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Stampa

Rubrica I miei libri- www.scriptamanent.net
– Rnotes - marzo 2003.

INTERVISTA A FRANCO ABRUZZO.

Dai libri di Omero e Dante a quelli di Gobetti e Croce, a quelli di Emiliani e Muriald; il presidente dell’Ordine dei giornalisti più importante d’Italia – quello della Lombardia – offre un invito alla riflessione etica ed allo studio, anche in nome della libertà.

«Leggere serve a salvarsi l’anima», dichiara con sicurezza Franco Abruzzo, e non c’è ombra di retorica nelle sue parole; in esse traspare, semmai, una meditata passione civile dal calore molto mediterraneo: probabilmente quello della sua originaria Calabria.Abruzzo è il presidente del più importante Ordine dei giornalisti: quello della Lombardia (basti pensare a quante redazioni operano in tale territorio!). Il suo modo di intendere e di gestire tale incarico è molto attivo, nient’affatto burocratico, impegnato soprattutto sul versante dell’etica e del rispetto dei minori. I richiami, le ammonizioni e perfino le radiazioni da lui fatte sanzionare a causa dell’insensibilità da parte di vari giornalisti nei confronti della dignità dei cittadini, sono – purtroppo – numerose. Solo repressioni? Nient’affatto. Fra le tante caratteristiche peculiari della sua attività c’è difatti anche una fucina professionale per le nuove generazioni: una qualificata scuola di giornalismo.Quella del “presidente” – lo si sarà già compreso – è una tempra forte basata, evidentemente, su una prestigiosa formazione, resa stabile da un bagaglio culturale arricchito da numerose letture.

 


Lei è noto come persona inflessibile e pugnace, aspetti del suo carattere, ma certamente rafforzati dalle sue esperienze culturali. Quali sono stati gli autori che maggiormente hanno influenzato la sua formazione?


Omero, padre dell’Europa, e Dante, padre dell’Italia. Leggerli serve a capire da dove veniamo e dove stiamo andando. È sufficiente rileggerli per riceverne una sorta di ancora culturale e psicologica che permette di non lasciarsi distrarre del tutto dalla cronaca, ovvero da fatti magari gravi ma transeunti. La mia è una weltanschaung risorgimentale, la vivo tuttora profondamente, anzi la coltivo, tenendo sempre ben presente l’articolo 5 della Costituzione: «L’Italia è una e indivisibile». Poi ancora Giuseppe Mazzini, un pensatore che tutt’oggi ha molto da dire, erede della grande rivoluzione liberale francese. Lo stare insieme degli italiani è un fatto innegabile, etico, morale. A questo proposito segnalo il libro di Elena Aga Rossi 8 settembre. Una nazione allo sbando  La memoria è il nodo cruciale. Proprio sulla memoria sto costruendo una sezione del sito internet dell’Ordine dedicato ai giornalisti assassinati dalla violenza politica fascista, brigatista, mafiosa: Giovanni Amendola, Piero Gobetti, Carlo Casalegno, Walter Tobagi, Pippo Fava, Mauro de Mauro, Beppe Alfano. Sono i nostri martiri su cui i giovani giornalisti, i giornalisti che verranno, devono meditare. Se non avremo una visione globale e unificatrice della storia, il sonno della ragione genererà mostri.


 

Quali sono i libri poggiati in questo momento sul suo comodino?

Al momento La storia d’Italia dal Piemonte sabaudo a oggi di Sergio Romano, edita da Longanesi; agile, appassionante, molto ben scritta e convincente. Offre un’occasione per riprendere in esame la storia delle leggi repressive della libertà di espressione e di stampa e in definitiva della libertà di pensiero: dall’Italia unita ad oggi, riflettendo sul passaggio cruciale tra due Italie diverse, una delle quali intenzionata a controllare la stampa. La concezione di una stampa considerata un’eterna adolescente da tenere sotto tutela, o peggio, piegata alle più svariate esigenze, è un pericolo costante contro il quale dobbiamo combattere con una vigilanza che parta proprio dal singolo individuo. Per questo mi batto per un severo autocontrollo che comincia dallo studio approfondito del passato. Per non cadere in un discutibile e forse anche pericoloso pragmatismo.


 


E per quanto riguarda l’attualità?


Sto leggendo un libro di Vittorio Emiliani sulla Rai (Affondate la Rai. Viale Mazzini, prima e dopo Berlusconi), fondamentale per gettare luce sulle attuali guerre di potere che si stanno combattendo attraverso i mezzi di comunicazione.


 

In generale quali libri si sentirebbe di suggerire?

I miei interessi sono prevalentemente storico-politici e, per forza di cose, limito in tale ambito i miei suggerimenti. Incomincerei da un classico: Storia d’Italia dal 1871 al 1915 e Storia d’Europa nel secolo XIX di Benedetto Croce (entrambi – ovviamente – editi da Laterza), un intellettuale che esercitò una fondamentale influenza facendo uscire il pensiero italiano dal gretto provincialismo. Passerei poi a La religione della libertà (Rubbettino editore), un’antologia di scritti politici a cura di Girolamo Cotroneo; si tratta di un libro che ha gettato un inaspettato fascio di luce sullo sviluppo della filosofia politica negli ultimi decenni del Novecento.


Suggerirei anche altri libri che trovo molto appassionanti: le memorie di Natalia Ginzburg sulla Torino degli anni ’30 (Lessico familiare), La Rivoluzione liberale (Einaidi) di Piero Gobetti, la biografia di Massimo L. Salvatori su Cavour. Un altro libro che consiglio caldamente – e non solo ai giornalisti – è Storia del giornalismo, di Paolo Murialdi; accresce l’autostima di una categoria che talvolta incespica nei particolarismi e finendo per smarrire una visione d’insieme. E, infine, consiglio a tutti la Storia del liceo classico di A. Scotto Di Luzio, edito da il Mulino nella collana «L’identità italiana», che è fondamentale per capire dove affondano le radici comuni degli italiani. Il liceo classico rappresentava il progetto risorgimentaleche avrebbe dovuto generare la futura classe dirigente; attraverso la sua storia il libro delinea il processo attraverso il quale si è costruita la nostra identità culturale. Chi non conosce il proprio passato non è nemmeno in grado di prevedere che cosa lo aspetta nel futuro.


 

Cristina Bongiorno




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