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Stampa

Sandra Bonsanti
ai giornalisti:
"Dobbiamo resistere".
Antonio Di Pietro
dimostra di non
conoscere
storia, leggi e realtà.

FRANCO ABRUZZO: "Caro Siddi,
prima di parlare documentati:
l’Ordine di Mussolini non è mai
nato. Dal 1928 al 1943 l’Albo
è stato gestito dal Sindacato
fascista dei giornalisti e poi
dal 1944 al 1965 dal Governo
tramite la “Commissione
unica per la tenuta dell’Albo”.

FRANCO SIDDI:
“Caro Abruzzo, sono Grillo
e Di Pietro a considerare
l’Ordine di oggi la
riproposizione dell’Albo
gestito dal sindacato
fascista dei giornalisti”

In coda la cronaca della giornata
e le reazioni sindacali nonchè un
articolo di Anna Masera sulla "Stampa".

All’Italia servono Giornalisti, non mestieranti!


Colleghi, alzate la testa contro le falsità “alla Di Pietro” e dite, con orgoglio, ai vostri interlocutori che quella dei giornalisti è una grande professione intellettuale. Spiegate che sui giornali scrivono in piena libertà tanti cittadini non giornalisti. Solo chi fa la professione deve essere iscritto all’Albo, perché  così vuole la Costituzione. (Articolo 33: “È prescritto un esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale”).L’Ordine dei Giornalisti,  nato con la legge 69/1963, è stato voluto da due eminenti figure della democrazia repubblicana,  Aldo Moro e Guido Gonella.


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SANDRA BONSANTI AI GIORNALISTI: “DOBBIAMO RESISTERE”.


Firenze, 25 aprile 2008. Auguri ai giornalisti italiani, nel giorno della Liberazione, dal direttore Sandra Bonsanti che, a margine delle celebrazioni del 25 aprile in Comune a Firenze, ha sollecitato i giornalisti a «resistere». «Dobbiamo resistere - ha detto Sandra Bonsanti -, mantenere l'autonomia e avere il coraggio di essere autonomi». (ANSA).


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ANTONIO DI PIETRO DIMOSTRA DI NON CONOSCERE STORIA, LEGGI E REALTA'.


DI PIETRO: ”L'ORDINE DEI GIORNALISTI È UN ATTO DI INCIVILTÀ”.


Milano, 25 aprile 2008. L'ordine dei giornalisti «è un atto di inciviltà che realizzò Mussolini per controllare l'informazione e che adesso mette il bavaglio all'informazione perchè soltanto quelli che hanno l'iscrizione a quell'albo devono considerarsi liberi di potere informare. Mentre noi riteniamo che in uno stato libero e civile, come siamo adesso, tutti possiamo informare liberamente». A parlare è Antonio Di Pietro questa mattina a Milano per la raccolta delle firme del V2-Day di Beppe Grillo che questa volta ha come tema principale l'informazione. Il leader dell'Idv ha poi sottolineato che il giornalismo «è una professione che non può nè deve essere soggetta limiti in uno stato liberale» e che «prima di me persone di ben altro valore come Einaudi e Berlinguer avevano criticato il ricorso all'ordine dei giornalisti per potere scrivere e manifestare il proprio pensiero liberamente». I tre referendum propongono, oltre all'abolizione dell'ordine, anche l'abolizione del finanziamento pubblico all'editoria e della legge Gasparri. (Adnkronos)


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FRANCO ABRUZZO:“PERCHÉ DIFENDO L’ORDINE DEI GIORNALISTI”


Senza Ordine rimarranno soltanto gli ordini degli editori. L’eventuale abrogazione della legge n. 69/1963 sull’ordinamento della professione giornalistica comporterà questi rischi: 1) quella dei giornalisti non sarà più una professione intellettuale riconosciuta e tutelata dalla legge; 2) risulterà abolita la deontologia professionale fissata negli articoli 2 e 48 della legge professionale n. 69/1963; 3) senza la legge n. 69/1963, cadrà per giornalisti (ed editori) la norma che impone il rispetto del "segreto professionale sulla fonte delle notizie". Nessuno in futuro darà una notizia ai giornalisti privati dello scudo del segreto professionale; 4) senza legge professionale, direttori e redattori saranno degli impiegati di redazione vincolati soltanto da un articolo (2105) del Codice civile che riguarda gli obblighi di fedeltà verso l’azienda. Il direttore non sarà giuridicamente nelle condizioni di garantire l’autonomia della sua redazione;  5) Il Contratto non avrà il sostegmo deontoloogioco della legge professionale vincolante anche per gli editori, che oggi non possono impartire al direttore e al collettivo redazionale disposizioni in contrasto con quella legge; 6)   una volta abolito l’Ordine, scomparirà l’Inpgi. I giornalisti finiranno nel calderone dell’Inps, regalando all’Inps un patrimonio di 3mila miliardi di vecchie lire (immobili e riserve).


DEL BOCA: “L’ORDINE DEI GIORNALISTI VA RAFFORZATO”


Torino, 25 aprile 2008. L'Ordine dei giornalisti va rafforzato, non abolito: lo ha detto oggi, replicando al V2-Day di Beppe Grillo, il presidente nazionale dell'Ordine, Lorenzo Del Boca.«Il giornalismo e i giornalisti hanno tante cose da farsi perdonare - ha detto del Boca - ma che cosa c'entra l'Ordine professionale? Anzi dovrebbe avere maggiori poteri per essere più incisivo nel far rispettare la deontologia». Senza Ordine - sostiene il suo presidente - non ci sarebbe modo di richiamare i giornalisti al rispetto della deontologia, delle regole di un giornalismo corretto, vincolato al principio della verità dei fatti. Anche sulle sovvenzioni va fatta chiarezza: «Alcune testate le ricevono senza meritarle, ma se non ci fossero finanziamenti, sarebbero ridotte al silenzio alcune voci libere, che non ce le farebbero a camminare da sole. Chi resterebbe in edicola? Gli editori che non avrebbero difficoltà a mettere mani al portafoglio per pagarsi una quantità di notizie cucite su misura». (ANSA).



