Home     Scrivimi     Cercadocumenti     Chi è     Link     Login  

Cerca documenti
Cerca:
in:


Documenti
Attualità
Carte deontologiche
CASAGIT
Corte di Strasburgo
Deontologia e privacy
Dibattiti, studi e saggi
Diritto di cronaca
Dispensa telematica per l’esame di giornalista
Editoria-Web
  » FNSI-Giornalismo dipendente
Giornalismo-Giurisprudenza
I fatti della vita
INPGI 1 e 2
Lavoro. Leggi e contratti
Lettere
Ordine giornalisti
Premi
Recensioni
Riforma professione
Scuole di Giornalismo e Università
Sentenze
Storia
Tesi di laurea
TV-Radio
Unione europea - Professioni
  FNSI-Giornalismo dipendente
Stampa

Ex fissa, le verità nascoste della letterina di Natale di Fnsi e Fieg. Entro il 31 dicembre 1.948 colleghi dovranno scegliere se accettare o meno il dimezzamento (o quasi) della cifra originaria. Senza un nuovo prestito da altri 23 milioni da parte dell’Inpgi (o delle banche?), nessuno però otterrà niente. Ecco tutti gli elementi per decidere.

di Daniela Stigliano – Giunta Esecutiva Fnsi e Consigliera nazionale Inpgi

28.12.2017 - Le lettere con la "proposta" sono arrivate nei giorni scorsi e 1.948 giornalisti in attesa dell'ex fissa (alcuni da molti anni) stanno facendo i conti nelle proprie tasche: meglio accettare pochi soldi, "maledetti e subito", oppure aspettare ancora pur di ottenere l'intera cifra che gli spetta? Una scelta difficile e personale, resa quasi impossibile dalla fumosa comunicazione ricevuta. E su cui pesa come un macigno un'incognita di cui nessuno dice nulla: senza un ulteriore prestito da parte dell'Inpgi (o di un altro soggetto?), i 23 milioni residui sui 35 complessivi su cui si basava la modifica contrattuale del 2014 (e di cui sono già stati versati 12 milioni), nessuna operazione sarà possibile.



Un prestito avvolto dal mistero e da posizioni e dichiarazioni contraddittorie. Su cui il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, si è rifiutato di fare chiarezza. Nonostante su quegli ulteriori 23 milioni di finanziamento si basino tutte le ipotesi proposte. E se quei soldi non dovessero arrivare?



Secondo l'operazione messa in piedi e varata dall'attuale maggioranza Fnsi, il Fondo ex fissa sarebbe destinato al fallimento finale che l'ultimo rinnovo del Contratto aveva tentato di evitare, con una riforma già molto penalizzante per i colleghi ma che comunque garantiva i diritti acquisiti. Non solo: analogo destino di fallimento sarebbe già segnato (ma ancora una volta tenuto nascosto) se la nuova operazione non vedrà l'adesione al taglio delle cifre in attesa di almeno il 45% degli aventi diritto. A meno che non si trovino altre soluzioni, magari più vantaggiose per i colleghi, che nessuno però sembra voler percorrere.Si tratta di ragionamenti, numeri e calcoli molto tecnici. Proviamo a esaminarli schematicamente e a chiarirli.



Premessa - L'intera operazione è basata su una verifica della sostenibilità del Fondo ex fissa elaborata dall'attuario Marco Micocci la cui bozza, datata 28 febbraio 2017, è stata consegnata alla Giunta Fnsi riunita con segretari e presidenti delle Associazioni regionali di stampa nel marzo scorso. Nessun altro documento di proiezioni attuariali è stato successivamente reso noto, nonostante alcuni elementi della proposta iniziale siano stati mutati ma non la sua sostanza. Questo articolo è dunque basato sull'elaborazione dei dati contenuti nella bozza, aggiornati con alcuni numeri successivamente comunicati e incrociati con alcune informazioni contenute nella lettera. Nell'allegato in coda, sono invece riportate le regole dell'ex fissa prima e dopo il contratto del 2014.



