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CONGRESSO FNSI DI LEVICO TERME (TN) - Marina Macelloni (Inpgi): persi il 15% di posti in 5 anni. "Necessaria un'inversione di tendenza. Bisogna allargare lo sguardo. Includere e offrire tutele previdenziali anche a chi oggi è fuori dalla nostra Fondazione. Sono tanti. Non è solo per salvare l'Inpgi, ma è per ribaltare il destino dei dinosauri e immaginare un mondo che non ne preveda solo l'estinzione". IN CODA gli interventi e quello che ha detto nella sua relazione Raffaele Lorusso sul punto dell'allargamento della base contributiva Inpgi.

LEVICO TERME (TRENTO), 13 febbraio 2019. - “Poter iscrivere all'Istituto anche i non giornalisti che fanno mestieri contigui al nostro, la comunicazione, il web: è questo il progetto rivoluzionario a cui stiamo lavorando. Siamo i primi che tentano un'operazione del genere, nessun'altra Cassa ha mai provato ad iscrivere persone non iscritte all'Ordine di riferimento, ma secondo il nostro punto di vista questa la via d'uscita”. Marina Macelloni, presidente dell'Inpgi, ha aperto questa mattina la seconda giornata del XXVIII Congresso nazionale della stampa italiana a Levico Terme. Una proposta che nasce da una presa di realtà drammatica: “Negli ultimi 5 anni abbiamo perso il 15% dei posti di lavoro dipendente e la spesa per ammortizzatori sociali pagati dall'Istituto è cresciuta del 58%. “Oggi - ha proseguito Macelloni - siamo poco più di 15 mila. E i pochi nuovi assunti che abbiamo sono sotto i 30 mila euro: un fenomeno di forte gap tra giovani e più anziani, tra donne e uomini, tra nord e sud”. Contemporaneamente, fa notare la presidente dell'Inpgi, si registra una massiccia migrazione verso il lavoro autonomo e una digitalizzazione intensa e non governata. Un sistema che ha cambiato i mezzi di produzione, le figure professionali e le modalità di fruizione, ma non ha ridotto la domanda d'informazione. Da qui la necessità di un'inversione di tendenza: "La via d'uscita è quella di riconoscere questo cambiamento. Allargare lo sguardo. Includere e offrire tutele previdenziali anche a chi oggi è fuori di qui. Sono tanti. Non è solo per salvare l'Inpgi, ma è per ribaltare il destino dei dinosauri e immaginare un mondo che non preveda solo l'estinzione". Secondo Carlo Verna, presidente dell'Ordine dei giornalisti, "tutte le regole che inquadrano l'Ordine sono obsolete e andranno superate. La riforma dell'Ordine dei giornalisti e' la priorita'. Con al centro di tutto la deontologia e l'accesso unico. Noi stiamo validando un sistema basato sullo sfruttamento. Si deve cambiare. La formazione deve arrivare, come in tutte le altre professioni, dal mondo dell'accademia misto ai saperi della professione giornalistica". Per Daniele Cerrato, presidente Casagit, "siamo giunti allo snodo, uno snodo da concludere nell'arco di pochi mesi". "L'unica prospettiva che abbiamo e' quella di cercare di portare all'interno di questo mondo, qualcuno che questo welfare sanitario vuole realizzare", ha aggiunto. "Il 2018 e' stato un anno drammatico per tutti gli investimenti", ha detto Enrico Castelli nel tracciare il bilancio dell'attivita' di investimenti del Fondo di pensione complementare dei Giornalisti. "La cosa piu' importante - ha concluso - e' attivare una politica di informazione rivolta ai piu' giovani. Iscriversi al Fondo e' una decisione individuale". (ANSA). TUTTI gli interventi sono in http://www.28congressofnsi.it/interventi.asp



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INPGI. ALLARGAMENTO DELLA BASE CONTRIBUTIVA. QUELLO CHE HA DETTO RAFFAELE LORUSSO SUL PUNTO NELLA SUA RELAZIONE.



...."La dichiarazione di intenti, sottoscritta a maggio 2018 da Aran ed Fnsi, apre la strada alla definizione concertata del profilo professionale del giornalista nella pubblica amministrazione, anche sul versante della regolamentazione di aspetti peculiari della nostra professione, dalla flessibilità degli orari all’autonomia professionale, fino all’iscrizione alla Casagit e al fondo pensione complementare. Senza enfasi alcuna, dopo 18 anni dall’entrata in vigore della legge 150, dopo numerosi contenziosi giudiziari e non poche incomprensioni, finalmente chiarite, con i sindacati maggiormente rappresentativi del personale della pubblica amministrazione, quella dichiarazione congiunta fra Aran e Fnsi inaugura una nuova fase. Un capitolo tutto da scrivere, ci auguriamo in fretta, che – fermi restando i diritti acquisiti e il valore del contratto Fieg-Fnsi – pone le basi per un contratto Aran-Fnsi all’insegna del riconoscimento dei rapporti di lavoro, dei diritti e di retribuzioni adeguate, dell’allargamento della base professionale e contributiva.