IACOPINO: ANTISTATO CONSIDERA NEMICI I GIORNALISTI


Caserta, 25 aprile 2008.  «C'è sempre un giornalista nel mirino dei nemici dello Stato»: lo ha ricordato il segretario dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, intervenendo a Caserta alla catena umana di solidarietà con i bersagli delle minacce del clan dei Casalesi, tra cui la giornalista de «Il Mattino» Rosaria Capacchione. Iacopino, in una lettera inviata agli organi di informazione, ha collegato la riflessione sul ruolo dei giornalisti con le rivendicazioni espresse nel V2-Day di Beppe Grillo, in cui si chiede tra l'altro l'abolizione dell'Ordine professionale. «La vita ci regala singolari coincidenze. In occasione del primo V Day ero a Palermo - ha ricordato Iacopino - per una manifestazione di solidarietà con Lirio Abbate, minacciato dalla mafia. Oggi c'è il secondo V Day e sono a Caserta per testimoniare da quale parte è schierato l'Ordine dei giornalisti con i suoi iscritti: da quella di Rosaria Capacchione, minacciata dalla camorra». A parere di Iacopino «c'è sempre un giornalista nel mirino dei nemici dello Stato, del progresso sociale, della crescita democratica e consapevole del Paese. Ne sono pienamente consapevoli i cittadini che non hanno tribune, non hanno su di loro riflettori, chiedono di poter vivere in una società sicura, e di avere una informazione che rispetti la verità osservando regole deontologiche che soltanto l'Ordine dei Giornalisti può garantire». «Altri - ha aggiunto - dovrebbero trovare un motivo di riflessione nel fatto che l'anti Stato considera suoi nemici i giornalisti. Questo è un Paese che consente a tutti, anche a me, di manifestare liberamente un'opinione. Si può addirittura scegliere la posizione che coincide con quella dell'anti Stato criminale che tenta di ridurre al silenzio i giornalisti». (ANSA).


 


SENTENZA n. 11/ 968 della  CORTE COSTITUZIONALE                        


L'Ordine dei Giornalisti  è  legittimo


a) perché  "lascia integro  il  diritto  di  tutti  di  esprimere il proprio   pensiero   attraverso   il   giornale".                                  


b)  perché l'Albo è obbligatorio soltanto per coloro che  "manifestano il pensiero" per professione.                                 


c) perché tutela, con la deontologia, "la libertà degli iscritti nei confronti del contrapposto potere economico del datori  di  lavoro, compito, questo, che supera di  gran  lunga  la  tutela  sindacale  del diritti  della  categoria  e che perciò può essere assolto solo da un Ordine a struttura democratica che con i suoi poteri di  ente  pubblico vigili,  nei  confronti  di tutti e nell'interesse della collettività, sulla rigorosa osservanza  di  quella  dignità  professionale  che  si  traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni che possano comprometterla".    


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"La Corte osserva che, se è vero  che ove il soggetto interessato non trovi un  giornale  che  lo  assuma come   praticante   egli  non  potrà  mai  intraprendere  la  carriera giornalistica, è altrettanto vero che neppure il giornalista  iscritto può  svolgere  la  sua attività professionale se non trova un editore  disposto ad assumerlo: il che dimostra che ci  si  trova  di  fronte  a conseguenze  che  non derivano dalla legge in esame, ma dalla struttura  privatistica delle imprese editoriali, nell'ambito della quale  la  non discriminazione può essere assicurata soltanto dalla concorrenza della  molteplicità delle iniziative giornalistiche".                         


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Caro Siddi, prima di parlare documentati: l’Ordine


di Mussolini non è mai nato. Dal 1928 al 1943 l’Albo


è stato gestito dal Sindacato fascista dei giornalisti


e poi dal 1944 al 1965 dal Governo tramite la


“Commissione unica per la tenuta dell’Albo”.


 


Milano, 25 aprile 2008.  Franco Siddi,  segretario generale della Fnsi,  oggi ha  spiegato che Luigi Einaudi quando si dichiarò contrario alla riedizione dell'Ordine professionale dei giornalisti «pensava certamente all'Ordine di Mussolini. Quell'Ordine - sottolinea Siddi - non appartiene alla cultura centenaria dei giornalisti della Fnsi. Era l'Ordine di un regime basato sulla propaganda e non sull'informazione», quello «che si macchiò dell'orrenda colpa di collaborazionismo nell'applicazione delle leggi razziali». Bisogna smetterla, una volta per sempre, di confondere l’ordinamento repubblicano della professione di giornalista con quello fascista. L’articolo 7 della legge 2307/1925 – che prefigurava la nascita di un Ordine dei Giornalisti – non è stato mai attuato dal regime, perché intervenne la legge 563/1926 sull’organizzazione sindacale di tutte le professioni. A questa disciplina giuridica fondamentale si adeguò necessariamente il  Regio decreto 384/1928, che determinò la nascita dell’Albo (non dell’Ordine) dei giornalisti, Albo gestito da un comitato di 5 giornalisti operante all’interno dei sindacati regionali fascisti dei giornalisti. L’Ordine dei Giornalisti è nato nel 1963 su iniziativa di due eminenti personalità  della democrazia repubblicana, Aldo Moro e Guido Gonella. Durante il regime fascista toccava al sindacato il ruolo che oggi è dell’Ordine! Dal 1944 al 1965 l’Albo è stato gestito dal potere esecutivo tramite la “Commissione unica per la tenuta dell’Albo”. E’ grave che Siddi, come Di Pietro e Grillo, ignori che l’articolo 7 della legge 2307/1925 non è stato mai attuato e che l’Ordine di Mussolini non è mai nato. Conclusione: riforma dell’Ordine sì, abrogazione no! (Franco Abruzzo)