Quanti sono gli aventi diritto - L'universo dei giornalisti interessati alle sorti del Fondo ex fissa è stato cristallizzato nel 2014 e comprende colleghi pensionati, già inseriti nella "lista di attesa" dell'Inpgi, e altri ancora al lavoro, che potranno chiedere il pagamento quando andranno in pensione. Sono invece in ogni caso esclusi i giornalisti Rai, che ottengono l'indennità direttamente dall'azienda pubblica, in un'unica soluzione, al momento del ritiro definitivo dal lavoro. I colleghi in pensione e in attesa del pagamento sono attualmente 1.948, secondo i dati comunicati dalla Fnsi, in aumento di oltre 270 persone rispetto a fine 2016. Tutti quelli che hanno appunto ricevuto la lettera con la "proposta" di abbattimento dell'indennità residua. Ci sono inoltre altri 5.436 giornalisti tra i 35 e i 70 anni che, secondo i dati Inpgi, da qui ai prossimi 30 anni andranno in pensione avendo diritto all'indennità ex fissa rivista secondo le regole del 2014. Due terzi sono uomini, l'età media è di 52,6 anni e l'anzianità media è di 22,1 anni. Questi colleghi rappresentano il 35% e più dei 16 mila giornalisti attivi che contribuiscono con i contributi sulle proprie retribuzioni ad alimentare i flussi del Fondo ex fissa. E che, per questo motivo e anche perché a loro nome e sul loro conto personale in base al contratto del 2014 vengono versati contributi aggiuntivi al Fondo di previdenza complementare (0,25%, che diventerà lo 0,50% dal 2026), sono comunque interessati alle sorti dell'ex fissa.



Quali sono le somme da pagare - L'unica cifra certa, perché scritta nero su bianco dall'attuario, è quella a cui avranno complessivamente diritto i 5.436 colleghi che andranno in pensione nei prossimi 30 anni fino a esaurimento degli impegni del Fondo ex fissa: in tutto, circa 130 milioni di euro (a fine 2016 erano quasi 142 milioni, ma i 272 giornalisti andati nel frattempo in pensione dovrebbero assorbire una somma di almeno 10 milioni). Il grosso, oltre 100 milioni, andrà a colleghi che hanno attualmente tra i 50 e i 60 anni, anche se oltre la metà dei 5.436 incasserà al massimo 20 mila euro. Più difficile sapere a quanto ammonti invece il debito corrente del Fondo. Il numero non è rivelato nelle carte dell'attuario e non è stato dichiarato ufficialmente da nessuno. Prendendo come base l'importo complessivo versato nel 2016 ed elaborandolo in base al numero dei colleghi in lista di attesa e alla media degli anni di rateizzazione, si può comunque ipotizzare che la cifra dell'attuale debito residuo (al netto cioè delle prime due rate versate: 10 mila euro uguale per tutti nel 2015 e la prima rata personalizzata nel 2016, con un minimo di 3 mila euro) si aggiri oggi intorno ai 140 milioni. Di sicuro, almeno il 40% dei 1.948 colleghi in attesa ha diritto a una ex fissa da oltre 70 mila euro.



La "proposta" di Fnsi e Fieg - Chi ha ricevuto la ormai famosa letterina di Natale di sindacato ed editori, che ha per oggetto "incasso abbreviato delle prestazioni", conosce a memoria la "proposta" da qualcuno definita "indecente". E sono in molti a essere indecisi e preoccupati. Le opzioni proposte sono in tutto quattro:






  • accettare un taglio del 50% della somma originaria, da cui detrarre le rate già incassate, ottenendo l'importo in un'unica rata, presumibilmente nel 2018.





