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RAI: DOPO L'ANNO
ORRIBILE LA POLITICA
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di Elisabetta Stefanelli - ANSA

Roma, 4 gennaio 2008. O si cambia o si muore: è lo slogan ripetuto in varie forme negli ultimi mesi dal vertice della Rai. E se pure la radiotelevisione pubblica ha superato negli anni molte tempeste, il 2008 potrebbe essere proprio l'anno della svolta dopo le vicende del 2007, forse uno degli anni peggiori nella storia di Viale Mazzini funestata da scandali, vicende giudiziarie, inchieste della Corte dei Conti, dalla lunga e alterna uscita ed entrata di Angelo Maria Petroni dal Cda che ne ha causato l'immobilità per mesi, fino alle intercettazioni telefoniche prima per Rai-Mediaset con la sospensione di Deborah Bergamini, e poi quelle che coinvolgono un altissimo dirigente come il direttore di Rai Fiction Agostino Saccà. Da qui, con le controdeduzioni attese per il 12 gennaio di Saccà in risposta all'inchiesta aperta dall'azienda, si riparte nel 2008. Anche se il primo consiglio d'amministrazione ci sarà già stato il 9 gennaio, con all'ordine del giorno la spinosa questione del piano editoriale e di quella tornata di ipotetiche nomine che ha bloccato i lavori del consiglio negli ultimi mesi. Tutto per il legame sempre stretto della Rai con la politica, perché è il colore della maggioranza del consiglio che fa sentire la sua voce sulle decisioni. Maggioranza che in questi mesi ha oscillato con l'entrata e l'uscita di Petroni e la sua momentanea sostituzione con Fabiano Fabiani. Per imprimere una svolta al cammino della Rai la parola spetta quindi in primo luogo proprio alla politica e al Parlamento che ha sul tavolo la legge di riforma firmata dal Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, in discussione al Senato. Finora il cammino non è stato molto spedito e con la ripresa dei lavori ripartirà dalla discussione degli emendamenti, dovrà però diventare molto veloce se non si vuole arrivare alla scadenza dell'attuale Cda - prevista per l'estate - senza una nuova legge. Se non ci sarà si dovrà andare ad una nuova nomina del consiglio con la legge Gasparri che prevede il passaggio in Commissione di Vigilanza, sia per la ratifica del presidente che per la nomina dei consiglieri, così come è stato per l'attuale vertice. Ma se non sarà la politica - che deve pure affrontare l'altra legge firmata da Gentiloni e dedicata proprio al digitale terrestre che è ferma alla Camera dove deve essere discussa in Aula - sarà forse la tecnologia a dare la sua spinta alla svolta Rai. E' il digitale terrestre in primo piano sia dal punto di vista dei contenuti, con la creazione di nuovi canali, che da quello degli impianti legato al futuro di Raiway. Per i ponti della Rai infatti nel Piano industriale non si esclude la societarizzazione con la cessione di una quota di minoranza. Nel 2008 il nuovo sistema trasmissivo inizierà in concreto la sua corsa allo switch-off spostata dall'ultima Finanziaria al 2012. Si parte dall'8 gennaio con il tavolo tra istituzioni e operatori dedicato alla discussione sulle frequenze: chi trasmetterà cosa e dove dopo le spegnimento dell'analogico. Tappa importante sarà quella della prima regione che completerà la transizione al nuovo sistema trasmissivo e l'appuntamento è con la Sardegna dal primo marzo. Ma intanto sarà iniziato anche il conto alla rovescia per la scomparsa dei televisori analogici tradizionali. Entro la fine del 2008 i produttori dovranno cessare di fornire tv analogiche ai distributori ed entro fine aprile del 2008 tutte le tv analogiche sul mercato dovranno avere un'etichetta che spiega che quell'apparecchio non può ricevere programmi digitali. (ANSA).


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Cda Rai: resta al suo posto
Angelo Maria Petroni.
Consiglio di  Stato
“boccia” Prodi e Tps


 


Il testo dell'ordinanza: "La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, che aveva annullato il provvedimento di revoca dell’incarico di consigliere al prof. Angelo Maria Petroni, non deve essere sospesa in quanto dalla sua efficacia non deriva alcun danno alla gestione della Rai".


 


Roma, 4 dicembre 2007.  "Il danno lamentato dall' appellante non può essere qualificato come grave e irreparabile in quanto la 'situazione di disagio' e i 'gravi pregiudizi che la gestione dell' Azienda viene a subiré prospettati nell' atto di appello, non appaiono dipendere dalla sostituzione di un solo componente di un organo collegiale formato da nove componenti". E' uno dei passaggi centrali dell' ordinanza con la quale la quarta sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Luigi Cossu, ha respinto la richiesta di sospensiva della sentenza del Tar che ha ritenuto illegittima la revoca del consigliere del Cda Rai Angelo Maria Petroni, disponendone il reintegro. Nell' ordinanza, con la quale è stato bocciato l'appello proposto dalla Presidenza del Consiglio e dal ministero dell' Economia, si spiega inoltre che "le complesse questioni di diritto prospettate nell'atto di appello - ivi compresi i profili relativi alla giurisdizione del giudice amministrativo - necessitano di approfondimenti e riscontri non praticabili nella presente fase cautelare". (ANSA).


 


LEGALI PETRONI, PUO' RIENTRARE SUBITO IN CDA


Roma, 4 dicembre 2007. Ora che il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta di sospensiva della sentenza del Tar del Lazio che ne ha ritenuto illegittima la revoca dal cda Rai, "Angelo Maria Petroni può rientrare subito nel consiglio di amministrazione". A sottolinearlo è il legale di Petroni, Filippo Satta. "Non credo affatto che sia necessaria una nuova assemblea dei soci - spiega Satta - per reintegrare Petroni. Dal momento che il Tar ha annullato l'atto preliminiare, cioé la decisione del ministro di revocare il consigliere, cadono tutti gli atti consequenziali. Quindi Petroni può rientrare a Viale Mazzini già domani, quando notificheremo alle parti la pronuncia del Consiglio di Stato". (ANSA).


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Respinta la richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri di sospendere la sentenza

Il sì definitivo al reintegro di Petroni in Rai

(Consiglio di Stato 6284/2007)

La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, che aveva annullato il provvedimento di revoca dell’incarico di consigliere al prof. Angelo Maria Petroni, non deve essere sospesa in quanto dalla sua efficacia non deriva alcun danno alla gestione della Rai. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, respingendo il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Economia che avevano chiesto la sospensione della sentenza con la quale il Tar del Lazio , accogliendo il ricorso del prof. Petroni, aveva annullato il provvedimento di revoca della sua nomina a consigliere della Rai, avendo accertato che alla base della decisione non c’erano valide ragioni, se non di natura extragiuridica. Per i supremi giudici amministrativi il ricorso è infondato in quanto il disagio ed i gravi pregiudizi che la gestione dell’Azienda andrebbe a subire, senza la sospensione, così come sostenuto dai ricorrenti, non sembrano dipendere dalla sostituzione di un solo componente di un organo collegiale. La vicenda trae origine dalla decisione del Ministro dell’Economia di rimuovere il prof. Petroni dal suo incarico di consigliere per superare la situazione di stallo in cui si trovava l’organo di amministrazione della RAI. Il provvedimento adottato, inidoneo a correggere le disfunzioni dell’organo di amministrazione ,in realtà era servito a creare le condizioni per realizzare all’interno del consiglio di amministrazione una nuova maggioranza, rappresentativa delle forze politiche sostenitrici dell’attuale compagine governativa. (www.cittdinolex.it del 6 dicembre 2007)

 

Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, ordinanza n. 6284/2007


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta ha pronunciato la presente  ORDINANZA nella Camera di Consiglio del 04 Dicembre 2007


Visto l'art. 33 , commi terzo e quarto, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;


Visto l'appello proposto da:


PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI


MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE


rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GEN. STATO


con domicilio in Roma VIA DEI PORTOGHESI 12


contro


RAI - RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A.


rappresentata e difesa da: Avv. RUBENS ESPOSITO


con domicilio eletto in Roma VIALE MAZZINI 14 presso RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA


PETRONI ANGELO MARIA rappresentato e difeso dagli Avv.ti ANNA ROMANO e FILIPPO SATTA con domicilio eletto in Roma VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 47 presso STUDIO SATTA & ASSOCIATI


SOCIETA' ITALIANA AUTORI ED EDITORI (SIAE)


non costituitosi;


FABIANI FABIANO


non costituito;


per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, della sentenza del TAR LAZIO - ROMA - Sezione III TER n. 11271/2007, resa tra le parti, concernente REVOCA DALLA CARICA DI CONSIGLIERE DI AMMINISTR. RAI E NUOVA NOMINA - RIS. DANNI .