 


FRANCO SIDDI:


“Caro Abruzzo, sono Grillo


e Di Pietro a considerare


l’Ordine di oggi la


riproposizione dell’Albo


gestito dal sindacato


fascista dei giornalisti”


 


Caro Abruzzo, non amo rispondere a certe prese di posizione e raramente lo faccio. Non ti chiedo neppure di pubblicare quanto ti scrivo, ma qualche puntualizzazione stavolta debbo fartela, per non far male alla professione e alla categoria già troppo bistrattate da più parti.


So bene e condivido che l’articolo 7 della legge 2307/1925 – che prefigurava la nascita di un Ordine dei Giornalisti – non è stato mai attuato dal regime fascista, perché ci fu, per effetto di altra legge successiva e decreto regio,  l'istituzione dell'Albo gestito da un comitato di 5 giornalisti operante all’interno dei sindacati regionali fascisti dei giornalisti. Ma quel Sindacato, come ben sai non era la Federazione Nazionale della Stampa Italiana e quell'Albo gestito dal sindacato fascista,  nella percezione pubblica, è stato ed è considerato "Ordine". Mi fa piacere che mi dai atto che L'Ordine dei giornalisti che Di Pietro  (e con lui Grillo) vuole abolire è il nostro Ordine dei Giornalisti nato nel 1963 (nella mia nota ricorderai ho detto la stessa cosa, e cioè ho parlato di 45 anni di vita) su iniziativa (ho fatto sapere a Di Pietro anche questo) di  Aldo Moro e Guido Gonella, veri democratici e antifascisti, uomini di primo piano della legalità costituzionale repubblicana.  La gestione dell'Albo durante il regime fascista toccava al sindacato fascista che, ho ricordato si è macchiato anche del delitto di coprire le leggi razziali, segnalando prima ai prefetti e cancellando poi, tra il 1938 e il 1939, i giornalisti ebrei. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) stava dall'altra parte e non a caso si è ricostituita democraticamente la mattina del 26 luglio 1943, poche ore dopo la caduta di Mussolini. 


Non ti sfuggirà, poi, che l'attacco di Di Pietro e Grillo parte dal presupposto che l'Ordine di oggi che cura, tra gli altri compiti, la tenuta dell'Albo è considerato, impropriamente la riproposizione  dell'Albo gestito da sindacato fascista e per questo, sbagliando, parlando di Ordine fascista realizzato da Mussolini per controllare l'informazione, cosa che egli  fece in maniera tragica. Il nocciolo della questione è chiarire i termini del problema ed essere precisi nella sostanza rispetto agli "addebiti". Mi sembra poco saggio polemizzare su questo, tanto più che ti concludi scrivendo    "riforma dell’Ordine sì, abrogazione no!" e io ho concluso la risposta a Di Pietro sull'Ordine con queste parole: "Sfidiamo lui e tutta la politica alla riforma!" Dobbiamo farlo sul serio senza polemiche di cui non si comprende la ragione.


Basta così e non facciamo il gioco di chi vuole "cancellare" tutto.


Franco Siddi


Segretario generale della Fnsi


  


V2-DAY: SIDDI,SU ORDINE GIORNALISTI DI PIETRO NON CI AZZECCA


Roma, 25 aprile 2008. Abolire l'Ordine dei giornalisti «con un colpo di spugna, senza un'idea di libertà garantita da un sistema di chiara legalità, significherebbe consegnarsi a poteri assoluti». È la replica di Franco Siddi, segretario della Federazione nazionale della stampa, all'auspicio del leader Idv Antonio Di Pietro, intervenuto a Milano alla raccolta firme per il referendum sull'informazione che prevede la cancellazione dell'Ordine, nel mirino del V2-Day di Grillo. «Diciamolo chiaro: sfidiamo lui e tutta la politica alla riforma - aggiunge Siddi in una nota - ma Di Pietro stavolta con il suo urlo, mediatico, non ci ha proprio azzeccato». Il segretario della Fnsi 'smonta il riferimento a Einaudi, citato da Di Pietro (insieme a Berlinguer) come personaggio che aveva criticato il ricorso all'Ordine «per poter scrivere e manifestare il proprio pensiero». Prima «di spararle grosse», dice Siddi, «occorre conoscere bene la storia e i fatti». Poi il segretario generale del sindacato dei giornalisti spiega che Einaudi quando si dichiarò contrario alla riedizione dell'Ordine professinionale dei giornalisti «pensava certamente all'Ordine di Mussolini. Quell'Ordine - sottolinea Siddi - non appartiene alla cultura centenaria dei giornalisti della Fnsi. Era l'Ordine di un regime basato sulla propaganda e non sull'informazione», quello «che si macchiò dell'orrenda colpa di collaborazionismo nell'applicazione delle leggi razziali». Per il segretario della Fnsi, l'attuale Odg «ha tanti difetti di funzionamento, causati da una politica capace solo di fare antipolitica sull'argomento anzichè di fare le indispensabili riforme. Ma c'è un ordinamento della professione del giornalista che, nella parte fondamentale dei principi, è e deve restare intangibile». (ANSA).


