Torino, 19 febbraio 2008. Giorgio Armani direttore per un giorno del settimanale Grazia: è accaduto nel numero del 25 ottobre 2005 ed è costato a chi allora dirigeva la testata, Carla Vanni, una sanzione disciplinare da parte dell'Ordine dei giornalisti del Piemonte, di due mesi di sospensione dalla professione. Secondo l'Ordine del Piemonte, divenuto competente dopo il trasferimento del fascicolo da Milano, si è trattato di un "gioco", di una "finzione giornalistica", di uno "scoop" - come è stato definito dalla difesa - che ha di fatto aggravato il margine già stretto che distingue informazione e pubblicità, specialmente nel campo della moda. Si è trattato - sempre secondo l'Ordine - anche di una forma di abdicazione dell'autonomia del lavoro giornalistico e di non tutela del titolo professionale. Secondo le prove raccolte, il numero speciale di Grazia ha ingenerato confusione, non soltanto di titoli professionali, ma di ruoli e competenze. "E' sempre più evidente - ha commentato il presidente dell'Ordine del Piemonte, Sergio Miravalle - il rischio di commistione tra giornalismo e pubblicità. Proprio per questo è necessario tenere distinti l'informazione dal messaggio pubblicitario. In un settore così delicato come quello della moda, consentire una così sfacciata invasione di campo, costituisce di fatto una violazione del ruolo che un giornalista, che un direttore di giornale, deve avere e tutelare". Legittimare l'ingerenza di "estranei" al lavoro giornalistico, può inoltre diventare un precedente per altre testate, anche al di fuori del settore moda.Non chiunque, se pur di grande prestigio, secondo l'Ordine, può improvvisarsi giornalista. (ANSA).
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Consiglio nazionale.
Carla Vanni: censura
al posto dei due mesi
di sospensione inflitti
dall’Ordine di Torino.
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, riunito i giorni 11 e 12 febbraio 2009, ha altresì inflitto la sanzione della censura a Carla Vanni (il Consiglio del Piemonte aveva deliberato la sospensione per 2 mesi per la confusione ingenerata nei lettori presentando lo stilista Armani come ‘condirettore’ di un numero speciale di Grazia. Il Consiglio Nazionale ha giudicato equa la sanzione inferiore). (da: www.odg.it)
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In: www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=1517
Rivista “Il diritto dell’informazione e dell’informatica”
n. 4/5 del 2007 (pagg. 871-894).
FRANCO ABRUZZO:
"La commistione informazione/pubblicità
nella giurisprudenza ordinaria e disciplinare
vista attraverso le sentenze dei tribunali".
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Commistione informazione-pubblicità
GRAZIA.
La Mondadori difende
Carla Vanni (sospesa per
due mesi dall’Ordine
di Torino):
“Equivoco gigantesco”
La casa editrice annuncia che “le modalità con cui sono state riportate le notizie saranno oggetto di verifica al fine di valutare se esistano o meno gli estremi per azioni a tutela ell'onorabilità del direttore”.
Roma, 20 febbraio 2008. Nel numero del settimanale Grazia dell'ottobre 2005 'firmato' da Giorgio Armani non c'era "alcun elemento di pubblicità occulta", come ha rilevato anche il Tar del Lazio. Inoltre operazioni simili sono state già effettuate "sia all'estero che in Italia". A precisarlo è la Direzione Generale Periodici di Mondadori, che esprime in una nota "stima e solidarietà a Carla Vanni", si dichiara "stupita e offesa per la decisione presa dall'Ordine dei Giornalisti del Piemonte di sospendere il direttore per due mesi", parla di "equivoco gigantesco" e si dice pronta a sostenere "ogni azione che Carla Vanni vorrà intraprendere". Innanzi tutto, ricorda Mondadori, il tribunale amministrativo ha di recente "annullato la sentenza dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato a proposito dello stesso numero di Grazia: il Tar non ha ravvisato alcun elemento di pubblicità occulta". "Nel merito della vicenda, Mondadori ritiene che si tratti di un equivoco gigantesco. Non è pensabile infatti neanche per un istante - si spiega - che un giornale della complessità di Grazia possa essere stato veramente 'firmato' da Giorgio Armani. L'operazione editoriale è del tutto simile ad altre analoghe già effettuate sia all'estero che in Italia anche di recente, dove testimonial importanti sono stati chiamati a 'firmare', ovvero a connotare un'edizione di un periodico, lasciando la possibilità alla redazione di svolgere in piena autonomia l'usuale lavoro
giornalistico guidata dal direttore responsabile della testata. La storia professionale, il rigore e l'autorevolezza di Carla Vanni rappresentano la garanzia di un comportamento sempre ineccepibile dal punto di vista deontologico e giornalistico". "Alla luce di questa forte convinzione, Mondadori sosterrà ogni azione che Carla Vanni vorrà intraprendere per difendere la propria rispettabilità, la propria carriera e la storia di Grazia. E' già in corso un appello presso il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti e, se del caso, la difesa proseguirà in tutti i gradi di giudizio previsti. Inoltre - conclude la nota - le modalità con cui sono state riportate le notizie saranno oggetto di verifica al fine di valutare se esistano o meno gli estremi per azioni a tutela dell'onorabilità del direttore". (ANSA).
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L’Ordine libero di valutare le prove
e anche l’attendibilità dei testimoni
Pubblichiamo uno stralcio della sentenza (n. 04801 depositata il 7 aprile 2004) con la quale la I sezione stralcio del Tribunale civile di Milano (goa l’avv. Lucio Magaldi) ha assolto il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia in carica nel 1993, difeso dagli avvocati Cesare Rimini e Umberto Gragnani, chiamato in giudizio da un giornalista professionista testimone “volontario” nell’ambito do una complessa istruttoria disciplinare:
“E’ da escludere che possa dare luogo a responsabilità civile l'attività di valutazione del fatto e della prova, inclusa evidentemente quella relativa all'attendibilità dei testimoni, essendo a carico anche del giudice disciplinare (obbligo di esaminare ogni problematica influente per la decisione e di dare contezza (la più esaustiva é persuasiva possibile) delle ragioni della decisione stessa. II momento della funzione giurisdizionale (così come quello disciplinare), riguardante l’individuazione del contenuto di una determinata norma e (accertamento del fatto, con i corollari dell'applicabilità o no dell'una all'altro, non può essere fonte di responsabilità, nemmeno sotto il profilo dell'opinabilità della soluzione adottata, dell'inadeguatezza del sostegno argomentativo, dell'assenza di una esplicita e convincente confutazione di opposte tesi, dovendo passare l’affermazione della responsabilità, anche in tali casi, attraverso una non consentita revisione di un giudizio interpretativo o valutativo; fonte di responsabilità potrebbe essere, invece, l’omissione di giudizio (anche circa la contestata attendibilità del testimone) che investa questioni decisive, anche in relazione alla fase in cui si trova il processo, e sia ascrivibile a negligenza inescusabile (Cass. 02/17259)”.