Visti gli atti e documenti depositati con l'appello.


Vista la domanda di sospensione dell’ efficacia della sentenza di accoglimento del ricorso di primo grado, presentata in via incidentale dalla parte appellante.


Visto l'atto di costituzione in giudizio di:


PETRONI ANGELO MARIA


RAI - RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A.


Udito il relatore Cons. Vito Poli e uditi, altresì, per le parti gli avvocati De Bellis (Avv. Stato) Satta e Esposito;


Ritenuto che le complesse questioni di diritto prospettate nell’atto di appello – ivi compresi i profili relativi alla giurisdizione del giudice amministrativo – necessitano di approfondimenti e riscontri non praticabili nella presente fase cautelare;


Valutata l’articolata consistenza della motivazione della sentenza appellata;


Ritenuto, infine, che il danno lamentato dall’appellante non può essere qualificato come grave ed irreparabile in quanto la “situazione di disagio” ed i “gravi pregiudizi che la gestione dell’Azienda viene a subire”, prospettati nell’atto di appello, non appaiono dipendere dalla sostituzione di un solo componente di un organo collegiale formato da nove componenti.


P.Q.M.


Respinge l'istanza cautelare (Ricorso numero: 9160/2007). Spese compensate


La presente ordinanza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.



Roma, 04 Dicembre 2007


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE


Vito Poli Luigi Cossu


IL SEGRETARIO


Giacomo Manzo


Depositata in Segreteria il 4 dicembre 2007


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PETRONI: TUTTE LE TAPPE DELLA VICENDA.


Roma, 4 dicembre 2007. Ecco le principali tappe della vicenda che riguarda Angelo Maria Petroni, il consigliere nominato nel 2005 dall'allora ministro Domenico Siniscalco come suo rappresentante in cda e rimasto al suo posto nonostante il cambio di governo fino al 10 settembre di quest'anno, quando gli é stato revocato il mandato ed è stato sostituito con Fabiano Fabiani. - 11 MAGGIO - Dopo mesi in cui la politica chiede l'intervento dell'azionista per trovare una soluzione alla crisi del vertice Rai, il ministro Tommaso Padoa-Schioppa comunica al premier Romano Prodi che si è interrotto il rapporto di fiducia con Petroni e chiede la convocazione dell'assemblea per la revoca. - 16 MAGGIO - In commissione di Vigilanza, Padoa-Schioppa spiega i motivi della sua decisione e va oltre. "Se la Rai fosse stata assoggettata al semplice regime civilistico - dice - avrei assunto la decisione della revoca nei confronti dell'intero consiglio". Lo stesso giorno si svolge il Cda che fissa l'assemblea per il 4 o 5 giugno e che poi, andata una prima volta deserta per l'incertezza della situazione, viene fissata all'11 giugno. - 7 GIUGNO - La terza sezione ter del Tar del Lazio, alla quale Petroni ha presentato ricorso, sospende le procedure di revoca del consigliere: viene così vanificata l'assemblea della società. Già il 29 maggio, il presidente della terza sezione ter del tribunale amministrativo, Francesco Corsaro, aveva accolto con decreto presidenziale la richiesta di Petroni. - 4 LUGLIO - L'Avvocatura dello Stato notifica alle parti di aver impugnato di fronte al Consiglio di Stato la decisione del Tar di sospendere la procedura di revoca di Petroni. La richiesta è avanzata dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal ministero dell'Economia: in sostanza, il governo chiede ai giudici di Palazzo Spada di sbloccare le procedure di esclusione di Petroni dal cda e di consentire lo svolgimento dell'assemblea Rai per la revoca del consigliere. - 1 AGOSTO - La IV sezione del Consiglio di Stato accoglie il ricorso avanzato da Palazzo Chigi e dal ministero dell'Economia Dando di fatto il via libera alla convocazione dell'assemblea. - 2 AGOSTO - L'azionista invia per la seconda volta a Viale Mazzini la richiesta di fissare l'assemblea. Il presidente Claudio Petruccioli convoca il cda l'8 agosto. - 8 AGOSTO - Il cda va a vuoto: per due volte manca il numero legale. Petruccioli decide di riconvocarlo per il 20 agosto, con lo stesso ordine del giorno: convocazione dell'assemblea della società chiesta dall'azionista. "L'omessa convocazione dell'assemblea degli azionisti - ricorda l'azienda - è punita con sanzioni amministrative" a norma del Codice Civile. - 20 AGOSTO - Assenti tutti i consiglieri Cdl, in cda manca ancora il numero legale. Tocca così al collegio dei sindaci convocare l'assemblea, per il 10 e 11 settembre. Lo stesso giorno, i legali di Petroni chiedono nuovamente al Tar una sospensiva d'urgenza dell'assemblea, contestando il fatto che l'azionista l'abbia chiesta senza tener conto del fatto che negli ultimi due mesi il cda Rai abbia funzionato regolarmente. Il 31 agosto il Tar respinge l'istanza e fissa la trattazione del merito all'8 novembre. - 5 SETTEMBRE - A cinque giorni dall'assemblea, la Cdl in Vigilanza fa l'ultimo tentativo di bloccare la revoca di Petroni ma senza esito. Padoa-Schioppa, convocato in Commissione, rimanda a dopo l'assemblea per impegni inderogabili. - 10 SETTEMBRE - L'assemblea dei soci revoca il mandato di consigliere a Petroni e nomina al suo posto Fabiano Fabiani su proposta del ministero dell'Economia. - 26 SETTEMBRE - La Vigilanza decide all'unanimità di elevare davanti alla Corte Costituzionale il conflitto di attribuzioni nei confronti del ministro dell'Economia in merito ai poteri di revoca del Cda di Viale Mazzini. - 16 NOVEMBRE - Il Tar - che l'8 novembre si era riservato di decidere - accoglie il ricorso di Petroni e di fatto lo reintegra nel cda. Lo stesso giorno l'azionista annuncia il ricorso al Consiglio di Stato, con richiesta di sospensiva d'urgenza della sentenza del tribunale amministrativo. (ANSA).


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Cda Rai. Tar: "Illegittima la revoca di Petroni"
Petruccioli: "La sentenza è fatto rilevante".