 


V DAY: SIDDI (FNSI), DI PIETRO SU ABOLIZIONE ORDINE GIORNALISTI NON CI AZZECCA. QUELLO ATTUALE NON FU VOLUTO DA MUSSOLINI MA DA MORO E GONELLÀ


 Roma, 25 aprile 2008.  «Di Pietro, come si dice dalle mie parti, ha fatto acqua fuori dal vaso. L'Ordine dei Giornalisti che vuole abolire con furia non è quello di Mussolini ma quello di Gonella, costituito 45 anni fa da un'idea base di Aldo Moro, due democratici veri, seri, uomini rimpianti della vita costituzionale repubblicana». È quanto afferma il segretario della Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti, Franco Siddi. «Da Beppe Grillo, che è un comico, parole fuori dalla verità sono comprensibili anche se restano le parole di un daltonico -osserva Siddi- Prima di spararle grosse, occorre conoscere bene la storia e i fatti e avere la sapienza di incidere sulle cose che non vanno, a cominciare, in questo caso dai meccanismi e dalle procedure dell'Ordine, che dopo 45 anni hanno fatto il loro tempo e non reggono più. Ma riformare è cosa più seria che sparare nel mucchio e cercare effetti speciali e risonanza mediatica. Dell'Ordine di Mussolini siamo vittime e martiri e, giustamente, la Repubblica l'ha abrogato». Ricorda Siddi: «A quello di Mussolini, certamente pensava Einaudi quando, nel suo contesto, si dichiarò contrario alla riedizione dell'Ordine professionale dei giornalisti. Quell'Ordine non appartiene alla cultura centenaria dei giornalisti della Federazione Nazionale della Stampa Italiana. Era l'Ordine di un regime basato sulla propaganda e non sull'informazione. Era l'Ordine che si macchiò dell'orrenda colpa di collaborazionismo nell'applicazione delle leggi razziali, segnalando ai prefetti del regime, per poi cancellarli dall'albo, tra il 1938 e il 1939, i giornalisti ebrei, privandoli così anche del diritto al loro lavoro».


Il segretario della Fnsi ricorda che ora «c'è un Ordine dei Giornalisti, che ha tanti difetti di funzionamento causati da una politica capace solo di fare antipolitica sull'argomento anzichè di fare le indispensabili riforme. Ma c'è un ordinamento della professione del giornalista che, nella parte fondamentale dei principi, come per la prima parte dalla Costituzione repubblica, è e deve restare intangibile». Siddi sottolinea quanto recita l'articolo 2 della legge Gonella del 1963: «È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà formazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori». Per il segretario del sindacato dei giornalisti, si tratta di «un presidio di autonomia e di libertà, anche per Di Pietro. E lui, che abbiamo anche apprezzato in tante battaglie contro poteri pericolosi e inquinanti e contro i bavagli, dovrebbe sapere più di ogni altro che, nel tempo attuale, far cadere l'Ordine dei giornalisti con un colpo di spugna, senza un'idea di libertà garantita da un sistema di chiara legalità, significherebbe consegnarsi a poteri assoluti. Diciamolo chiaro -conclude Siddi- Sfidiamo lui e tutta la politica alla riforma: ma Di Pietro stavolta, con il suo urlo mediatico, non ci ha proprio azzeccato...». (Adnkronos)


 


V2-DAY:GRILLO ATTACCA GIORNALISTI E SALUTA AL JAZEERA LIBERA


Torino, 25 aprile 2008. Sono 150 i giornalisti sotto il palco nel giorno in cui lui, Beppe Grillo, sferra il suo affondo contro l'informazione coatta, l'Ordine di casta, la legge sui finanziamenti all'editoria. Di fronte a una piazza, la centralissima San Carlo di Torino, stracolma di gente (ne contiene 50 mila, ma lui azzarda 100 mila, «se la questura ci aiuta», aggiunge) il comico saluta con entusiasmo solo quelle che lui definisce le «televisioni libere»: Al Jazeera, Cnn, Bbc, la tivù australiana. Il back stage, con un servizio d'ordine imponente che lo rende al suo arrivo inavvicinabile, vede giornalisti da tutte le parti del mondo. Oltre un centinaio gli accreditati (bisogna esibire la tessera professionale) -ma c'è chi dice 150- una ventina stranieri. Fotografi, cameramen, giornalisti di carta stampata, agenzie, tivù, tutti a seguire minuto per minuto le esternazioni di Grillo. Tra gli invitati a prendere la parola sul palco un giornalista doc, Marco Travaglio che al suo ingresso viene letteralmente assalito dai suoi colleghi. Lui, incredulo per tanto clamore, a una collega dell'Ordine dei giornalisti del Piemonte che lo esorta a chiarire, quando interverrà, che la stragrande maggioranza dei giornalisti non fanno parte di alcuna casta e tutti i giorni si guadagno il pane e la libertà di scrivere onestamente, risponde: «Certo, eccome che lo dirò, questa non deve essere una manifestazione contro i giornalisti». Intanto la folla, sotto un sole decisamente estivo, aumenta col passare delle ore. E a ogni intervento di Grillo un boato da stadio arriva nelle vie adiacenti. (ANSA).


