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PROFESSIONI
Veto del Ministro dell’Università
blocca la "riforma"
del Ministro della Giustizia

Giornalisti professionisti e ministri.
Mussi contro Mastella:
“Sulle professioni intellettuali
la competenza è soltanto mia”
In allegato lo “Schema di disegno di legge di riforma degli Ordini professionali e di accesso alle professioni” preparato dal Ministro della Giustizia

di Franco Abruzzo/presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia


Giornalisti professionisti e ministri della Repubblica. Fabio Mussi contro Clemente Mastella con piglio forte. Risultato: il ministro dell’Università ha negato il consenso a discutere nel Consiglio dei Ministri lo “Schema di disegno di legge di riforma degli Ordini professionali e di accesso alle professioni” preparato dal collega. Un altro macigno, che rende ancora più difficoltoso il cammino del Governo Prodi. In effetti il “ddl Mastella” ha un “peccato originale”, quello di essere stato elaborato esclusivamente dal Ministero della Giustizia, mentre la competenza sulle professioni spetta al Ministero dell’Università “di concerto” con quello della Giustizia. L’ordinamento giuridico dello Stato (in particolare il dlgs 300/1999) assegna al Ministero dell’Università la missione di formare i professionisti e al Ministero della Giustizia la missione di vigilare sugli Ordini professionali. La legge 4/1999 (articolo 1, comma 18) prevede che l’esame Stato (abilitativo all’esercizio delle professioni intellettuali) sia raccordato alle lauree e conferisce al Ministero dell’Università l’iniziativa regolamentare “di concerto” con il Ministero della Giustizia. Il dissenso tra i due ministeri è esploso l’11 novembre nelle pagine de “Il Sole 24 Ore”, che ha pubblicato una lettera (datata 10 novembre 2006) di Paolo Narciso capo dell’Ufficio legislativo del Miur indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dagl) e all’Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia; lettera dai toni duri, perentori e ultimativi: Si fa osservare che questo Ministero è stato invitato a partecipare ad una riunione presso il Ministero della Giustizia, alle ore 12,15 di questa mattina, per l’illustrazione del disegno di legge indicato in oggetto.


Dal contenuto della convocazione si è appreso che lo schema di provvedimento è stato elaborato a seguito di alcuni incontri con altre amministrazioni, tenutisi presso lo stesso Dicastero della Giustizia, a decorrere già dal mese di luglio u.s..


Si sottolinea che il Ministero dell’Università e della Ricerca non è mai stato convocato per partecipare alla stesura del provvedimento in parola né ha mai ricevuto alcuna informazione in merito.


Tale situazione è quanto mai singolare atteso che l’articolo 1, comma 18, della legge n. 4, del 4 gennaio 1999, attribuisce al Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica l’iniziativa per l’adozione, di concerto con il Ministero della Giustizia, di uno o più regolamenti ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, concernenti la disciplina degli ordinamenti delle professioni, per il cui esercizio è previsto l’esame di Stato, nonché dei requisiti per l’ammissione agli esami di Stato e delle relative prove.


Si rammenta, altresì, che nell’ultimo scorcio della passata legislatura era stato anche predisposto da questo Ministero, con il concerto del Ministero della Giustizia, uno schema di regolamento di modifica del DPR 328/2001 volto a disciplinare alcune professioni (giornalisti e consulenti del lavoro, ndr) non comprese nel precedente provvedimento e modificare la normativa sullo svolgimento delle prove.


Tale provvedimento approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri e firmato dal Presidente della Repubblica, ha ricevuto un rilievo dalla Corte dei Conti in sede di registrazione ed è stato pertanto ritirato per un approfondimento.


Alla luce della normativa vigente, si ritiene, pertanto, che ogni provvedimento riguardante la disciplina dell’accesso alle professioni debba essere proposto da questo Ministero e, di seguito, valutato congiuntamente dalle due Amministrazioni, cui è riservata la competenza istituzionale.


Si fa presente perciò, allo stato, che lo scrivente Ministero si oppone fin da ora alla eventuale iscrizione del disegno di legge in oggetto all’ordine del giorno del pre-consiglio”.



L’articolo 1 (comma 18) della legge n. 4/1999, stabilisce, infatti, che “Con uno o più regolamenti adottati, a norma dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentiti gli organi direttivi degli ordini professionali, con esclusivo riferimento alle attività professionali per il cui esercizio la normativa vigente già prevede l’obbligo di superamento di un esame di Stato, è modificata e integrata la disciplina del relativo ordinamento, dei connessi albi, ordini o collegi, nonché dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove”. In attuazione di tale disposizione è già stato emanato il Dpr. n. 328/2001, che ha provveduto ad istituire le sezioni A e B degli albi dei dottori agronomi e dottori forestali, degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, degli assistenti sociali, degli attuari, dei biologi, dei chimici, dei geologi e degli ingegneri, e a definire le relative competenze professionali, prevedendo l’iscrizione ad esse, rispettivamente, dei laureati specialistici e triennali, che abbiano superato l’apposito esame di abilitazione. La legge 4/1999 in sostanza recepisce la direttiva 89/48/Cee (dlgs 115/1992) secondo al quale i professionisti appartenenti a professioni regolamentate debbano avere alle spalle almeno una laurea triennale. I giornalisti (legge 69/1963) sono stati esclusi da tale Dpr, decisione questa successivamente censurata dal Consiglio di Stato (sezione seconda consultiva) con il parere 448/2001 reso nell’adunanza 13 marzo 2002 e depositato il 7 maggio successivo. In tale quadro normativo si inserisce anche la scelta operata dal legislatore con la legge n. 4/1999 che ha delegificato la materia degli esami di Stato. Il regolamento, infatti, è apparso al legislatore lo strumento più idoneo ad individuare i titoli di studio che danno accesso agli esami di Stato, tenendo conto della continua evoluzione dei percorsi formativi ad opera dei decreti ministeriali e dei regolamenti di ateneo.