La Cdl chiede le dimissioni
del Ministro dell'Economia
Tommaso Padoa-Schioppa


In coda la sentenza del Tar


Roma, 16 novembre 2007. Nuovo colpo di scena nella già controversa vicenda del consiglio di amministrazione della Rai: il Tar del Lazio ha infatti accolto il ricorso del consigliere Angelo Maria Petroni contro la richiesta del ministro dell'Economia di convocare l'assemblea per la sua sostituzione. Le motivazioni della sentenza del Tar del Lazio non sono ancora state rese note, ma già dal primo momento è apparso evidente che, dovendo considerare illegittima la revoca di Petroni, si apre uno scenario del tutto inedito nei piani alti di viale Mazzini dove, nel frattempo, sta già operando il sostituto Fabiano Fabiani, nominato consigliere su proposta di Tommaso Padoa-Schioppa. E inoltre bisognerà verificare quanto possono essere considerati validi dal punto amministrativo gli atti che il Cda ha nel frattempo approvato, primo su tutti il piano industriale 2008-2010. Immediate le reazioni del mondo della politica e dei più alti vertici della stessa Rai: il presidente della Commissione di vigilanza Mario Landolfi ha chiesto con fermezza le dimissioni del ministro dell’Economia, visto che "la sentenza del Tar ha confermato un dato incontrovertibile, ovvero che la rimozione del professor Petroni non rispondeva a esigenze aziendali bensì a una pressante richiesta politica di spoil system. E il ministro Tommaso Padoa Schioppa che l'ha assecondata dovrebbe dimettersi". "Si tratta di un fatto rilevante per la vita della Rai – ha detto il presidente Claudio Petruccioli – e ora dobbiamo vedere cosa succederà. Questo è un fatto che coinvolge altri protagonisti, a cominciare da chi ha preso le decisioni fino anche ad altri soggetti". Esultano per la sentenza gli esponenti della Cdl, che chiedono a gran voce le dimissioni del ministro dell’Economia: "Padoa Schioppa – ha osservato il vicecoordinatore di Forza Italia Fabrizio Cicchitto - non solo fa finanziarie col buco ma emette anche provvedimenti abusivi e arroganti. Dovrebbe dimettersi".


“La decisione del Tar – rileva invece Giulio Tremonti - dovrebbe spingere il ministro dell'Economia a chiedere scusa agli italiani. Diceva che tutto era nella più assoluta legalità quando tutto era nella più assoluta illegalità”. Guarda alle immediate conseguenze Maurizio Gasparri di Alleanza nazionale: "E’ necessario – ha osservato - che il consigliere Fabiani, nominato illegittimamente dal governo secondo la pronuncia del Tar, si autosospenda dalle funzioni per evitare che il suo concorso ad ogni decisione la renda giuridicamente e logicamente impugnabile”. Parole di allarme arrivano invece dagli esponenti della maggioranza: “Questa sentenza - ha osservato il responsabile Informazione e Editoria dei Ds Roberto Cuillo - getta la Rai in una crisi drammatica, di quest’azienda ormai sembra non importare più niente a nessuno. La destra ha portato il caos nel servizio pubblico televisivo, e ora il governo deve, con coraggio, fare la scelta decisiva: stralciare la riforma Gentiloni e approvare in pochi giorni la modifica della governance della Rai. Bisogna agire subito per salvare il servizio pubblico radiotelevisivo”. Predica prudenza, infine, il senatore dell'Ulivo Esterino Montino: “Occorre aspettare di leggere le motivazioni che hanno portato il Tar del Lazio ad assumere una determinata posizione. Solo sulla base delle motivazioni sarà possibile fare un approfondimento. In ogni caso, al di là degli sguaiati entusiasmi della destra, credo sia giusto aspettare il ricorso e la pronuncia del Consiglio di Stato”. (9colonne).


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Per i giudici il provvedimento di revoca fu determinato da ragioni politiche e non giuridiche


Rai, perché il reintegro di Petroni


(Tar Lazio 11271/2007)


 


Roma, 19 novembre 2007. L’incarico di consigliere di amministrazione della RAI affidato al prof. Angelo Maria Petroni non poteva essere revocato. Lo ha stabilito il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, accogliendo il ricorso dell’ex componente del CdA contro il Ministro dell’Economia, Tommaso Padoa - Schioppa, che aveva di fatto con le sue direttive suggerito la revoca del ricorrente dalla carica di consigliere di amministrazione dell’emittente televisiva pubblica e aveva invitato il Presidente della Rai a convocare l’assemblea dei soci per procedere alla nomina di un nuovo consigliere. Con un’ordinanza i giudici amministrativi avevano già disposto nel giugno scorso la sospensione del provvedimento di esclusione poiché appariva determinato da ragioni extragiuridiche. Secondo i giudici amministrativi il ricorso è fondato in quanto il provvedimento di revoca è stato adottato nei confronti del consigliere senza un valido motivo, dal momento che non era imputabile al ricorrente alcuna negligenza che avesse potuto incrinare il rapporto di fiducia con il Ministro dell’Economia; lo stesso Ministro aveva dichiarato che non aveva nessun addebito da muovere al modo con il quale il prof. Petroni aveva svolto le sue funzioni. Infatti le disfunzioni che avevano portato all’esclusione del consigliere erano state dal Ministro dell’Economia attribuite all’intero consiglio di amministrazione; tuttavia, la condizione di stallo in cui si trovava l’organo di amministrazione della RAI non poteva essere superata con l’adozione di questo provvedimento verso un solo consigliere, peraltro non responsabile della situazione. In realtà, la decisione di revoca era stata presa per creare le condizioni per realizzare all’interno del consiglio di amministrazione una nuova maggioranza, rappresentativa delle forze politiche che sostengono l’attuale compagine governativa. La revoca dell’incarico deve pertanto essere annullata ed il prof. Petroni deve essere reintegrato all’interno del consiglio di amministrazione della RAI. (da www.cittadinolex.it).


 


Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione terza ter, sentenza n. 11271/2007


Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio


 


- Sezione Terza Ter - .


 


composto dai Magistrati:


 


Italo Riggio Presidente


 


Maria Luisa De Leoni Consigliere


 


Giulia Ferrari Consigliere – relatore


 


ha pronunciato la seguente


 


SENTENZA


 


sul ricorso n. 4665/07, proposto dal prof. Angelo Maria Petroni, rappresentato e difeso dagli avv.ti Anna Romano e Filippo Satta, presso il cui studio legale in Roma, via G.P. da Palestrina n. 47, è elettivamente domiciliato,


 


contro


 


la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, ed il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, sono per legge domiciliati, nonché


 


nei confronti


 


della R.A.I. Radiotelevisione Italiana s.p.a., in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Rubens Esposito, Pierluigi Lax e Cinzia Pistoleri e con questi elettivamente domiciliata presso i propri uffici legali in Roma, viale Mazzini n. 14,


 


della SIAE, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio, e


 


del dott. F. F., non costituito in giudizio,


 


per l'annullamento, previa sospensiva,


 


della nota del Presidente del Consiglio, indirizzata al Presidente della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi; della nota con cui si preannunciava e condivideva l’intendimento del Ministero dell’economia di sostituire il prof. Petroni quale consigliere di amministrazione della R.A.I.; della nota del Ministro dell’economia e delle finanze inviata al Presidente del Consiglio, trasmessa alle agenzie di stampa in data 12 maggio 2007, con lo stesso oggetto e conosciuta nella stessa circostanza; della determinazione del Ministro dell’economia e delle finanze con la quale è stata disposta la revoca e la sostituzione del prof. Petroni quale consigliere di amministrazione della R.A.I. e sono state impartite le conseguenti direttive al Direttore generale del Dipartimento del tesoro del Ministero dell’ economia e delle finanze; della nota del suddetto Direttore generale dell’11 maggio 2007 con la quale, in esecuzione delle istruzioni ricevute dal Ministro, è stato ordinato al Presidente del Consiglio di amministrazione e al Presidente del Collegio sindacale della R.A.I. di convocare senza indugio l’Assemblea ordinaria dei soci ai sensi dell’art. 2367 cod. civ., con il seguente ordine del giorno: "1. Revoca di un amministratore e nomina di un nuovo amministratore della società"; di ogni altro atto antecedente, conseguente e comunque connesso, anche se non conosciuto dal ricorrente, e in particolare: a) del telegramma n. 156 dell’11 maggio 2007, con il quale il Presidente della R.A.I. ha convocato il Consiglio di amministrazione per il 16 maggio 2007 per deliberare in ordine alla convocazione dell’Assemblea ordinaria dei soci ai sensi dell’art. 2367 cod. civ., con un solo tema all’ordine del giorno, e cioè la "re-voca di un amministratore e la nomina di un nuovo amministratore della società"; b) della conseguente delibera del Consiglio di amministrazione della R.A.I. del 16 maggio 2007, approvata ai sensi degli artt. 24, quarto comma, dello Statuto societario e 4, primo comma, del Regolamento dei lavori consiliari, con la quale è stata convocata l’Assemblea dei soci per la revoca di un amministratore e la nomina di un nuovo amministratore per il 4 giugno p.v. in prima convocazione e per il 5 giugno in seconda convocazione, nonché