  • accettare una riduzione del 45%, prendendo quindi il 55% del proprio credito iniziale, in tre rate annuali, presumibilmente tra il 2018 e il 2020





  • accettare l'abbattimento del 40%, prendendo il 60% dell'ex fissa originaria, in cinque rate annuali, presumibilmente tra il 2018 e il 2022





  • continuare con l'attuale rateizzazione in tempi che, se l'operazione dovesse fallire, potrebbero allungarsi anche di molto, fino a 20 anni e oltre.



    Facciamo un esempio pratico- Per capire in soldoni che cosa significano le varie opzioni e metterle a confronto, prendiamo il caso di un collega andato in pensione prima del 2015 con importo iniziale dell'ex fissa di 70 mila euro, che ha dunque ricevuto l'anticipo uguale per tutti da 10 mila euro nel 2015, due rate nel 2016 e nel 2016 da 5 mila euro l'una e una terza da altri 5 mila euro che avrebbe dovuto prendere questo mese e che arriverà entro gennaio 2018, secondo le rassicurazioni della Fnsi. Con il sì al taglio del 50%, riceverebbe in una sola rata 10 mila euro lordi: dovrebbe infatti dividere per due i 70 mila euro originari (35 mila euro) e poi sottrarre quanto già incassato (25 mila euro). Con una decurtazione del 45% prenderebbe 4.500 euro l'anno per tre anni: il 55% di 70 mila (38.500) meno i 25 mila ricevuti (13.500) diviso tre. Nell'ipotesi della riduzione del 40% incasserebbe 3.400 euro l'anno per cinque anni: il 60% di 70 mila (42 mila) meno 25 mila (17 mila) diviso cinque. Infine, continuando con la rateizzazione, riceverebbe 5 mila euro per altre 9 rate annuali. Sempre che i tempi di pagamento non vengano allungati dalla mancanza di risorse nel Fondo. Ma questo vale anche per le altre ipotesi.



    Il taglio netto degli interessi - Niente si dice nella lettera, neppure un accenno, a un altro taglio non di poco conto che la maggioranza della Fnsi ha approvato in pieno accordo con gli editori: il tasso di interesse da riconoscere sulle somme attese. Per un risparmio calcolato in circa 2 milioni di euro, sottratti di fatto ai giornalisti. Il Regolamento del Fondo ex fissa approvato dalla Giunta Fnsi nel 2014 prevedeva che sul credito dei colleghi venisse applicato il 2% annuo. Ora invece il tasso è stato ridotto drasticamente fino ad azzerarlo: la percentuale sarà infatti pari alla media dell'Euribor a tre mesi con spread dello 0,25%. Attualmente, l'indice prescelto è negativo (-0,33%), anche sommando lo 0,25% resterebbe sotto lo zero, ma il Regolamento prevede la garanzia (bontà loro!) che il tasso di interesse sull'ex fissa non potrà mai essere negativo. Il che significa che, fino a quando l'Euribor non salirà, il tasso sarà pari a zero.



    I paletti perché l'operazione funzioni - La "proposta" ha un obiettivo chiaro: risparmiare subito alcune decine di milioni di euro del debito attuale, a cui il Fondo non potrebbe far fronte - alle condizioni attuali - nemmeno allungando moltissimo i tempi di attesa. Un debito calcolato all'origine, cioè includendo come abbiamo visto anche le rate già incassate negli ultimi due anni, che è calcolabile in circa 165 milioni. Ma perché tutto funzioni, l'operazione deve centrare alcune condizioni irrinunciabili. Prima di tutto, un minimo di adesioni da parte del 1.948: un numero sufficiente a intervenire con il taglio su almeno il 45% del capitale dovuto. Ma il sì alla "proposta" non può neppure essere troppo massiccio: un'adesione superiore al 65% porrebbe infatti seri problemi di sostenibilità nel breve periodo. Che cosa succede se aderisce un numero di colleghi che devono ottenere meno del 45% del capitale complessivo? E se dice sì oltre il 65%? Sotto la prima soglia, per esempio con una risposta positiva da parte del 25%, ha spiegato chiaramente l'attuario, l'operazione potrebbe ancora stare in piedi, ma a fronte di un allungamento del numero di rate annuali di pagamento (che per i nuovi pensionati sono peraltro già salite a 16-17 anni dai 15 previsti nel 2014). Nel secondo caso, invece, non sarà possibile soddisfare tutte le richieste, e bisognerà trovare un criterio per decidere chi ammettere all'offerta e chi no, in una classifica che non si sa come sarà stilata. Ma questa informazione non è stata inserita nella letterina: qualsiasi successiva decisione sarebbe dunque sicuramente arbitraria e iniqua.