 


V2-DAY:RADICALI, FIRMATI REFERENDUM SU GIORNALISTI, EDITORIA E CONTRO LA LEGGE GASPARRI


Roma, 25 aprile 2008.  «Come annunciato abbiamo firmato i tre referendum per l'abolizione dell'Ordine dei giornalisti, contro il finanziamento pubblico dell'editoria e la legge Gasparri, perchè proposte che perseguiamo da anni per una stampa più libera e che dal 1965 pratichiamo con Radio Radicale». Lo annunciano, in una dichiarazione, Rita Bernardini dei Radicali Italiani, Marco Verduca eletto al Senato nelle liste Pd, Marco Cappato segretario dell'associazione Luca Coscioni, Mario Staderimi direzione Radicali Italiani «Ai tavoli del Parco della Basilica di San Paolo - riferiscono - abbiamo riscontrato una grande partecipazione popolare a testimonianza del fatto che gli italiani sono a favore degli strumenti di democrazia diretta che gli opinionisti di regime ritengono essere un'arma puntata». (ANSA


 


V2-DAY: BURANI PROCACCINI, NO ABOLIZIONE ORDINE GIORNALISTI


Roma, 26 aprile 2008. La senatrice Maria Burani Procaccini, responsabile famiglie e minori dell'Udc, si definisce «assolutamente contraria ad abrogare l'Ordine dei giornalisti», nel mirino di uno dei referendum per i quali Beppe Grillo ha lanciato la raccolta firme con il V2-Day di Torino. Senza la mediazione dell'Ordine, dice l'ex presidente della commissione bicamerale infanzia, «i bambini sarebbero stati meno tutelati in questi anni dalla stampa». «Dalla Carta di Treviso in poi - spiega la Burani Procaccini in una nota - la presenza di un Ordine che sanzionasse gli abusi è stata una garanzia per i soggetti deboli e per i bambini in particolare. Chi vuole abolire l'Ordine fa demagogia - conclude - e dimentica che sul punto c'è stato un referendum popolare bocciato dagli italiani». (ANSA).



 


Roberto Natale replica a Beppe Grillo: "Sì alle riforme, no agli insulti" 


Roma,    27/04/08. Si' alle riforme, no agli insulti: e', in sintesi, la posizione ribadita da Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della stampa, all'indomani del V2-Day di Beppe Grillo che ha proposto l'abolizione dell'Ordine dei giornalisti, del finanziamento pubblico all'editoria e della legge Gasparri  ''Il giorno dopo le piazze del V2-Day - dice Natale - si vede chiaramente cio' che puo' servire per un'informazione migliore e cio' che invece serve solo ad inquinare la discussione. E' necessario che trovi immediata risposta, nel nuovo Parlamento, la richiesta di cambiamenti profondi che si esprime in forme assai diverse. In tanti lo hanno fatto ieri firmando per i referendum. Il sindacato dei giornalisti, invece, chiede da tempo che l'assetto dell'Ordine, la legge sull'editoria e il sistema televisivo siano oggetto di riforme radicali in Parlamento. Riforme che la politica da troppi anni si dimostra incapace di produrre, lasciando un vuoto che altri riempiono. Dopo legislature buttate, e' ora che le forze di governo e di opposizione si assumano le loro responsabilita' e si dimostrino capaci di varare leggi di innovazione''. ''Ma la discussione sulle riforme - precisa il presidente della Fnsi - non ha niente a che vedere con gli inaccettabili insulti che ancora ieri Grillo ha riservato a singoli giornalisti, a testate, a un'intera categoria. Insulti utili ad eccitare gli applausi di un momento, ma non certo a individuare i problemi veri dell'informazione italiana. Se Grillo sara' capace di analisi meno offensive e meno primitive, si accorgera' che ci sono tanti altri soggetti


interessati a cambiare le cose''. (ANSA) 



 


Cdr Tg1 a Grillo: "No alla delegittimazione della tv pubblica"


Roma, 27 aprile 2008. Il comitato di redazione del Tg1 scende oggi in campo, all'indomani del V2-Day, per replicare alle ''offese personali'' di Beppe Grillo al direttore della testata, Gianni Riotta, e per respingere il ''tentativo di delegittimare'' coloro che ''operano con correttezza e professionalita' all'interno del servizio pubblico''.  ''Agli insulti del comico Beppe Grillo ai giornalisti italiani ed a singoli direttori - dice il cdr del Tg1 - risponderanno gli organi di rappresentanza della categoria e i diretti interessati. Tuttavia il comitato di redazione del tg1 non puo' non sottolineare che le offese personali al direttore Gianni Riotta investono, per il contesto in cui sono state pronunciate e dirette, la dignita' di tutti i giornalisti che lavorano al Tg1''. ''Respingiamo con forza l'inqualificabile tentativo di delegittimare, con gli sberleffi e gli improperi da osteria, l'impegno di quanti operano con correttezza e professionalita' all'interno del servizio pubblico. Anche perche' altra cosa sono la vera satira e le critiche serie e documentate - conclude il cdr - che siamo sempre disposti a ricevere e discutere''.(ANSA)



CDR TG5, NO A VIOLENTI ATTACCHI DI GRILLO. DIBATTITO SERIO SUI TEMI LEGATI ALLA PROFESSIONE.


Roma, 26 aprile 2008. Il comitato di redazione del Tg5 respinge «i violenti attacchi e gli irriferibili insulti di piazza del comico Beppe Grillo ai giornalisti italiani», e ribadisce ancora una volta «la correttezza, l'imparzialità e la professionalità della propria redazione che ha sempre seguito con attenzione anche le iniziative legate ai cosiddetti V- Day, non ultimo quello del 25 aprile». Il Cdr del Tg5 ritiene inoltre «auspicabile un dibattito serio, un confronto vero sui temi legati alla delicata professione del giornalista ed anche una discussione pubblica, ma escludiamo -aggiunge- che tutto ciò possa e debba svolgersi attraverso epiteti, insolenze e offese ai direttori e alle redazioni con l'intento di agitare le piazze e con il grave rischio di favorire atti di intemperanza». (Adnkronos).