 


per il risarcimento del danno subito per effetto degli atti illegittimi posti in essere.


 


Visto l’atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’economia e delle finanze;


 


Visto l’atto di costituzione in giudizio della R.A.I. Radiotelevisione Italiana s.p.a.;


 


Visto il primo atto di motivi aggiunti, notificato dal ricorrente il 10 agosto 2007;


 


Visto il secondo atto di motivi aggiunti, notificato dallo stesso ricorrente il 25 settembre 2007;


 


Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a sostegno delle rispettive difese;


 


Visti gli atti tutti della causa;


 


Relatore alla pubblica udienza dell’8 novembre 2007 il Consigliere Giulia Ferrari; uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;


 


Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:


 


FATTO


 


1. Con ricorso notificato in data 28 maggio 2007 e depositato lo stesso giorno, il prof. Angelo Maria Petroni impugna gli atti in epigrafe indicati e ne chiede l’annullamento.


 


Espone, in fatto, di essere stato nominato consigliere di amministrazione della R.A.I. nell’assemblea dei soci del 31 maggio 2005, a seguito di scelta effettuata dal Ministro pro tempore dell’economia e delle finanze. A fronte di un persistente disaccordo dei consiglieri di amministrazione sulla gestione dell’azienda R.A.I. e su nomine da fare, il Governo ha deciso di intervenire, e lo ha fatto, con i provvedimenti impugnati, revocando l’ unico consigliere indicato dal Ministro dell’economia e delle finanze (al secondo, parimenti indicato da detto Ministro, spetta infatti ex art. 49, commi 9 e 10 d.lgs. 31 luglio 2005 n. 177 la carica di Presidente dell’ organo collegiale previo parere favorevole della Commissione parlamentare per l’ indirizzo e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi).


 


2. - Avverso i predetti provvedimenti, in quanto illegittimamente adottati e ingiustamente lesivi della sua sfera giuridica e morale, il ricorrente è insorto innanzi a questo Tribunale chiedendone l’ annullamento e contestualmente proponendo un’azione per il risarcimento dei danni patrimoniali e morali sofferti.


 


In via preliminare ha affermato la giurisdizione del giudice adito, sul rilievo che è impugnata la direttiva del Ministro dell’economia e delle finanze al Consiglio di amministrazione della R.A.I., per il tramite di un Direttore generale del suo Dicastero, volta ad ottenere la revoca del ricorrente dall’incarico di amministratore della R.A.I.


 


Ha aggiunto che detta direttiva è immediatamente lesiva sia perché vincolante per il suddetto Direttore generale sia perché, possedendo il Ministero il 99,56% delle azioni della s.p.a. RAI, una volta che il Consiglio di amministrazione abbia convocato l’Assemblea dei soci (per il 4 giugno in prima convocazione e per il 5 giugno in seconda convocazione), l’esito della seduta è da ritenersi scontato.


 


Avverso i provvedimenti impugnati il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:


 


a) Violazione dell’art. 49 D.L.vo n. 177 del 2005[1]- Eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento. E’ illogico e contraddittorio sostituire il Prof. Petroni a causa dell’asserita grave e allo stato insanabile situazione di conflittualità venutasi a creare all’interno del Consiglio di amministrazione della s.p.a. R.A.I., nonché tra detto organo ed il direttore generale della società, dopo aver formalmente dichiarato innanzi alla Commissione parlamentare che alcun fatto specifico e alcuna personale responsabilità è addebitabile al ricorrente;


 


b) Violazione art. 49 D.L.vo n. 177 del 2005 e difetto assoluto di motivazione - Eccesso di potere per sviamento sotto un diverso profilo. Il Testo Unico della radiotelevisione, approvato con D.L.vo n. 177 del 2005, richiede esplicitamente (art. 49) che la revoca di un amministratore deve essere preceduta da una delibera della Commissione parlamentare di indirizzo e vigilanza, delibera che invece, ad avviso del Ministro dell’economia, non sarebbe necessaria perché im-posta dall’art. 49, ottavo comma, cioè da norma non espressamente richiamata fra quelle applicabili anche nel regime transitorio così come individuato dal decimo comma dello stesso art. 49. Sempre ad avviso del Ministro, come si evince dal resoconto all’audizione dinanzi alla suddetta Commissione parlamentare, durante il predetto regime transitorio il consigliere designato dallo stesso Ministro può essere revocato ad nutum semplicemente adducendo un generico venir meno del rapporto fiduciario che deve necessariamente sussistere fra designante e designato. Tale interpretazione della normativa di riferimento sarebbe però, ad avviso del ricorrente, condivisibile solo se la R.A.I. fosse governata e governabile secondo dinamiche esclusivamente societarie. Invece per la R.A.I. le disposizioni codicistiche trovano applicazione solo in quanto non sia diversamente previsto dalla legge speciale, e ciò in considerazione del ruolo di concessionario ex lege del servizio pubblico svolto dalla stessa R.A.I.


 


c) Con specifico riferimento all’inconfigurabilità di un rapporto fiduciario tra il Ministro dell’economia e delle finanze e amministratori della R.A.I.: violazione di legge per violazione e falsa applicazione dell’art. 49, commi 7 e 9, D.L.vo n. 177 del 2005 e dell’art. 20, commi 7 e 9, L. n. 112 del 2004 [2]. L’azione posta in essere dal Ministro dell’economia è illegittima perché radicata su un presupposto escluso dalle norme di riferimento. Ed infatti, se è vero che il potere di nomina di un organo implica di norma un potere di revoca, sussistono anche ipotesi in cui tale potere non è previsto, come nel caso di nomina a cariche che richiedono, per espressa previsione normativa, garanzie di indipendenza ed imparzialità, ipotesi, questa, che ricorre nel caso in esame.


 


d) Violazione di legge per violazione e falsa applicazione artt. 49, commi 7 e 9, D.L.vo n. 177 del 2005 e 20, commi 7 e 9, L. n. 112 del 2004 - Assenza di direttive o istruzioni - Eccesso di potere per difetto del presupposto. In subordine, anche ad ammettere l’ esistenza di un rapporto fiduciario tra il Ministro designante e il consigliere di amministrazione da lui indicato per la nomina, resta comunque assorbente ed insuperabile il fatto che non esiste alcuna prova della intervenuta "rottura" di tale rapporto. Infatti, come correttamente dichiarato dallo stesso Ministro nel corso dell’ audizione di cui si è detto, il ricorrente non ha mai ricevuto da lui direttive, indicazioni, suggerimenti o istruzioni sul modo in cui esercitare le proprie competenze in seno al Consiglio di amministrazione, con la conseguenza che non può il Ministro dedurre un’asserita rottura del rapporto fiduciario non essendosi mai verificata occasione, per il Consigliere Petroni, di dover dimostrare di aver meritato tale fiducia.