    L'incognita del prestito da 23 milioni - L'elemento fondamentale su cui si regge l'impianto dell'operazione è però un altro: l'arrivo di nuove risorse nel Fondo, con un tetto definito. L'ipotesi su cui sono state elaborate le proiezioni dell'attuario è che l'Inpgi eroghi gli altri 23 milioni del prestito da 35 milioni previsto da una delibera del Cda dell'Istituto, approvato dai ministeri vigilanti ed erogabile a richiesta. Ed è qui che le cose si confondono e si complicano, tra dichiarazioni e versioni divergenti e poco chiare. Mentre l'attuario fa tutti i calcoli contando sull'arrivo del finanziamento residuo certo e in tempi veloci da parte di via Nizza, nella lettera inviata ai 1.948 si legge che questo stesso finanziamento "non potrà giungere a completamento". Il segretario Lorusso, sollecitato a una spiegazione, ha dichiarato che i ministeri avrebbero messo uno stop all'Inpgi e questo dopo che l'attuario Micocci aveva elaborato le sue proiezioni a sostegno dell'operazione, ovvero dopo il 28 febbraio. Ma non ha voluto (o non è stato in grado di) indicare il provvedimento o la comunicazione dei ministeri vigilanti che contenga questo stop. In via Nizza l'unico documento reso pubblico è una circolare del febbraio 2015 (leggi qui) che conferma quanto ha scritto Micocci. E nessun'altra comunicazione successiva al 28 febbraio sarebbe stata portata finora al Cda.



    Senza i 23 milioni dell'Inpgi, l'unica strada percorribile sarebbe rivolgersi alle banche per un analogo finanziamento. Altrimenti, questo è lampante, il Fondo ex fissa non avrebbe alcuna possibilità di andare avanti.



    Un sondaggio vincolante solo per i giornalisti - Le incognite, insomma, sono tante e di natura diversa. È per questo che nella letterina si chiede di esprimere una "manifestazione di interesse", che vincola di fatto solo il giornalista e non il Fondo. E per lo stesso motivo si sottolinea che le "manifestazioni di interesse potranno essere accolte nei limiti delle risorse a tal fine disponibili". Solo dopo aver ricevuto tutte le risposte, maggioranza Fnsi ed editori faranno i conti e decideranno se e come procedere nell'operazione.



    La risposta alla lettera ha insomma il valore di un sondaggio, tanto che già qualcuno starebbe ipotizzando di prolungarne il termine dal 31 dicembre 2017, fra tre giorni, a fine gennaio 2018. Un sondaggio che però per i colleghi diventa vincolante e irreversibile, visto che nel modulo allegato, che va firmato e inviato via mail con copia di un proprio documento di identità, si "dichiara di voler aderire alla proposta", non si manifesta un generico interesse. Nessun obbligo, invece, in capo a sindacato ed editori, per una lettera che non è peraltro neppure firmata da persone in carne e ossa ma genericamente dalla "Commissione paritetica Fnsi-Fieg", composta da due rappresentanti a testa di Fnsi e Fieg.



