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La VeritàGiovedì 21 Dicembre 2023 Pagina 4 - GLI IPOCRITI DIFENSORI DELLA STAMPA LIBERA VOLEVANO SILENZIARCI
La sinistra frigna per la stretta sulla pubblicazione degli atti giudiziari, ma ci ha attaccato per la nostra inchiesta sulla Ong

Di GIORGIO GANDOLA

«Da quella porta uscivano troppi spifferi puzzolenti», spiega un garantista della prima ora con il pin di Forza Italia sulla giacca. L’emendamento a firma Enrico Costa (Azione) che vieta la pubblicazione «integrale o per estratto» di un’ordinanza di custodia cautelare fino al termine dell’udienza preliminare è un piccolo terremoto in chiave garantista. Ha lo scopo di evitare la gogna mediatica che da Tangentopoli in poi ha travolto numerosi cittadini, poi risultati assolti o archiviati nell’indifferenza generale. Il provvedimento è passato a larga maggioranza (160 sì, 70 no con voto palese) ed è destinato a far discutere già dalla formulazione: per il governo più Azione e Italia Viva si tratta di una norma di civiltà; per il Pd, i Verdi, la sinistra-sinistra e il Movimento 5Stelle è una legge bavaglio. Tutto prevedibile e di fatto obbligato, nel recepire una direttiva europea che Bruxelles chiedeva da sette anni di applicare. Tutto controverso nel dibattito politico (e giornalistico-giudiziario) dove, con toni apocalittici, da una parte si parla di «giustizia ritrovata» e dall’altra di «funerale della libertà». In realtà è un ritorno alla situazione ante 2017, quando il ministro della Giustizia piddino Andrea Orlando decise - in un contesto già fortemente condizionato dal grillismo montante - di derubricare la presunzione d’innocenza e consentire la diffusione di tutte le intercettazioni, anche di quelle senza notizia di reato. Al di là dell’enfasi delle proteste è difficile pensare a un bavaglio. Le notizie sulle indagini, la richiesta di rinvio a giudizio degli imputati, tutte le fasi processuali saranno garantite come in passato. E dell’ordinanza di custodia cautelare si potrà riportare la sintesi, non più fare il copia-incolla anche delle virgole. I contrari sono comunque tanti. A partire da un gruppo di politici indignados guidati da Valter Verini (Pd), capogruppo in commissione Antimafia: «Un nuovo, grave colpo assestato alla libertà di informazione. Non soltanto alla libertà dei giornalisti e del giornalismo d’inchiesta ma al diritto dei cittadini di essere informati». Per i pentastellati Federico Cafiero De Raho e Stefania Ascari «questo è un altro vergognoso bavaglio che colpisce e umilia il diritto dei cittadini ad essere informati». Secondo Angelo Bonelli (Verdi) «l’emendamento a firma Costa riformulato sulla legge europea, in mano a questo governo può diventare un nuovo bavaglio alla libertà di stampa». Una posizione legittima ma molto singolare. L’afflato libertario a difesa delle prerogative della stampa sarebbe perfino nobile, se gli stessi partiti di sinistra e gli stessi parlamentari non si fossero scagliati fino all’altroieri contro l’inchiesta de La Verità e Panorama sulle imprese marittime della banda di Luca Casarini. Gli altarini della Mare Jonio, con il coinvolgimento di cardinali e vescovi come finanziatori occulti della Ong Mediterranea, avevano a tal punto maldisposto Pd, Verdi e sinistra rosso porpora da auspicare un intervento dall’alto per far cessare lo stillicidio. Al grido di «bisogna fermare gli eversori» che si permettevano di picconare il piedistallo del terzomondismo degli affari, coloro che oggi gridano al bavaglio lo volevano imporre. È curioso notare che il «funerale della libertà» vada in scena a giorni alterni. Tutto questo nel silenzio delle istituzioni giornalistiche. Il firmatario del provvedimento Enrico Costa ovviamente difende il suo provvedimento perché «dopo la pubblicazione dell’ordinanza zeppa di intercettazioni, quand’anche la persona venisse assolta le resterebbe una cicatrice indelebile. Il diritto all’informazione è garantito dalla possibilità di dare la notizia». Poi tira una stoccata ai pm contrari: «La corrente di magistrati Area attacca l’emendamento e questo dimostra quanto campino sul marketing giudiziario e quanto soffrano se si spezza questa catena». Favorevole Maurizio Gasparri: «Forza Italia vuole la certezza della pena ma anche la trasparenza delle procedure. Non si sbatte il mostro in prima pagina quando non si sa se una persona è colpevole o meno. Le nuove norme non vogliono impedire il funzionamento della giustizia ma evitare la gogna mediatica». Per una volta sta con la maggioranza anche Riccardo Magi di +Europa: «Non è vero che non si può pubblicare nulla. Si può pubblicare la notizia, ma non integralmente le intercettazioni». Molto negativo è il giudizio della Fnsi (Federazione nazionale della stampa) che organizza una mobilitazione, per protesta non sarà alla conferenza di fine anno della premier Giorgia Meloni e chiede «al presidente Sergio Mattarella di non firmare una legge che potrebbe essere fonte di immani distorsioni dei diritti». Anche l’Ordine dei giornalisti è in ebollizione e boccia il provvedimento: «Un duro colpo al diritto di cronaca». Come se prima del 2017 non esistessero le intercettazioni. Eppure abbiamo saputo che il Pd esultava perché «abbiamo una banca»; che «con i migranti si fanno più affari che con la droga» (Salvatore Buzzi dixit). E che Luciano Moggi condizionava gli arbitri.


 





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