 


e) Violazione di legge per violazione e falsa applicazione degli artt. 49, commi 7 e 9, D.L.vo n. 177 del 2005 e 20, commi 7 e 9, L. n. 112 del 2004 - Inesistenza di un potere di revoca. L’esistenza di un potere di revoca deve intendersi escluso anche dalle norme speciali di riferimento, almeno nell’attuale assetto societario, regolato in via transitoria dall’art. 20, comma 9, L. n. 112 del 2004 (confluito nell’art. 49, nono comma, D.L.vo n. 177 del 2005, che può definirsi di parziale privatizzazione).f) In subordine, con specifico riferimento all’ omesso ricorso alla Commissione di vigilanza: violazione di legge per violazione e falsa applicazione degli artt. 49, commi 7 e 9, D.L.vo n. 177 del 2005 e 20, commi 7 e 9, L. n. 112 del 2004 - Eccesso di potere per sviamento - Ingiustizia grave e manifesta. Indipendentemente dai motivi che depongono a favore dell’irrevocabilità del Prof. Petroni da membro del Consiglio di amministrazione della R.A.I., la decisione del Ministro dell’economia è comunque in contrasto con la legge in quanto è avvenuta senza che sia stato previamente acquisito il parere favorevole della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. E’ infatti sempre la Commissione che deve deliberare la revoca, a prescindere dal fatto che l’amministratore, confluito nella lista unica, sia stato designato da essa o dal Ministro.


 


g) Violazione di legge per violazione e falsa applicazione dell’art. 6 L. n. 145 del 2002. La determinazione impugnata viola anche la disciplina del cd. spoil system dettata dall’art. 6 L. n. 145 del 2002, che prevede la facoltà per il Governo di revocare le nomine degli organi di vertice e dei consigli di amministrazione anche delle società controllate o partecipate dallo Stato, conferite nei sei mesi antecedenti la scadenza naturale della legislatura ovvero nel mese antecedente lo scioglimento anticipato delle Camere. L’applicazione dello spoil system alle società controllate dallo Stato, quale è la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, resta dunque condizionata da detti presupposti che, nella specie, sono stati del tutto disattesi.


 


h) Sviamento di potere - Discriminazione - Carenza di motivazione - Illogicità e ingiustizia manifesta. La determinazione ministeriale impugnata è affetta da evidente sviamento atteso che la rimozione del ricorrente è solo il pretesto per costituire, all’ interno del Consiglio di amministrazione della RAI, una nuova maggioranza più gradita all’ attuale Governo. Si tratta, ad avviso del ricorrente, di un atto sviato dalla funzione sua propria perché finalizzato al raggiungimento di scopi di chiara natura politica.


 


i) Violazione artt. 3, 7 e 8 L. n. 241 del 1990 - Carenza di istruttoria - Carenza di motivazione - Mancata comunicazione di avvio del proce-dimento - Incompetenza. Il procedimento relativo alla designazione del Consigliere di amministrazione da parte del Ministro dell’economia e delle finanze è un vero e proprio procedimento amministrativo, sebbene gli atti conclusivi assumano forma privatistica. Segue da ciò che illegittimamente non è stato comunicato al ricorrente l’avviso di avvio del procedimento, che non può essere sostituito con la nota che invita il Presidente del Consiglio di amministrazione a procedere alla sua convocazione.


 


Aggiungasi che i provvedimenti impugnati sono carenti sia di un’adeguata istruttoria che di un’appropriata motivazione.


 


3. Con un primo atto di motivi aggiunti, notificato il 10 agosto 2007 e depositato lo stesso giorno, il ricorrente impugna la nota con la quale il Ministro ha dato disposizioni al Direttore generale del Dipartimento del tesoro per la convocazione urgente del Consiglio di amministrazione della R.A.I. al quale affidare il compito di convocare, a sua volta, l’assemblea per deliberare la revoca e la sostituzione del Prof. Petroni quale Consigliere di amministrazione della R.A.I.; la nota del 2 agosto del suddetto Direttore generale indirizzata al Presidente della R.A.I. ed al Presidente del Collegio sindacale nonché i conseguenti atti esecutivi da essi adottati per la convocazione del Consiglio di amministrazione della RAI; la convocazione di detto Consiglio per l’8 agosto 2007, per deliberare la convocazione dell’assemblea dei soci; la seconda convocazione del suddetto Consiglio, dopo che la prima convocazione era andata deserta, con identico oggetto e finalità.


 


Ricorda il ricorrente che i provvedimenti impugnati con l’atto introduttivo del giudizio sono stati sospesi dal T.A.R. Lazio, con ordinanza 2716 del 7 giugno 2007, a conclusione di una favorevole definizione, sotto il profilo del fumus boni juris, dei motivi con esso dedotti. Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 4039 del 31 luglio 2007, ha accolto l’appello sul solo presupposto della mancanza di un danno attuale e irreparabile che potesse giustificare la concessione dell’invocata misura cautelare.


 


Di conseguenza il giorno successivo a quello di pubblicazione di detta ordinanza il Ministro si è affrettato a rinnovare al Direttore generale del dipartimento del tesoro le disposizioni già impartite per la immediata convocazione del Consiglio di amministrazione della R.A.I., onde quest’ ultimo convocasse a sua volta l’assemblea dei soci ( id est lo stesso Ministro e la SIAE) perché deliberasse la revoca e la sostituzione del prof. Petroni quale Consigliere di ammini-strazione della R.A.I. Essendo andata deserta, per mancanza del numero legale, la seduta dell’8 agosto il Consiglio di amministrazione è stato riconvocato per il 20 agosto. La data ipotizzata per l’assemblea, che dovrà dare esecuzione alle indicazioni del Ministro rimuovendo il ricorrente, cade nei primi giorni di settembre.


 


4. Avverso i predetti provvedimenti il ricorrente è insorto deducendo sia vizi propri che di illegittimità derivata dagli atti che essi reiterano.


 


a) Per quanto attiene ai vizi propri, rileva innanzi tutto che indubbiamente medio tempore è venuta meno la situazione di stallo che il Ministro aveva riscontrato nel funzionamento degli organi della R.A.I., e che lo avevano indotto a rimuovere il Prof. Petroni, con la conseguenza che la revoca del ricorrente non avrebbe allo stato alcun supporto motivazionale.


 


b) La circostanza che il Ministro, pur essendo venute meno le ragioni che lo avevano indotto, una prima volta, a revocare il ricorrente dall’incarico di Consigliere di amministrazione della R.A.I., abbia perseguito nell’intento dimostra ancora di più che i provvedimenti impugnati sono viziati da eccesso di potere per sviamento, essendo preordinati al raggiungimento di obiettivi di natura prettamente politica.


 


c) Il ricorrente ripropone i motivi già dedotti nell’atto introduttivo del giudizio nonché la richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali e morali sofferti.