    Una scelta difficile  La decisione finale se dimostrare o meno "interesse", ovvero aderire o no alla "proposta", è una questione del tutto personale. E non esiste una formula unica per scegliere la strada da prendere. Ma è utile porsi almeno cinque domande e incrociare le risposte per poter fare il bilancio dei pro e dei contro:



    Quanti anni ho?  Quante rate, cioè quanti anni, mi mancano al termine di incasso della mia ex fissa? A quanto ammontava in origine il mio credito e a quanto oggi la somma residua da ricevere?  Ho un'esigenza (anche voluttuaria) che potrei soddisfare avendo meno soldi ma in tempi molto più rapidi? Ho eredi (o altri beneficiari da me indicati) giovani a cui più soldi, seppur in un maggiore arco temporale, potrebbero fare comodo?



    Che cosa succede a chi andrà in pensione da ora in poi? - Gli stessi quesiti che dovranno porsi tutti i giornalisti che stanno andando in queste settimane o andranno nei prossimi mesi in pensione, avendo diritto alla ex fissa. Perché l'operazione prevede che la "proposta" possa essere sottoscritta anche nei prossimi mesi/anni: al momento del pensionamento, si potrà dunque esercitare l'opzione per la riduzione tra il 40% e il 50% della somma, da ricevere in rate da 1 a 5, oppure accedere al sistema delle rate annuali con il minimo di 3 mila euro per anno.



    L'anomali del patrimonio in crescita - Un effetto "anomalo" che si produrrebbe in caso di successo dell'operazione, ovvero di adesione alla "proposta" del 45-65% del capitale, e di conferma dei parametri utilizzati nei calcoli dell'attuario, è la crescita del patrimonio del Fondo. Dopo i primi anni di riduzione, infatti, i contributi versati dagli editori sarebbero superiori alle uscite previste per le indennità ex fissa e per rimborsare il prestito, con il risultato che nel giro di una ventina d'anni o poco più si accumulerebbe un tesoretto da oltre 100 milioni di euro.



    Che cosa farne sarà compito di chi ci sarà tra quasi trent'anni. Ma la domanda è: se il sistema nel medio-lungo periodo torna a una sostenibilità "naturale", perché penalizzare oggi tanti colleghi?



    Non c'era altra soluzione? - Le ipotesi messe a punto dall'attuario e trasformate in "proposta" ai 1.948 erano vincolate dal tetto massimo di nuovo finanziamento ai 23 milioni di prestito residuo Inpgi concordato nel 2014 (e autorizzato dai ministeri). Ma se davvero via Nizza non può più onorare quell'impegno, il tetto dei 23 milioni cade e con lui le condizioni siglate: tasso di interesse al 4,60% e anche le modalità di restituzione del prestito. E bisognerà trovare i soldi altrove, nel sistema del credito. Potrebbe essere l'occasione per ottenere maggiori risorse, a un costo minore e con un piano di ammortamento più diluito nel tempo. E studiare soluzioni più convenienti per i giornalisti che hanno diritto all'ex fissa.



    ALLEGATO



    Come funzionava l'ex fissa fino al 2014 - La cosiddetta ex fissa, pari all'indennità di mancato preavviso, fino al 1984 era a esclusivo carico delle aziende: chi andava in pensione doveva chiederne il pagamento direttamente al datore di lavoro. Dal 1985, alla Gestione speciale Inpgi per le prestazioni previdenziali integrative dei giornalisti, il cosiddetto Fondo ex fissa, è stato invece affidato l'onere di versare ai colleghi le somme a cui avevano diritto ed era alimentato dagli editori con l'1,5% del monte retributivo di tutti i giornalisti dipendenti. Il meccanismo prevedeva - sempre al momento del pensionamento - il pagamento dell'indennità in base alla qualifica (dalle 7 mensilità dei redattori ordinari alle 13 dei direttori, aumentata per tutti di una mensilità al superamento dei 20 anni in azienda), calcolata in base all'ultimo stipendio chi restava per almeno 15 anni nella stessa azienda. Ne bastavano 10 se si superavano i 55 anni di età, e 3 dai 60 anni in poi. Si potevano inoltre sommare anche due o tre ex fisse insieme (15 anni in un'azienda, altrettanti in un'altra e così via).La cifra era evidentemente superiore rispetto a quanto virtualmente versato da ognuno nell'arco della propria vita lavorativa. Ed era sostenuta dai versamenti di chi alla ex fissa non avrebbe mai avuto diritto, ovvero i giornalisti che non sarebbero rimasti per almeno 15 anni consecutivi nella stessa azienda.



