Parigi, 3 maggio 2010. Insieme a Hu Jintao, Mahmoud Ahmadinejad, Muammar Gheddafi, Paul Kagame, Raul Castro, Vladimir Putin, le "mafie" italiane sono tra i "40 predoni dell'informazione" accusati da Reporters sans Frontieres (RSF) di mettere ogni giorno a rischio il lavoro e la vita dei giornalisti. Sono, si legge nel rapporto reso noto oggi dall'organizzazione, organizzazioni e uomini "potenti, pericolosi, violenti e al di sopra della
legge. Hanno la facolta' di censurare, imprigionare, rapire, torturare e,
nel peggiore dei casi, assassinare i giornalisti". Per mettere a tacere un
giornalista può bastare anche meno di un sequestro o di un colpo di
pistola. Il quadro della libertà di stampa peggiora di anno in anno in
Italia "per le "pressioni del Cavaliere", mentre l'Europa diventa sempre
meno il punto di riferimento per uno dei più importanti diritti civili,
misura della dignità e della decenza democratica di un paese. Nel
Continente l'Italia, al 49esimo posto nella classifica sulla libertà di
stampa, ha il peggior punteggio tra i sei Paesi fondatori dell'Europa unita.
Se cede il bastione europeo dei diritti civili, avverte RSF, sara' molto
piu' difficile difendere i cronisti nel sud del mondo. Di quest'ultimi e del
loro lavoro nulla si saprebbe se non, per i casi piu' noti, nel giorno del
loro omicidio o del loro rapimento, oppure nella Giornata mondiale della
liberta' di stampa, celebrata oggi in tutto il pianeta. Si viene così a
sapere di Dawit Isaak, eritreo di cittadinanza svedese, che dal settembre del 2001 marcisce in un carcere del paese africano, accusato di essere una spia ma mai processato.
L'ERITREA, con 30 giornalisti attualmente detenuti nelle 314 carceri del
Paese, costituisce "la più grande prigione per i giornalisti" esistente al
mondo. E in un Paese in cui la libertà di stampa e' stata dichiarata dal
governo "incompatibile" con il proprio sistema culturale arrivano anche gli
aiuti dell'UE: 312 milioni di euro negli anni a venire, che Isaias potrebbe
ben utilizzare anche per costruire nuove carceri a "campi della morte" come
quello di Eraeiro, dove Isaak e altri giornalisti sono rinchiusi e, secondo
quanto riferito da un secondino riparato in Svezia, "stanno morendo uno dopo
l'altro". I giornalisti svedesi hanno chiesto oggi all'UE di "fermare gli
aiuti" ad Asmara fino a quando non sara' chiuso il campo di Eraeiro e non
sara' garantito un processo giusto a Isaak e ai suoi colleghi.Una buona
notizia, in un panorama mondiale di sostanziale deterioramento delle
condizioni della libertà di stampa, arriva invece dagli STATI UNITI, che
nella classifica di RSF hanno recuperato 16 posizioni grazie a ciò che
viene definito "l'effetto Obama" e sono adesso al 22esimo posto, e dallo SRI
LANKA, che cerca di rimediare a un 162 posto (su 175 complessivi) con il
perdono concesso oggi a J.S. Tissainayagam, cronista Tamil condannato a
vent'anni di carcere con l'accusa di terrorismo.
E' L'EUROPA a preoccupare di più. A poco a poco, si desume dal rapporto, si spegne il faro delle libertà democratiche e civili, una volta ben luminoso nel Vecchio Continente. "E' inquietante", afferma Jean-Francois Julliard, segretario generale di RSF, "vedere democrazie europee come la FRANCIA (in discesa di otto punti), L'ITALIA E LA SLOVACCHIA scendere di anno in anno nella classifica". La FRANCIA era al 51esimo posto lo scorso anno e oggi è al 43esimo, L'ITALIA era al 49esimo posto lo scorso anno. Meglio di loro fanno le giovani democrazie africane, come il MALI, IL SUDAFRICA E IL GHANA. "Lo Stato della libertà di stampa in Italia", è il giudizio del Rapporto, "stretto tra riforme draconiane e le minacce della mafia, preoccupa sempre più i suoi vicini europei. Il controllo della mafia si rafforza e costringe un ampio numero di giornalisti ad operare con circospezione". Tra coloro che rischiano ogni giorno la vita il Rapporto cita Roberto Saviano, il corrispondente dell'Ansa da Palermo Lirio Abbate, e la giornalista del Mattino Rosaria Capacchione. "Il loro lavoro, e il rischio che lo accompagna", afferma il Rapporto, "non ha il sostegno del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi", che "nel novembre del 2009 disse di voler 'strangolare' scrittori e cineasti perché, scrivendo di mafia, avrebbero fornito una cattiva immagine dell'Italia. (AGI)