 


5. Con un secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 25 settembre 2007 e depositato il successivo 28 settembre, il ricorrente impugna: la delibera dell’assemblea generale ordinaria degli azionisti della R.A.I. del 10 settembre 2007, con la quale è stata disposta la sua revoca dalla carica di consigliere di amministrazione della R.A.I. e la sua sostituzione con il dott. F. F.; l’avviso pubblicato sulla G.U.R.I. - Foglio delle inserzioni n. 98 del 23 agosto 2007, per la convocazione della suddetta assemblea per il giorno 10 settembre 2007 in prima convocazione e per il successivo 11 settembre in seconda convocazione, per discutere e deliberare sul seguente ordine del giorno "revoca di un amministratore e nomina di un nuovo amministratore della società"; il verbale della riunione del 20 agosto 2007, con cui i sindaci della Rai hanno disposto la convocazione della suddetta assemblea dopo che nei due consigli di amministrazione dell’8 e del 20 agosto u.s. non era stato raggiunto il numero legale per deliberare validamente; la convocazione del Consiglio di amministrazione della R.A.I. per l’8 e il 20 agosto 2007, per deliberare la convocazione dell’Assemblea dei soci, con il predetto oggetto; la nota del 2 agosto 2007 a firma del Direttore generale del tesoro, indirizzata al Presidente della Rai ed al Presidente del collegio sindacale nonché i conseguenti atti esecutivi da essi adottati per la convocazione del Consiglio di amministrazione; gli altri atti del procedimento, allo stato non conosciuti, con particolare ma non esclusivo riferimento ad eventuali deliberazioni e comunicazione del Ministro dell’economia e delle finanze aventi il medesimo oggetto.


 


Il ricorrente espone, in fatto, che in esecuzione delle indicazioni impartite dal Ministro dell’economia il Presidente della R.A.I. ha convocato per l’8 agosto il Consiglio di amministrazione della società affinché deliberasse la convocazione dell’Assemblea ordinaria dei soci che avrebbero dovuto rimuoverlo dall’ incarico. Non essendosi formato l’8 giugno il quorum legale il Consiglio di amministrazione è stato convocato una seconda volta il 20 agosto, ma neanche in quella data è stato raggiunto il numero legale. L’assemblea è stata infine convocata dai sindaci della società, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, per il giorno 10 settembre in prima convocazione. Nella riunione tenutasi in tale data l’Assemblea ordinaria degli azionisti R.A.I. ha deliberato la revoca dell’ incarico nei confronti del ricorrente e la sua sostituzione, nella qualità di consigliere di ammini-strazione della s.p.a. RAI, con il dott. F. F..


 


Avverso detti provvedimenti il ricorrente ripropone i motivi già dedotti con l’atto introduttivo del giudizio e con il primo atto di motivi aggiunti, facendo riserva di quantificare i danni subiti per effetto degli atti illegittimamente adottati nei suoi confronti.


 


6. Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio di Ministri e il Ministero dell’economia e delle finanze, che hanno preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito mentre nel merito hanno sostenuto l’infondatezza del ricorso.


 


7. Si è costituita in giudizio la R.A.I. Radiotelevisione Italiana s.p.a., che ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito mentre nel merito ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.


 


8. La S.I.A.E. non si è costituita in giudizio.


 


9. Il dott. F. F. non si è costituito in giudizio.


 


10. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.


 


11. Con ordinanza n. 2716 del 7 giugno 2007 - riformata dalla IV Sez. del Consiglio di Stato con ordinanza n. 4039 del 31 luglio 2007 solo per carenza di un danno attuale - è stata accolta l’istanza cautelare di sospensiva presentata con l’atto introduttivo del giudizio.


 


12. Con ordinanza n. 981 del 31 agosto 2007 è stata respinta l’istanza cautelare di sospensiva presentata con il primo atto dei mo-tivi aggiunti ed è stata nel contempo fissata l’udienza di merito per l’8 novembre 2007.


 


13. All’udienza dell’8 novembre 2007 il ricorrente ha dichiarato di rinunciare alla censura, di violazione degli artt. 3, 7 e 8 L. n. 241 del 1990,. dedotta nell’ atto introduttivo del giudizio, in ragione del suo preminente interesse a che la controversia in atto sia definita nel merito. Nell’ accordo delle parti presenti all’ udienza la causa è stata quindi trattenuta per la decisione.


 


DIRITTO


 


1. Nel costituirsi in giudizio sia la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’economia e delle finanze che la R.A.I. Radiotelevisione italiana s.p.a. hanno dedotto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ma hanno affidato le rispettive eccezioni ad argomentazioni di segno diverso.


 


La Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell’economia e delle finanze hanno sostenuto la natura politica degli atti impugnati e la conseguente loro insindacabilità. Hanno aggiunto che, ove pure si dovessero ritenere sindacabili in sede giurisdizionale perché, pur avendo la predetta natura, si traducono in atti formalmente disciplinati dall’ordinamento, essi sarebbero comunque impugnabili secondo le regole che definiscono il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo. Pertanto nel caso in esame gli atti impugnati con l’atto introduttivo del giudizio avrebbero dovuto essere sottoposti al sindacato del giudice ordinario perché propedeudici e funzionali all’assunzione di determinazioni (id est, la revoca dell’incarico al Consigliere Petroni) incidenti su posizioni di diritto soggettivo.


 


La R.A.I. Radiotelevisione italiana s.p.a. ha a sua volta eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento sia alla natura giuridica soggettiva della resistente, trattandosi di società commerciale a capitale azionario, sia a quella oggettiva degli atti sottoposti a impugnativa, che avrebbero sicura matrice privatistica al pari degli effetti che ne derivano.


 


2. Osserva il Collegio che elemento comune alle due eccezioni è l’ interesse dei soggetti che le propongono di sottrarre gli atti impugnati al sindacato del giudice della legittimità, ma le vie percorse per raggiungere questo risultato sono differenti: gli atti impugnati con l’atto introduttivo del giudizio non sarebbero sindacabili da questo giudice o perché, insinuandosi in una vicenda societaria, avrebbero natura privatistica o perché, all’opposto, avrebbero una tale valenza pubblicistica da proporsi come atti politici.


 


L’ opzione fra le due tesi è rimessa al giudice adito.


 


Principiando dall’ eccezione mossa dalla s.p.a. R.A.I. giova ricordare che con l’atto introduttivo del giudizio è stata impugnata, tra l’altro, la direttiva (dell’11 maggio 2007) impartita dal Ministro dell’economia e delle finanze al Consiglio di amministrazione della R.A.I., per il tramite del Direttore generale del Dipartimento del tesoro ed intesa a provocare la revoca del ricorrente dall’incarico di amministratore della società.


 


Anche a voler prescindere dal particolare ruolo svolto nell’ordinamento dalla R.A.I. Radiotelevisione Italiana s.p.a. - che non solo è una società di cui il Ministero dell’economia e delle finanze è azionista per il 99,56% ma è anche e soprattutto la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo - è assorbente la considerazione che gli atti impugnati con l’atto introduttivo del giudizio non sono, né per il soggetto che li ha adottati né per il loro stesso contenuto, di matrice privatistica.


 


E’ agevole infatti osservare che la direttiva in questione è emanata da un Ministro e che la qualificazione pubblicistica di detto organo e dei poteri autoritativi che nella vicenda in esame ha esercitato non viene meno per il solo fatto di aver dichiarato di agire quale socio della s.p.a. R.A.I.


 


Ciò chiarito - e passando all’esame della stessa eccezione di difetto di giurisdizione nei diversi termini in cui è stata prospettata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’economia e delle finanze - si tratta di verificare se il particolare contenuto di detta direttiva ed il soggetto "pubblico" che l’ha emanata rendono la stessa un atto politico, insindacabile in quanto tale in sede giurisdizionale.


 


Ricorda il Collegio che l'art. 31 T.U. 26 giugno 1924 n. 1054 escludeva dal sindacato del giudice amministrativo l'atto politico, avendolo individuato come l’atto o il provvedimento emanato dal Governo nell'esercizio del potere politico. L’atto politico - che la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione (24 settembre 1953 n. 3053; 25 giugno 1993 n. 7075) ha ritenuto non inquadrabile tra gli atti materialmente amministrativi, in quanto emesso nell'esercizio di una funzione diversa - è dunque connotato da due elementi, uno soggettivo (dovendo provenire da organo preposto all'indirizzo e alla direzione al massimo livello della cosa pubblica) e l’altro oggettivo (dovendo riguardare la costituzione, la salvaguardia e il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordina-ta applicazione) (Cons.Stato, IV Sez., 12 marzo 2001 n. 1397).