Cdr Tg2: "Abbiamo raccontato i fatti"


Dopo il cdr del Tg1, anche il comitato di redazione del Tg2 replica oggi a Beppe Grillo e rivendica di aver dato ''un fedele resoconto'', nell'edizione delle 20:30 di ieri, del V2-Day di Torino.''Beppe Grillo, ieri - scrive il cdr del Tg2 in una nota - ha attaccato in maniera scomposta tutti i giornalisti italiani, in particolare i direttori di alcune testate, tra i quali il direttore del Tg2. Ricordiamo a Beppe Grillo che il Tg2, nell'edizione delle 20:30 di ieri, ha dato un fedele resoconto di quanto avveniva a Torino, dove il signor Grillo aveva organizzato la sua manifestazione''. ''Il compito di un tg, proprio del servizio pubblico e' questo: raccontare i fatti attenendosi alla verita'. Questo e' quanto ha fatto il Tg2 e su questo vuol essere giudicato. Il resto - conclude il comitato di redazione - sono opinioni che democraticamente si possono rifiutare o accettare''. (ANSA)



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La Stampa del 27/4/2008


RETROSCENA, COME LA BASE PUO' ESSERE MANIPOLATA


 


Altro che libertà del web


i potenti ci sguazzano


 


Gli studiosi: democrazia diretta? Si rischia il populismo. Ci si crede potenti contando poco. Rodotà avverte: «La tecnologia illude di aprire porte ma spesso chiude in stanza vuote».


 


di ANNA MASERA


La libertà è partecipazione, è il ritornello di una vecchia canzone di Giorgio Gaber. In quest’era digitale, ci si casca volentieri nella retorica tecno-entusiastica di Beppe Grillo sulla grande libertà di informazione e possibilità di partecipazione democratica resa possibile da Internet. O meglio dal «Web 2.0», termine di moda per definire quella rete sociale globale che celebra il trionfo dei «dilettanti» e dà l’illusione ai singoli cittadini di contare allo stesso livello dei governi e delle multinazionali, almeno online. Ma attenzione, avvertono gli studiosi del fenomeno, a non confondere le straordinarie potenzialità del mezzo con una conquista di e-democrazia, tutt’altro che raggiunta. Anzi: sempre più un miraggio.


«Il fenomeno Grillo in Italia» è una forma di «cyberpopulismo», democrazia plebiscitaria elettronica che trova in Internet uno strumento non meno adeguato della vecchia tivù, sostiene Carlo Formenti, autore di Cybersoviet (sottotitolo «Utopie postdemocratiche e nuovi media»). Secondo Formenti la retorica del Web 2.0 sta alimentando illusioni sulle prospettive della democrazia digitale. Grillo attribuisce ai nuovi media elettronici un ruolo rivoluzionario puntando sulla «postdemocrazia come utopia»: dove le decisioni non vengono prese a colpi di maggioranze o minoranze, ma all’unanimità, attraverso il convincimento reciproco e l’attribuzione di leadership nei confronti di chi si conquista la fiducia del gruppo. Ma attenzione: da una parte i blogger in vetrina riducono la sfera pubblica a sommatoria di conversazioni private e indeboliscono la capacità di influire sul sistema politico e mediatico. Dall’altra non ci sono garanzie di trasparenza, che deve essere «asimmetrica»: controllo dei governi che devono operare in una «casa di vetro», ma tutela per il diritto alla privacy dei cittadini.


I cybersoviet sono le comunità virtuali create dal popolo della rete. E di conseguenza la democratizzazione del Web 2.0 non prelude a una presa del potere dai parte dei produttori/consumatori, bensì «all'espropriazione capitalistica dell'intelligenza collettiva generata dalla cooperazione spontanea e gratuita di milioni di donne e uomini».


La tecnologia «dà l'illusione di aprire le porte alla libertà, ma poi spesso ci si ritrova in stanze vuote chiuse a chiave» avverte Stefano Rodotà, ex Garante per la privacy. Un esempio? The Economist cita la falsa e-democrazia di un indirizzo Internet diponibile per comunicare con un premier, che in realtà collega i cittadini solo a un computer: in cambio di questa promessa di accesso, subiamo la volontà di controllo di governi e aziende. «Il potere politico ed economico sa oggi infinitamente più cose sui cittadini di quante essi non ne sappiano sui potenti».


Dal Web 2.0 emergono nuove disuguaglianze, smentendo il mito di una nuova «giustizia distributiva»: il cosiddetto «digital divide» non si riferisce solo a chi ha e chi non ha accesso a Internet, ma alla stratificazione sociale che si crea fra differenti categorie di utenza: l’élite rispetto alla massa. «E’ ora di decostruire l’inganno del Web 2.0», sintetizza il teorico dei media australiano-olandese Geert Lovink, nella raccolta di interventi dal titolo «Web 2.0: Internet è cambiato. E voi?») di Vito di Bari. «Invece di celebrare i “dilettanti”, dobbiamo sviluppare una cultura di Internet che aiuti i “dilettanti” (in maggioranza giovani) a diventare “professionisti”». Perché Beppe Grillo riempie le piazze, ma sono sempre troppo poche le voci che chiedono ai governi di adottare e applicare regole chiare e condivise per l’e-democrazia.


