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L’ape furibonda. Autori: Claudio Cavaliere, Bruno Gemelli, Romano Pitaro. Prefazione: Susanna Camusso. Rubbettino editore (pag 131/ 12 euro).

di Chiara Fera

293.2018 - Tre giornalisti e undici donne. Anzi dodici, se si include Susanna Camusso, la leader della Cgil, che firma la prefazione. Tredici persino, se si pensa che l'ape furibonda è farina del sacco di Alda Merini. Ma andiamo con ordine.  La donna dai capelli al vento dell'elegante copertina (cover design Andrea Caligiuri) che a testa alta e senza paura guarda dritto davanti a sé, annuncia il temperamento audace delle undici "ragazze speciali" che occupano ogni riga di tutte le 131 pagine de L'ape furibonda: il libro che l'editore Rubbettino ha mandato in libreria da qualche giorno.  



E il cui titolo rimanda alla straordinaria poetessa che è stata  Alda Merini che, appunto, si definiva "Una piccola ape furibonda". La poetessa tra le più emblematiche del nostro tempo, capace di tradurre in versi le proprie vicissitudini e il coraggio di sfidare il manicomio e ogni istituzione volta a reprimere la diversità, assoggettando i corpi e le menti degli individui per averli più docili. L'ape come simbolo di operosità e di dolcezza e, insieme, di tenacia nel non lasciarsi sopraffare neppure nei momenti più bui della vita. Titolo, tra l'altro, di un brano dell'album (i testi sono di Alda Merini) di Giovanni Nuti: una summa di aforismi de "la pazza della porta accanto" di cui, uno in particolare, si adatta perfettamente alle peripezie attraversate dalle undici donne biografate con una scrittura piana, gustosa e a tratti picaresca da Claudio Cavaliere, Bruno Gemelli e Romano Pitaro: "Nessuno rinuncia al proprio destino/anche se è fatto di sole pietre".



 Undici donne per nove storie ambientate nella parte più complessa del Mezzogiorno italiano: la Calabria tra l'Ottocento e il "Secolo breve". Donne diversissime fra loro, che non si sono mai conosciute, ma tutte ugualmente toste, benché non prive di ironia e disincanto, e tutte fortemente decise a scontrarsi con i pregiudizi maschilisti e l'arroganza del potere in ogni sua declinazione.



Un libro che ribalta con undici rintocchi potenti, il cui suono anche quando si fa tenue e lontano mai diviene soporifero e accondiscendente, il cliché della donna fragile. Vulnerabile e vittima. E immette nel dibattito odierno le storie individuali di donne di carattere che non le mandano a dire, né si piegano dinanzi alle prepotenze e alle crudeltà, anzi vigorosamente reagiscono fino, a volte, a pagare con la vita le loro scelte.



Undici donne che scrutato il proprio destino lo affrontano da protagoniste, e che, anche a distanza di anni, a guardarne il denso vissuto umano, seguitano a parlarci come fossero ancora tra noi, per l'attualità del messaggio di emancipazione che incarnano e la linearità cristallina dei loro propositi.  



Ma non solo temi "al femminile". Si introducono, attraverso i ritratti delle donne accuratamente tratteggiati dagli autori del libro, perché possano diventare oggetto di discussione in una chiave interpretativa nuova e più corrispondente ai fatti storici, questioni centrali del nostro tempo: il ruolo delle donne nelle istituzioni pubbliche; una rivisitazione del brigantaggio pre e post unitario; il "no" secco e senza tentennamenti alla mafia e al malaffare; una rilettura del decennio memorabile di lotte per le terre ('43-'53) che ebbe un inequivocabile valore costitutivo per la democrazia in Calabria e nel Mezzogiorno, nonostante l'esito che ne scaturì evidenzi il sorprendente tradimento di quell'originale fermento di popolo da parte dei leader politici nazionali dell'epoca.



I sentimenti di ribellione e il desiderio di una società più giusta che anima le donne de L'ape furibonda  (Maria Oliverio, Maria Teresa De Filippis, Anna Maria Peduzzi, Ada Pace, Giuditta Levato, Giuseppina Russo, Serafina Battaglia, Rita Pisano, Caterina Tufarelli Palumbo, Rosa Graziano, Maria Elia De Seta Pignatelli) sono contestualizzati esaurientemente dai tre autori che, mentre descrivono le dinamiche salienti dei diversi frangenti storici e sociali, programmaticamente rinunciano a ogni paludamento narrativo e sovraccarico di note, per porre più vicino possibile al lettore le vite delle donne, oculatamente individuate "per simpatia personale, stima per la carica resiliente che le connota o affinità culturale".



L'apprezzamento messo nero su bianco per L'ape furibonda da una delle donne più autorevoli del Paese, per la responsabilità che ricopre nel dirigere la più grande sigla sindacale italiana e la compostezza del linguaggio mai incline a sovraesposizioni mediatiche, sregolatezze linguistiche o sbavature demagogiche, Susanna Camusso, la leader della Cgil che firma la prefazione, conferisce al libro, aldilà delle situazioni geografiche e antropologiche che fanno da sfondo, una dimensione universale. Dalla trama delle storie delle undici donne e dal filo rosso che le accomuna nel desiderio di un cambiamento della società, il nostro tempo arrancante dietro al progresso tecnologico che spesso annulla il valore della persona umana e non presta le dovute tutele alle donne in difficoltà, può attingere a piene mani.  Scrive nella prefazione a L'ape furibonda Susanna Camusso: "Già la scelta è una buona idea, troppo spesso la storia viene raccontata solo al maschile anche se da qualche tempo, penso per esempio agli studi in occasione del 150° dell'Unità d'Italia, si è smesso di pensare che le donne siano state sempre e solo spettatrici passive delle trasformazioni del nostro Paese". L'ape furibonda è un libro indispensabile oltre che appassionante. "Offrendo questa chiave di lettura della Calabria - aggiunge - dimostra che se si vuole raccontare la storia politica e sociale, si deve parlare anche delle donne. Dimostra che senza il loro punto di vista, si racconta solo una parzialità mutilata di tanta ricchezza". 



 E' auspicabile che, grazie al libro di Cavaliere, Gemelli e Pitaro, le undici donne furibonde siano finalmente conosciute soprattutto dalle nuove generazioni.  Non solo per toglierle dall'ingiustificato oblio in cui erano cadute, ma per segnalare al Paese e all'Europa che la Calabria non è stata e non è soltanto malinconica terra di frontiera abitata da tapini lamentosi, come sbagliando e a volte con eccessiva approssimazione la si rappresenta, ma anche terra di regole, spiriti forti, gentilezza, pensiero e cultura, dovere civile e impegno etico.





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