 


Codificando il cit. art. 31 un'ipotesi eccezionale di sottrazione di atti al sindacato giurisdizionale lo stesso, in applicazione del principio costituzionale di cui all'art. 113 Cost., costituisce disposizione di stretta interpretazione, con la conseguenza che perché un determinato atto possa essere considerato "politico" devono necessariamente e contestualmente concorrere entrambi i predetti presupposti. E’ dunque necessario che si tratti di atto o provvedimento emanato "dal Governo", e cioè dall'Autorità amministrativa cui compete la funzione di indirizzo politico e di direzione al massimo livello della cosa pubblica, e "nell'esercizio di potere per sua natura politico", anziché nell'esercizio di attività meramente amministrativa.


 


Ancora più di recente è stato chiarito (Cons.Stato, V Sez., 23 gennaio 2007 n. 209) che il principio della tutela giurisdizionale contro gli atti dell’Amministrazione pubblica (art. 113 Cost.) ha portata generale e coinvolge, in linea di principio, tutte le Amministrazioni anche di rango elevato e di rilievo costituzionale, con la conseguenza che le deroghe a simile principio devono necessariamente trovare il loro supporto in norme di carattere costituzionale. Non sono quindi, per i loro caratteri intrinseci, soggetti a controllo giurisdizionale solo un numero estremamente ristretto di atti con cui si realizzano scelte di specifico rilievo costituzionale e politico; atti che non sarebbe corretto qualificare come amministrativi e in ordine ai quali l'intervento del giudice determinerebbe un'interferenza del potere giudiziario nell'ambito di altri poteri (in termini v. Cass. civ., SS.UU., 18 maggio 2006 n. 11623).


 


Nel caso in esame - e la puntualizzazione appare necessaria al fine di riportare la vicenda contenziosa nei suoi esatti confini - il Collegio è chiamato a decidere sul ricorso proposto da un soggetto che assume di essere stato illegittimamente leso nella sua sfera personale, patrimoniale e morale in quanto privato, per iniziativa di un Ministro, di un incarico prestigioso senza che nessuno specifico addebito gli fosse stato mai mosso sul modo con il quale aveva svolto le relative funzioni, ma solo per precostituire le condizioni per realizzare una nuova maggioranza, di diverso colore politico, all’ interno dell’organo collegiale di cui faceva parte.


 


Secondo l’impostazione data dal ricorrente alla difesa delle proprie ragioni lo scopo perseguito dal Ministro è indubbiamente politico (sostituire la maggioranza costituita dal precedente Governo con altra gradita dal nuovo Governo succeduto al primo), ma lo strumento che con palese sviamento di potere ha utilizzato a tal fine è di chiara natura amministrativa.


 


Visti gli atti di causa ed esaminata l’amplissima documentazione che le parti in causa hanno versato in giudizio il Collegio ritiene che il problema afferente all’individuazione del giudice competente a definire la controversia deve essere risolto assumendo come termine di riferimento la natura del rapporto giuridico che lega il Ministero dell’economia e delle finanze alla s.p.a. R.A.I., nella qualità di "concessionaria di un pubblico servizio" di altissimo rilievo e in larghissima misura finanziato dalla collettività mediante l’imposizione di un canone al quale in più occasioni il giudice delle leggi ha assegnato natura di vera e propria "tassa".


 


Nell’ambito di un rapporto concessorio, quale è indubbiamente quello di cui si discute, la giurisprudenza del giudice amministrativo è pacifica nel riconoscere al concedente la possibilità di procedere alla revoca della concessione e, quindi, anche della nomina di un soggetto incaricato insieme ad altri del suo esercizio, se finalizzato a rimuovere nell’interesse generale un intollerabile ostacolo al corretto funzionamento del servizio stesso. La revoca è peraltro illegittima, per sviamento di potere, se utilizzata per scopi che non hanno nulla a che vedere con le regole di buona e trasparente amministrazione della cosa pubblica, ma perseguono solo gli interessi di un determinato schieramento politico.


 


La preminenza dell’interesse pubblico alla revoca della concessione o anche del singolo soggetto individuato come responsabile del riscontrato dissesto giustifica, sempre secondo la suddetta giurisprudenza, l’affidamento della controversia al sindacato del giudice della legittimità.


 


3. Una volta dimostrata la competenza di questo giudice a verificare la conformità a regole di diritto dell’impugnata direttiva dell’11 maggio 2007, avendo la stessa al più natura di atto di alta amministrazione, e prima di passare all’esame dei diversi motivi di censura avverso la stessa rivolti dal ricorrente, il Collegio ritiene necessario accertare la portata immediatamente lesiva della stessa e, quindi, l’ammissibilità, anche sotto questo punto di vista, del ricorso.


 


E’ noto che la s.p.a. R.A.I. è una società di cui il Ministero dell’economia e delle finanze è azionista per il 99,56% (il restante 0,44% è in mano alla S.I.A.E.). Tale essendo la situazione in fatto da essa deriva, come logica conseguenza, che una volta che il Ministro dell’economia chieda a un suo Direttore generale di far convocare il Consiglio di amministrazione perché, a sua volta, convochi l’Assemblea dei soci per la revoca di un amministratore, l’effetto a catena è assicurato. Il Direttore generale è obbligato a chiedere al Presidente della R.A.I. la convocazione del Consiglio di amministrazione perché questi convochi, a sua volta, l’Assemblea dei soci per la quale, stante la quasi totalità delle azioni in mano al Ministero dell’economia (99,56), la revoca diventa una mera formalità.


 


Né si potrebbe ritenere che l’interesse, indubbiamente esistente al momento della proposizione dell’atto introduttivo del giudizio, è successivamente venuto meno per essere medio tempore intervenuta la delibera assembleare di revoca, l’unica rispetto alla quale sussisterebbe un interesse concreto ed attuale ad agire in sede giurisdizionale. Anticipando quanto sarà di seguito meglio chiarito, non può essere negato tale interesse ove, come nella specie, l’annullamento dell’atto impugnato abbia un effetto automaticamente caducante dell’atto successivo che in esso aveva l’unico suo presupposto. Il provvedimento "a monte", ove costituente il presupposto unico e determinante di quello successivo, colpisce e travolge automaticamente la determinazione "a valle" anche in assenza di apposita pronuncia giudiziale in merito, e dunque senza necessità di un’autonoma impugnazione ancorché sia palese il carattere autonomamente lesi-vo dell’atto sopravvenuto (Cons.Stato, Sez. V, 30 aprile 2003 n. 2245).


 


4. Ciò chiarito, e passando all’esame del merito, il Collegio deve innanzi tutto dare atto che nel corso dell’ udienza di discussione il ricorrente ha dichiarato di rinunciare all’ultimo motivo di censura, dedotto nell’atto introduttivo del giudizio e nella via dei motivi aggiunti, e volto a denunciare la violazione delle garanzie partecipative assicurate dalla L. 7 agosto 1990 n. 241.


 


5. Nella disamina degli altri motivi di ricorso occorre principiare da quelli con i quali si deduce la mancanza, in capo al Ministro, di un potere di revoca del Consigliere di amministrazione R.A.I. designato dallo stesso Ministro per poi verificare se tale potere, ove effettivamente sussistente, è stato in concreto correttamente esercitato.


