di una somma di denaro. Il supporto operativo di Scocchera potrebbe essere smentito non appena la richiesta di dazione del denaro diventa palese. Ma Scocchera tace.


E’ ininfluente che gran parte dei 52 mila euro spetterebbero all’avvocato Dolce.


E’ il ruolo del giornalista che viene svilito come mero intermediatore di favori: un giornalista che ha entratura nel mondo televisivo e non un giornalista che esercita il suo mestiere.


La rilevanza dei comportamenti del giornalista viene valutata in rapporto all’obbligo di comportarsi in modo conforme alla dignità e al decoro professionale. Se viene compromessa la reputazione professionale, il riflesso immediato ricadrà sulla dignità dell’ordine sancito dall’art. 48 della legge n° 69/1963. Il giornalista deve promuovere la fiducia tra la stampa e i lettori e nel caso di specie l’operato di Rossi e Scocchera va nella direzione opposta.


L’appello


.Nel merito i ricorrenti contestano così la decisione del Consiglio regionale.


I difensori sostengono che i due giornalisti non hanno compromesso la loro dignità professionale con il comportamento filmato dalla televisione, descritto dalla stampa quotidiana. Il pubblicista avrebbe meno vincoli professionali per la facoltà d’esercizio di un “lavoro” diverso. Ma la difesa aggiusta il tiro, definendo Paola Rossi una privata cittadina e non una giornalista che si occupa di mediazione. La richiesta di denaro viene giustificata così. All’avvocato Dolce la “giusta parcella” e alla Rossi un rimborso spese per organizzare viaggio e riprese televisive.


La decisione


Il Consiglio nazionale respinge la richiesta preliminare di sospensiva della procedura disciplinare ribadendo la normativa di cui all’art. 3 stabilita dal Codice di procedura penale dalla riforma Vassalli del 1989. Non è necessario attendere la sentenza penale se non nei casi in cui è dubbio il fatto obiettivo.


 L’eccezione sulla ritualità della notifica del provvedimento non già ai ricorrenti, ma ai loro legali è infondata. L’atto è valido per il raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156, terzo comma del codice di procedura civile.


Secondo la decisione dell’Ordine nazionale dei giornalisti l’oggettività e la materialità dei fatti contestati, risultano dal filmato in modo palese. I ricorrenti hanno compromesso gravemente la dignità professionale al punto dal rendere incompatibile la presenza nell’albo, nell’elenco e nel registro.


 La gravità del fatto addebitato è stata amplificata dalla risonanza della trasmissione televisiva andata in onda in prima serata e su scala nazionale.







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