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“Il Giornale” (sabato 16/2/2008)


Di Pietro raccomanda la figlia


Giornalista mai vista al lavoro


 


da Roma


«Io sono sempre stato a difesa della legalità». Antonio Di Pietro ieri aveva un comizio a Perugia e in campagna elettorale si possono dire anche cose che rischiano di essere smentite dai fatti, in particolare da quella che Achille Occhetto ha di recente definito «la gestione padronale e autoritaria del suo partito». Se poi ci sono di mezzo i figli...


Anna Di Pietro è brillante, di bella presenza, studentessa all'università Bocconi e parla con quell'accento milanese che non ha mai intaccato la cadenza molisana del papà. Nel marzo 2006 viene assunta dalla Editrice Mediterranea, la società che pubblicava il giornale dell'Italia dei valori: nella redazione romana di via della Vite, una splendida traversa di via del Corso, raccontano però di non averla mai vista, nemmeno per ritirare le buste paga. Insomma, sulla carta è assunta a tutti gli effetti per svolgere il praticantato che dà diritto a sostenere l'esame da professionista. Solo che non ha mai lavorato.


Al giornale, nel frattempo, avevano pensato che avesse cambiato idea, che di fare la cronista non avesse più alcuna intenzione. E però in mancanza di comunicazioni diverse continuano a darle lo stipendio, che non ha mai ritirato. Non è l'unica figlia eccellente affidata alle cure della direttrice Delia Cipullo. Tra i praticanti figura anche Antonio Formisano, figlio di Nello, capogruppo al Senato dell'Idv. Lui però lavora davvero, tant'è che nella lista dei praticanti ammessi a sostenere il prossimo esame figura iscritto al numero 83.


Di Anna Di Pietro, invece, al giornale del partito avevano perso le tracce. Anche perché nel frattempo, esattamente a luglio 2007, suo padre intima alla Editrice Mediterranea la dismissione della testata Italia dei valori e pone fine al rapporto che faceva del giornale l'organo del suo partito, con i relativi fondi per l'editoria.


L'editore dà seguito alle richieste dell'ex magistrato, restituendogli la titolarità della testata. Da allora di Di Pietro non hanno più notizie dirette. Incoraggiato dalla combattiva Cipullo, l'editore cerca però di andare avanti con il suo giornale che esce fino allo scorso 4 agosto sotto la testata Idea democratica. Ma il disconoscimento dell'Idv porta alla chiusura di «una redazione vera, di persone vere che facevano un giornale vero» spiega Delia Cipullo, «con più di dieci giornalisti». Insomma, ci tiene a precisare orgogliosa, «non uno di quei giornali finti che servono solo ad avere i soldi dell'editoria di partito».


A gennaio la sorpresa, Antonio Di Pietro si ricorda del suo ex giornale, e così nella redazione ormai in via di dismissione, cominciano ad arrivare dal suo staff una serie di telefonate. Alla direttrice viene chiesto di certificare l'avvenuto praticantato di Anna Di Pietro. A fronte di una situazione contributiva regolare, ci tiene a specificare la direzione del giornale, per far sì che la figlia del ministro possa sostenere l'esame da giornalista nella prima sessione utile occorre che Delia Cipullo certifichi ufficialmente l'apporto dato dalla ragazza alla redazione. La direttrice però da questo orecchio non ci sente e risponde alle insistenti richieste con un netto no: «Non firmo la certificazione perché non sussistono gli estremi per farlo. Il praticante deve stare in redazione e io Anna Di Pietro non l'ho mai vista nemmeno una volta. Non ha mai ritirato le buste paga. A tutt'oggi è ancora una dipendente della Editrice Mediterranea, malgrado tutto non l'abbiamo licenziata. Però fino ad ora non ha mai lavorato e quindi non posso firmare alcunché».


L'ultima telefonata è di due giorni fa, giovedì 13 febbraio. Ma la Cipullo continua a non cedere. Per la figlia del ministro Di Pietro niente esame da giornalista. Una questione di rispetto della legge, in teoria lui dovrebbe capirlo.


I figli so' piezz 'e core, si sa, ma un uomo che fonda le sue fortune politiche sulla fama di rigoroso cultore delle regole non può farsi beccare in un plateale fallo di nepotismo: va a finire che in privato sembra adottare esattamente quei metodi «mastelliani» che ama criticare in pubblico. (di Redazione)


(www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=241605&START=1&2col=)


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POLITICA. In tanti alla seconda edizione del Vaffa Day. Raccolte trentamila firme


ai banchetti per i tre referendum sulla libera informazione


Torino, 40mila in piazza con Grillo


Il comico attacca Silvio Berlusconi


"Pensate se Obama da presidente avesse anche la Fox, la Abc e altre televisioni"


Polemica con Napolitano: "Dovrebbe essere il presidente degli italiani, non dei partiti"


La raccolta di firme in piazza San Carlo a Torino per i referendum lanciati da Grillo


 


TORINO - Torino spaccata in due: partigiani e festa tradizionale da una parte e il comico Grillo e i suoi grillini dall'altra per il Vaffa-day 2. In Piazza San Carlo, in una giornata praticamente estiva, sono accorsi in 40mila, per lo più giovani e giovanissimi.


"Dedichiamo questa manifestazione - ha detto Beppe Grillo appena salito sul palco - a coloro che stanno manifestando nell'altra piazza, noi siamo la naturale continuazione dei nostri nonni, di quei valori di quella gente che ha combattuto, ha perso la vita per lasciarci una nazione più libera o quasi. Se avessimo un decimo di cuore di quelle persone o un centesimo di coglioni di quelli noi compiremo un lavoro per loro".


