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Il Garante della privacy sulla diffusione delle foto del corpo di Giancarlo Siani, assassinato dalla camorra nel 1985: "Questa Autorità, pur nella assoluta consapevolezza del contenuto fortemente impressionante delle fotografie, non ritiene che dalla loro pubblicazione derivi un'offesa per la dignità dell'essere umano, quanto piuttosto uno sprone a contrastare fenomeni di criminalità come quelli che hanno portato al brutale assassinio del giornalista e ad assumere, invece, atteggiamenti virtuosi nelle proprie scelte di vita".

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI


 


Nella riunione odierna (8.10.2015, ndr), in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici e della prof.ssa Licia Califano, componenti, e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;


 


VISTA la segnalazione presentata dal sig. Giancarlo Roesler Franz il 20 luglio 2015 con la quale lamenta una violazione del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 1956; di seguito "Codice") in ordine alla diffusione delle foto del corpo di Giancarlo Siani, assassinato dalla camorra nel 1985, reperibili sia sul sito internet www.dagospia.com, sia all'interno del libro di Bruno De Stefano "Passione e morte di un giornalista scomodo";


 


VISTE la nota di risposta inviata dall'avv. Luca Lo Giudice, in nome e per conto di Dagospia s.p.a., il 10 settembre 2015;


 


VISTI gli atti d'ufficio e le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento n. 1/2000;


 


RELATORE la dott.ssa Augusta Iannini;


 


PREMESSO


 


Con segnalazione del 20 luglio 2015, il sig. Giancarlo Roesler Franz ha lamentato una violazione della normativa in materia della protezione dei dati personali in ordine alla diffusione delle foto di Giancarlo Siani, assassinato brutalmente dalla camorra nel 1985, reperibili sia sul sito internet www.dagospia.com nell'ambito dell'articolo di Carlo Tarallo  "Così muore un giornalista napoletano: le foto inedite del corpo senza vita di Giancarlo Siani", sia all'interno del libro di Bruno De Stefano "Passione e morte di un giornalista scomodo" edito da Giulio Perrone in data 31 gennaio 2012.


 


In particolare il segnalante lamenta una violazione della Carta dei doveri del giornalista "in quanto [questi] non deve pubblicare immagini o fotografie particolarmente raccapriccianti di soggetti coinvolti in fatti di cronaca, o comunque lesive della dignità della persona, né deve soffermarsi sui dettagli di violenza o di brutalità, a meno che non prevalgano preminenti motivi di interesse sociale" e dell'art. 15 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa).


 


Dagospia s.p.a., nel fornire riscontro alla richiesta di informazioni formulata dall'Ufficio, ha inviato una nota il 10 settembre 2015, sostenendo che si è proceduto alla pubblicazione delle immagini oggetto di contestazione proprio perché si è ravvisata la rilevanza sociale della notizia "volta a fornire un'informazione completa rispetto al delitto di mafia commesso a danno di un giornalista condannato a morte dalla camorra proprio per la sua attività di inchiesta sui rapporti tra malavita e politica" e, inoltre, che "le foto hanno valore educativo e di monito rispetto alle vicende di mafia che continuano a colpire il nostro paese".


 


OSSERVA:


 


Questa Autorità non ritiene, salvo il diverso avviso dell'autorità giudiziaria competente, che la sopra indicata diffusione possa integrare l'ipotesi di reato prevista e punita dall'art. 15 della legge n. 47/1948; ed invero, con riferimento alla pubblicazione dell'articolo sul sito www.dagospia.com, si deve in primo luogo rilevare che la predetta fattispecie non prevede espressamente l'applicabilità della sanzione alla pubblicazione online, che deve, quindi, ritenersi esclusa dall'ambito disciplinato dalla norma, non essendo configurabile in materia penale il ricorso all'analogia legis.


 


Quanto, invece, alle immagini contenute nel libro, si segnala come la fattispecie di reato richieda per la sua integrazione l'utilizzo, nella descrizione od illustrazione dei fatti, di "particolari impressionanti o raccapriccianti" tali da "poter turbare il comune sentimento della morale". Tali elementi sono stati definiti dalla nota sentenza della Corte costituzionale n. 293/2000 nell'ambito del giudizio che vedeva la norma in questione tacciata di genericità e difetto di tassatività: in tale decisione la Corte, nel rigettare la richiesta declaratoria di illegittimità, ha statuito che il contenuto minimo della norma altro non è che "il rispetto della persona umana, valore che anima l'art. 2 della Costituzione, alla luce del quale va letta la previsione incriminatrice denunciata". Ed ancora: "Solo quando la soglia dell'attenzione della comunità civile è colpita negativamente, e offesa, dalle pubblicazioni di scritti o immagini con particolari impressionanti o raccapriccianti, lesivi della dignità di ogni essere umano, e perciò avvertibili dall'intera collettività, scatta la reazione dell'ordinamento". E' evidente, quindi, che per la Corte non ogni pubblicazione dal contenuto impressionante o raccapricciante debba necessariamente essere oggetto di punizione ai sensi della predetta disposizione e che "a spiegare e a dar ragione dell'uso prudente dello strumento punitivo è proprio la necessità di un'attenta valutazione dei fatti da parte dei differenti organi giudiziari, che non possono ignorare il valore cardine della libertà di manifestazione del pensiero".


 


Nel caso di specie questa Autorità, pur nella assoluta consapevolezza del contenuto fortemente impressionante delle fotografie, non ritiene che dalla loro pubblicazione derivi un'offesa per la dignità dell'essere umano, quanto piuttosto uno sprone a contrastare fenomeni di criminalità come quelli che hanno portato al brutale assassinio del giornalista e ad assumere, invece, atteggiamenti virtuosi nelle proprie scelte di vita.


 


Tali circostanze impongono una analoga valutazione positiva in relazione al contenuto dell'art. 8, comma 1, del codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica (allegato A.1 al Codice), applicabile questa volta a tutte le forme di pubblicazione oggetto della segnalazione, che prevede testualmente: "il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona, né si sofferma su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell'immagine". Anche alla luce della predetta disposizione, quindi, non può non ravvisarsi nell'intento sotteso alle pubblicazioni predette e nelle modalità delle stesse una sicura rilevanza sociale tale da legittimarne la diffusione.


 


L'articolo in esame di Carlo Tarallo, del 2 gennaio 2013, infatti, descrive la triste vicenda del giornalista Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra, e pubblica le foto del corpo del giornalista stesso scattate dalle forze dell'ordine sul luogo del delitto, già contenute nel citato libro di Bruno De Stefano; le foto, pertanto, oltre a rivestire un indubbio rilievo sociale – anche in considerazione del fatto che sono relative ad un fatto di cronaca di particolare gravità, che ha avuto a suo tempo una vasta eco e che anche a trenta anni di distanza viene spesso richiamato – hanno un ruolo essenziale sia nel libro sia nell'articolo, documentando "quanto è costata cara a Giancarlo Siani la passione per il suo lavoro" ed evidenziando la brutalità del suo assassinio.


 


TUTTO CIO' PREMESSO IL GARANTE:


 


ai sensi degli artt. 154, comma 1, lett. b), 143 e 144 del Codice, ritiene non vi siano gli estremi per adottare provvedimenti di carattere inibitorio in ordine alla diffusione delle foto del giornalista Giancarlo Siani oggetto di segnalazione.


 


Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.


 


Roma, 8 ottobre 2015


IL PRESIDENTE


Soro


IL RELATORE


Iannini


IL SEGRETARIO GENERALE


Busia


Registro dei provvedimenti  n. 520 dell'8 ottobre 2015 





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