Si tratta di un passaggio imprescindibile anche per la sopravvivenza di Inpgi e Casagit. In dieci anni di crisi, gli enti economici della categoria hanno fatto di tutto per mantenere in equilibrio i conti, cercando di incidere meno possibile sul livello delle prestazioni. IL PESANTE DISAVANZO REGISTRATO DALL’INPGI È IL RISULTATO DI UN DECENNIO DI USCITE DAL MONDO DEL LAVORO – DAI PREPENSIONAMENTI AI PENSIONAMENTI ANTICIPATI INCENTIVATI FINO AI LICENZIAMENTI – E DI UN MERCATO DEL LAVORO IN CUI È DIFFICILE INTRAVVEDERE ELEMENTI DI DINAMISMO E SEGNALI DI INVERSIONE DI TENDENZA. Difendere il welfare della nostra categoria, un complesso di tutele e prestazioni di gran lunga più favorevole di quello previsto nel sistema generale, è un dovere e una necessità. DI QUI, LA SCELTA DI METTERE L’INCLUSIONE AL CENTRO DELLE POLITICHE CONTRATTUALI, GUARDANDO A MONDI CHE OGGI TENDONO A SFUGGIRE, COME QUELLO DEGLI UFFICI STAMPA DELLE AZIENDE PUBBLICHE E PRIVATE E DEL GIORNALISMO NELLE RETI RADIOTELEVISIVE, FUORI DALLE TESTATE GIORNALISTICHE. Occorre avviare un’interlocuzione con Confindustria e sostenere lo sforzo dell’Usigrai per il riconoscimento del contratto di lavoro giornalistico ai colleghi che esercitano l’attività professionale nei programmi di approfondimento e a tutti coloro che anche nelle testate del servizio pubblico fanno lavoro giornalistico senza il giusto inquadramento contrattuale.



L’accordo di recepimento del contratto di lavoro giornalistico, sottoscritto da Rai, Usigrai e Fnsi, contiene un’importante apertura da parte dell’azienda sull’avvio di un percorso di riconoscimento del giornalismo nelle reti. AMPLIARE IL CONCETTO DI PROFESSIONE, TENENDO FERMI I CAPISALDI DELLA LEGGE ORDINISTICA, È POSSIBILE, COSÌ COME È NECESSARIO GUARDARE A MONDI CONTIGUI A QUELLO DEL GIORNALISMO PER ASSICURARE LA SOPRAVVIVENZA DEI NOSTRI ISTITUTI DI CATEGORIA. PORTARE I COMUNICATORI NELL’INPGI È UN’OPERAZIONE NON SOLTANTO POSSIBILE, MA ANCHE UTILE PERCHÉ SENZA SNATURARE LA PROFESSIONE GIORNALISTICA SI ASSICURA SOSTENIBILITÀ ALL’ISTITUTO DI PREVIDENZA. Lo stesso discorso vale per la Casagit. La comune volontà è quella di intraprendere un percorso condiviso per giungere all’individuazione di un nuovo modello che assicuri la sopravvivenza della Cassa di assistenza, anche attraverso la vendita di servizi ad altre categorie di professionisti e di lavoratori. La Casagit fu costituita dalla Fnsi nel 1974, 45 anni fa, come associazione non riconosciuta. Serve un processo di trasformazione ambizioso che deve consentirle di operare sul mercato in un periodo medio-lungo con una governance saldamente nelle mani dei giornalisti, senza mettere in discussione né la centralità dell’assistenza, né la salvaguardia del patrimonio e neppure l’originario spirito di solidarietà fra gli iscritti. La riflessione deve essere ampia e partire da un dato di fatto, ossia che il Servizio sanitario nazionale, nato 40 anni fa, è sempre più in affanno. La riduzione degli spazi di intervento e di assistenza da parte della sanità pubblica ci chiama a valorizzare l’originaria natura integrativa della Casagit per assicurare agli iscritti livelli elevati di prestazioni in tutto il territorio nazionale. Bisognerà avere coraggio e osare perché il mercato dell’informazione tradizionale è ancora attraversato da una crisi che è la crisi di un modello industriale. Ad essere investita di più è la carta stampata. Dal 2007, anno in cui sono arrivati l’iPhone e Facebook, le vendite di copie dei giornali sono passate da 6,1 milioni al giorno a 2,6 milioni del 2018, dato quest’ultimo che include anche le copie digitali. Nel giro di dieci anni la raccolta pubblicitaria su tutti i media si è ridotta di 1,3 miliardi e la quota di mercato relativa alla carta stampata è passata dal 31 al 13 per cento. Le cause sono molteplici, ma è innegabile che abbia pesato, e non poco, l’avvento del web, che è stato visto da tutti gli editori come un segmento in cui provare a raggiungere ampie fette di utenti. L’illusione è stata quella che il numero degli utenti e dei contatti sarebbe stato così alto da garantire una sostenibilità economica basata sulle entrate pubblicitarie. Così non è stato. Perché se è vero che gli utenti che ogni giorno consultano almeno una volta un sito on line di informazione raggiungono i 12 milioni, il mercato della pubblicità non è cresciuto come ci si aspettava. Negli ultimi dieci anni si è passati da 950 milioni a 2,9 miliardi di euro. Il 75 per cento di queste risorse finisce ai cosiddetti over the top, cioè Google e Facebook. Oggi il 75 per cento del fatturato di un’azienda editoriale arriva dalla carta. IL WEB, PER QUANTO SVILUPPATO E PER QUANTO ABBIA IMPOSTO UN’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO COMPLETAMENTE DIVERSA DA QUELLA TRADIZIONALE, NON È IN GRADO DI REMUNERARE DA SOLO IL COSTO DEL LAVORO".



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 





 



 



 





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