Il comico genovese si è poi rivolto direttamente al capo dello Stato. "Il presidente Napolitano dovrebbe essere il presidente degli italiani, non dei partiti. I partiti non ci sono più", ha detto a proposito del mancato referendum sulla legge elettorale. "Il presidente della Repubblica, 'Morfeo' Napolitano, dorme, dorme, poi esce e monita - ha aggiunto Grillo -. Il referendum sulla legge elettorale andava fatto prima delle elezioni non dopo perché farlo dopo è come mettersi un preservativo dopo che si è trombato".


Poi sono arrivate le attese bordate sull'informazione. "Vorrei un giornale pagato da chi lo legge e non dai finanziamenti pubblici", ha detto il comico genovese.


Grillo, citando i tre referendum per l'abolizione dei finanziamenti pubblici all'editoria, per l'abolizione dell'Ordine dei giornalisti e della legge Gasparri, ha ricordato: "Non esiste e non può esistere un Ordine. Chiunque deve essere libero di scrivere. Perché mai ci deve essere un Ordine dei giornalisti e non un Ordine dei poeti?". Grillo ha poi urlato: "Basta con le cose del passato, se vogliamo un Paese giovane e dinamico dobbiamo dire basta".


Beppe Grillo è ritornato ad attaccare Berlusconi ("Testa d'asfalto") e la legge Gasparri: "Pensate - ha detto dal palco - se Obama da presidente fosse anche il proprietario della Fox, della Abc e di altre televisioni". E ha aggiunto che "se Rete4 non va immediatamente sul satellite, come stabilito per legge, l'Unione Europea ci costringerà a pagare 300 mila euro al giorno da gennaio 2006". "Voglio tivù - ha affermato - come la televisione australiana, come la Bbc, pagata da chi la guarda".


"Siamo stufi - ha esternato il comico - che nei giornali e nelle tivù comandino banche, Confindustria, che dicono ai giornalisti quello che devono fare o scrivere. Telefonano alla sera per dare le scalette". Grillo è ritornato a criticare la legge Gasparri: "Vorrei che nascesse un giornale pagato da chi lo legge e la stessa cosa vale per le televisioni".


Grillo ha anche puntato l'indice contro l'Ordine dei giornalisti: "Siamo gli unici al mondo ad avere un ordine dei giornalisti fondato nel 1925 da Mussolini per tenerli in braghe di tela. Già Einaudi diceva che non era necessario un Ordine dei giornalisti. L'informazione - ha aggiunto - deve essere libera e la rete li farà fuori tutti lo stesso. Via le cose del passato, mettiamolo nelle cantine se vogliamo essere un Paese dinamico e veloce".


Il comico ha anche ricordato come nessuno in Italia conosca la reale portata della presenza Nato nel nostro Paese: ''Ci sono 113 basi presenti in quasi tutte le regioni tranne due - ha ironizzato un po' infelicemente -, la Valle d'Aosta e l'Abruzzo, forse perché non capiscono la lingua''. Nel suo intervento Grillo ha poi puntato nuovamente il dito contro i neo parlamentari condannati eletti in parlamento, e a proposito di Ciarrapico ha detto che al suo confronto il cantante Er Piotta sembra lord Brummel, e non ha risparmiato l'avvocato Franzo Grande Stevens per l'operazione di Equity Swap condotta sulla Fiat alcuni mesi fa. Tra gli esponenti politici presi di mira anche Veltroni, definito 'topo Gigio'.


"Abbracciamo e ringraziamo coloro che ci hanno permesso di essere oggi qui su questo palco. Grazie ai partigiani di 63 anni fa, oggi siamo noi i nuovi partigiani della libera informazione", aveva detto in precedenza il leader del gruppo musicale Blau grana che ha aperto alle 15 in punto la manifestazione in piazza San Carlo a Torino. Poi è salito sul palco Caparezza, che ha detto di ispirarsi a Gaetano Salvemini "anche lui, come me di Molfetta, che non era gradito per quello che scriveva. Lui per me - ha detto Capareza - rappresenta il 25 aprile".


"Anche il V2-Day di Beppe Grillo "è una forma di festa di liberazione", ha sottolineato er Piotta, il cantante che insieme a Leo Pari e a Radici nel cemento ha scritto il 'Vday 2.0' la sigla della kermesse. "Oggi è una giornata particolare, molto sentita - ha aggiunto l'artista romano - e se fosse l'antitesi del 25 aprile noi non saremmo qui. Anche qui c'è una forma di liberazione, che riguarda le nuove frontiere della comunicazione, della difesa della libertà di stampa".


In piazza sventolano bandiere No-Tav e ovviamente gli striscioni degli Amici di Beppe Grillo. Migliaia le persone che in coda hanno atteso pazientemente per firmare i tre referendum promossi da Grillo sulla informazione. Finora sono state raccolte trentamila firme. Anche il ninistro uscente Antonio Di Pietro, si è presentato a Milano, in Largo Cairoli, per firmare i tre referendum. Tavoli per la raccolta di firme sono stati allestiti in molte città d'Italia.


"Sono d'accordo con Beppe Grillo. Non è un antipolitico", ha detto Adriano Celentano in un messaggio registrato e diffuso oggi pomeriggio dal palco del V2-day. "Bisogna fare qualcosa prima che sia troppo tardi - ha affermato il cantante - per controbattere le falsità che ogni giorno ci propinano". Un saluto a Grillo è stato portato anche dal magistrato di Catanzaro, Luigi de Magistris mentre non c'è Clementina Forleo. "Quella gran donna - ha annunciato il comico genovese - non è potuta venire a Torino".


(25 aprile 2008-www.repubblica.it)


 


 




 





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