L’esercizio del potere regolamentare del Governo nella materia degli esami di Stato è radicato, dal punto di vista costituzionale, nel combinato disposto degli articoli 33, quinto comma, e 117, sesto comma, della Costituzione. Infatti, laddove la Costituzione, prescrive “un esame di Stato […] per l’abilitazione all’esercizio professionale” (art. 33, quinto comma, Cost.), fa rientrare la disciplina degli esami di Stato stessi tra le materie di legislazione esclusiva dello Stato, nelle quali, ai sensi del menzionato sesto comma dell’art. 117, lo Stato ha anche la potestà regolamentare. Tale impostazione è ormai consolidata dal decreto legislativo 30/2006 contenente “Principi fondamentali in materia di professioni, a norma dell'articolo 1, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131”, che all’articolo 1, comma 4, include tra le materie che non rientrano nell’ambito di applicabilità del decreto stesso e sono quindi di esclusiva competenza dello Stato la disciplina dell’esame di Stato previsto per l’esercizio delle professioni intellettuali, nonché i titoli, compreso il tirocinio, e le abilitazioni richiesti per l’esercizio professionale. Le sentenze 353/2003, 319/2005, 355/2005, 405/2005, 424/2005 e 40/2006 della Corte costituzionale hanno confermato le prerogative esclusive dello Stato in tema di esame di abilitazione all’esercizio professionale.


La giurisprudenza costituzionale ha più volte precisato che l’articolo 33 della Costituzione reca in sé un principio di professionalità specifica, richiedendo che l’esercizio di attività professionali rivolte al pubblico avvenga in base a conoscenze sufficientemente approfondite ed ad un correlato sistema di controlli preventivi e successivi di tali conoscenze, per tutelare l’affidamento della collettività in ordine alle capacità dei professionisti (Corte costituzionale, sentenze 23 dicembre 1993 n. 456 e 26 gennaio 1990 n. 29). Tale interpretazione della norma è del resto confermata dal parere n. 448/2001 reso il 13 marzo 2002 e depositato il 7 maggio successivo dalla seconda sezione consultiva del Consiglio di Stato proprio con riferimento alla possibilità di includere la professione di giornalista nella disciplina regolamentare. In tale parere si afferma la natura di esame di Stato della prova di idoneità prevista per l’accesso alla professione di giornalista e si conclude per l’insussistenza di motivi ostativi alla riforma dell’ordinamento professionale dei giornalisti ai sensi dell’art. 1 (comma 18) della legge n. 4/1999.

Il Ministro dell’Università, Fabio Mussi, ha annunciato in Parlamento una svolta, affermando che “l’accesso agli Ordini professionali è materia sulla quale deve logicamente far premio il recepimento della Direttiva Comunitaria sulle qualifiche professionali superiori”. Il ministro, nell’audizione del 4 luglio 2006 davanti alla VII Commissione della Camera (riportata nel sito www.miur.it alla voce interventi), ha dichiarato: Ci sono anche stati rilievi degli organi giurisdizionali sul decreto Moratti relativo alle abilitazioni e all’accesso agli ordini professionali: una materia sulla quale deve logicamente far premio il recepimento della Direttiva Comunitaria sulle qualifiche professionali superiori. La Corte dei Conti, visto il ritiro del decreto sulle classi di laurea, ci ha invitati al ritiro anche di questo”. La Direttiva Comunitaria sulle qualifiche professionali superiori è la numero 89/48/CEE del 21 dicembre 1988 “relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni”.

La direttiva 89/48/CEE, recepita con il Dlgs 115/1992, ha introdotto (con l’articolo 2/bis del dlgs 115/1992) la definizione di professione "regolamentata". Si definisce formazione regolamentata “qualsiasi formazione direttamente orientata all'esercizio di una determinata professione e consistente in un ciclo di studi post-secondari di durata minima di tre anni oppure di durata equivalente a tempo parziale in un'università o in un altro istituto di livello di formazione equivalente e, se del caso, nella formazione professionale, nel tirocinio o nella pratica professionale richiesti oltre il ciclo di studi post-secondari: la struttura e il livello di formazione professionale, del tirocinio o della pratica professionale devono essere stabiliti dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro interessato o soggetti al controllo o all'autorizzazione dell'autorità designata a tal fine”.


La direttiva in conclusione ha fissato il principio per cui l’esercizio delle professioni presuppone il superamento di un ciclo di studi postsecondari di una durata minima di tre anni o di durata equivalente a tempo parziale, in una università o in un istituto di istruzione superiore o in altro istituto dello stesso livello di formazione. I principi fissati dalla direttiva 89/48/CEE sono stati realizzati dalla Repubblica Italiana con la Riforma universitaria 1999/2000/2005 e con il contestuale collegamento (tramite il comma 18 dell’articolo 1 della legge 4/1999) delle lauree (triennali) e delle lauree biennali specialistiche (o magistrali) alle professioni regolamentate organizzate con l’Ordine (o con il Collegio) e con l’esame di Stato. Tra le professioni regolamentate rientra quella di giornalista (ex legge n. 69/1963, sentenze nn. 11 e 98/1968; 2/1971; 71/1991; 505/1995 e 38/1997 della Corte Costituzionale) alla quale si accede tramite esame di Stato al pari delle altre.







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