    Le nuove regole del contratto 2014 - Il contratto siglato a giugno del 2014 ha modificato a partire dal gennaio 2015 le regole per l'accesso al Fondo ex fissa, di fatto eliminando l'istituto contrattuale, ma con una fase di transizione che garantiva ai colleghi i diritti acquisiti e una compensazione economica anche per tutti gli altri. Questi i punti dell'accordo:



    Cifra piena con le regole precedenti, pagata a rate in un periodo indicativo di 12 annualità dal momento del pensionamento per chi aveva almeno 15 anni di anzianità aziendale e aveva interrotto il rapporto di lavoro



    Al pensionamento, somma calcolata sulla media retributiva degli ultimi 15 anni moltiplicata per 8 mensilità uguali per tutti, con tetto a 65 mila euro e rateizzazione in un periodo indicativo di 15 annualità per chi era ancora al lavoro e avrebbe compiuto almeno15 anni di anzianità aziendale entro il 31 dicembre 2014



    Cifra fissa - tra 2 e 10 mila euro - al momento del pensionamento per chi aveva al 31 dicembre 2014 tra 10 e 15 anni di anzianità aziendale



    Dal gennaio 2015, contributo aggiuntivo per la previdenza complementare dello 0,25%, che diventerà dello 0,5% nel 2026 per tutti i giornalisti con meno di 15 anni. La sostenibilità dell'accordo era legata strettamente al prestito di 35 milioni di euro da parte dell'Inpgi, autorizzato dai ministeri vigilanti, con un tasso di interesse del 4,60% a carico degli editori, che lo avrebbero ripagato con una contribuzione aggiuntiva pari allo 0,35% delle retribuzioni 2013, diventata cifra fissa da 2,7 milioni l'anno. - TESTO IN https://unitasindacalefnsi.wordpress.com/2017/12/28/ex-fissa-verita-nascoste-letterina-natale-fnsi-fieg/#more-18162



     




 





Editore/proprietario/direttore: Francesco Abruzzo - via XXIV Maggio 1 - 20099 Sesto San Giovanni (MI) - telefono-fax 022484456 - cell. 3461454018
---------------------------------
Decreto legge n. 63/2012 convertito con la legge 103/2012. Art. 3-bis (Semplificazioni per periodici web di piccole dimensioni): 1. Le testate periodiche realizzate unicamente su supporto informatico e diffuse unicamente per via telematica ovvero on line, i cui editori non abbiano fatto domanda di provvidenze, contributi o agevolazioni pubbliche e che conseguano ricavi annui da attività editoriale non superiori a 100.000 euro, non sono soggette agli obblighi stabiliti dall'articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, dall'articolo 1 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, e dall'articolo 16 della legge 7 marzo 2001, n. 62, e ad esse non si applicano le disposizioni di cui alla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 666/08/CONS del 26 novembre 2008, e successive modificazioni. 2. Ai fini del comma 1 per ricavi annui da attività editoriale si intendono i ricavi derivanti da abbonamenti e vendita in qualsiasi forma, ivi compresa l'offerta di singoli contenuti a pagamento, da pubblicità e sponsorizzazioni, da contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati.
---------------------------------
Provider-distributore: Aruba.it SpA (www.aruba.it) - piazza Garibaldi 8 / 52010 Soci (AR) - Anno XV Copyright � 2003

Realizzazione ANT di Piccinno John Malcolm - antconsultant@gmail.com