Gino Franchetti/La ragazza che parlava italiano.
di Pierluca Danzi
27.5.2018 - Questa volta il romanzo di Gino Franchetti, appena pubblicato da Calibano Editore (il terzo, se oltre a “Il calciatore stanco” si vuol considerare anche “Senza paura”, scritto per i ragazzi delle Medie), non è ambientato nel mondo dello sport. O meglio, trae la sua origine da un grande evento sportivo, come il Mondiale di calcio del 1978 in Argentina, che però abbandona subito, lasciandolo relegato tra i ricordi, quei ricordi dolceamari dai quali nasce una storia che si svolge tutta ai nostri giorni. E’ la storia di un giornalista in pensione che va in un certo senso alla ricerca di un sogno da tempo svanito. Una ricerca sempre più affannosa, perché in tanti anni non aveva mai smesso di pensare alla “ragazza che parlava italiano”, la hostess-interprete del Centro Stampa di Cordoba con la quale, una volta rientrato in Italia, aveva cominciato uno scambio epistolare da lei subito interrotto. Per quale motivo? Lui teme sia stato a causa di un accenno alla dittatura militare argentina che gli pare di aver scioccamente inserito nella sua prima lettera. L’avranno ritenuta connivente, al punto da condannarla alla tragica sorte di tanti giovani “sovversivi”? La sua ricerca in Argentina non sembra destinata al successo: della ragazza di allora non si trova traccia nemmeno all’anagrafe. Si aprono a poco a poco spiragli imprevedibili nel muro di silenzio che si è trovato davanti, ma alla soluzione del mistero si arriva alla fine quasi all’improvviso, come in certe avventure di Hercule Poirot. Nel frattempo l’autore ci racconta molto dell’Argentina, di Cordoba dapprima ma poi soprattutto di Buenos Aires, delle cose belle e delle disgrazie del suo popolo. E non trascura ristoranti, spiagge e persino spettacoli teatrali, in uno scampolo di vita che tenta di essere normale, mentre è sempre sull’orlo della disperazione. Per un epilogo tutto tenerezza.
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