 


Il ricorrente esclude che il Ministro dell’economia abbia tale potere di revoca, in primo luogo perché lo stesso non è espressamente previsto dalla normativa di riferimento, e ciò a garanzia e tutela dell’indipendenza ed imparzialità delle funzioni svolte dal consigliere di amministrazione (connotati espressamente richiamati dall’art. 20, quarto comma, L. 3 maggio 2004 n. 112), la cui libertà decisionale sarebbe gravemente compromessa se egli dovesse essere tenuto a rispondere, di volta in volta, alle aspettative e agli orientamenti di un indirizzo politico contingente.


 


Aggiunge ancora il ricorrente che nell’attuale quadro normativo, che vede la R.A.I. quasi completamente partecipata dal Ministero dell’economia (99,56%), non è invocabile la previsione, in tema di revoca, dettata dall’ottavo comma dell’art. 20 (nonché dall’ottavo comma dell’art. 40 T.U. 31 luglio 2005 n. 117), che entrerà in vigore solo al termine della fase transitoria, e cioè il novantesimo giorno successivo alla data di chiusura della prima offerta pubblica di vendita delle azioni R.A.I. ex art. 21, terzo comma, della stessa legge.


 


Il Collegio ritiene di aver già dato risposta al problema nel definire la questione di giurisdizione, e cioè riportando la vicenda nella logica di un rapporto concessorio fra Ministero e s.p.a. R.A.I., e quindi da interpretare secondo le regole che presiedono a tale rapporto e ai poteri, anche revocatori, di cui dispone l’Amministrazione concedente nei confronti del privato al quale è strato affidato, per concessione, l’esercizio di un pubblico servizio.


 


In ogni caso le osservazioni del ricorrente, oltre a non essere pertinenti, non sono neppure condivisibili in linea generale.


 


L’asserita irrevocabilità dalla carica di consigliere di amministrazione della R.A.I. non può essere desunta dal fatto che per la relativa designazione l’art. 49, quarto comma, T.U. n. 117 del 2005 richiede il possesso degli stessi requisiti richiesti per la nomina a giudice costituzionale o che si tratti di soggetto di notoria competenza professionale e di indiscussa indipendenza di giudizio. Si tratta, con evidenza, di un rinvio, ob relationem, ai requisiti soggettivi che il giudice costituzionale (e, quindi, il consigliere di amministrazione) deve possedere per essere nominato ma che certamente non attribuisce a quest’ ultimo una posizione di inamovibilità quali che siano le vicende nelle quali, nel corso dell’incarico, potrebbe essere coinvolto. E’ innanzi tutto il comune buon senso, prima ancora che la mancanza di una norma che disponga nella direzione indicata dal ricorrente, che induce a disattendere la tesi proposta.


 


Né quest’ultima potrebbe trovare conferma, come invece sostiene il ricorrente, nell’ottavo comma dell’art. 49 T.U. n. 177 del 2005 (e nell’art. 20, ottavo comma, L. n. 112 del 2004), il quale menziona la possibilità di revoca, con riferimento al periodo, successivo alla fase transitoria, di avvenuta privatizzazione della R.A.I. s.p.a. con la dismissione delle azioni in mano pubblica.


 


In linea generale la revoca è, infatti, intrinseca nel potere di nomina ove questa non sia rigidamente vincolata al rispetto di regole fisse e predeterminate ma rimessa alla libera scelta del nominante. Si vuol cioè dire che l’organo pubblico, che ex lege è autorizzato a conferire un incarico sulla base di un rapporto fiduciario con il soggetto da designare, può sempre motivatamente revocarlo adducendo e documentando fatti o accadimenti che ragionevolmente giustificano il venir meno della fiducia, salvo che detta possibilità non sia espressamente esclusa dalla norma attributiva del potere di nomina.


 


Tale espressa preclusione manca nel caso in esame, con la conseguenza che la revoca si deve ritenere implicitamente ammessa ed a prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto intercorrente fra Ministero e R.A.I., di cui si è detto sub 2).


 


6. E’ invece fondata, perché adeguatamente documentata, la censura di carenza dei presupposti e di sviamento di potere dedotta dal ricorrente sul rilievo che lo stato di stallo, in cui versava il Consiglio di amministrazione della R.A.I. all’epoca dell’adozione della prima direttiva, costituisce un pretesto addotto dal Ministro per capovolgere l’attuale rapporto fra maggioranza e minoranza all’interno dell’ organo collegiale ed assicurare la maggioranza alla componente che, pur essendo minoritaria, è rappresentativa delle forze politiche che sostengono l’attuale compagine governativa.


 


La riprova inoppugnabile della fondatezza della tesi attorea è nel resoconto stenografico della seduta del 16 maggio 2007 dinanzi alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.


 


Qualche esempio renderà di immediata evidenza la correttezza di tale conclusione.


 


Nel corso dell’audizione il Ministro dell’economia ha affermato (pag. 9) che una complessiva analisi degli accadimenti verificatisi in seno al Consiglio di amministrazione della R.A.I., "porta a concludere che la responsabilità di questa situazione di grave criticità creatasi non è ascrivibile ad un singolo consigliere, piuttosto all’intero organo gestionale della società per azioni. Se la R.A.I. fosse stata soggetta al semplice regime civilistico proprio della società per azioni avrei assunto le mie decisioni nei confronti dell’intero Consiglio. Avuti presenti i vincoli derivanti dalla norma speciale di riferimento e dallo Statuto della R.A.I. ho potuto ed ho inteso attivare l’unica iniziativa che rientrasse nelle mie esclusive prerogative per cercare di ristabilire un corretto funzionamento dell’organo collegiale".


 


Ad una domanda rivoltagli da un componente della Commissione il Ministro ha risposto (pag. 13) "a mio giudizio la disfunzione è dell’intero consiglio di amministrazione. Lo ripeto: dell’intero consiglio di amministrazione …. So perfettamente che, in una società per azioni, l’azionista non dà ordini al consigliere: lo nomina, e questo opera in indipendenza, per il bene dell’azienda. Io non ho mai chiesto al Professor Petroni di comportarsi in un particolare modo. Il motivo per cui in questo caso ho agito non ha a che vedere con i contenuti del suo modo di votare o non votare nelle sedute del Consiglio".


 


Ancora, all’invito del Presidente della Commissione perché rispondesse alla domanda di altro commissario se, dunque, "uno paga per tutti, laddove un consiglio intero non funziona", il Ministro risponde "non avevo mezzi utili per operare sugli altri membri del consiglio" (pag. 19).


 


Ma, anche a prescindere dalla circostanza, che pure assume un rilievo non trascurabile nella complessiva valutazione del modus operandi del Ministro, che non risulta che questi abbia fatto alcuna verifica in ordine alla possibilità di risolvere in altro modo il problema insorto all’interno del Consiglio di amministrazione, ritiene il Collegio contraddittorio che il Ministro da un lato riconosca espressamente che la disfunzione del Consiglio di amministrazione della R.A.I. è da imputare all’intero organo collegiale e non al solo prof. Petroni e dichiari di non aver mai chiesto a quest’ultimo di adottare iniziative che questi si sarebbe rifiutato di condividere e al tempo stesso, e ciò nonostante, ritenga di poter legittimamente risolvere le problematiche della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo revocando il mandato allo stesso Consigliere Petroni.


 


Aggiungasi che sembra per lo meno difficile ipotizzare di poter risanare la situazione della R.A.I. sostituendo un solo consigliere - al quale, si ripete, nulla è mai stato imputato (e che, anzi, lo stesso Ministro dice di conoscere da anni, di stimare in quanto persona di qualità: pag. 13) - con altro scelto dal Ministro ma con il quale egli afferma di non voler istituire un’interlocuzione continua, così come non aveva fatto con il prof. Petroni, limitandosi "a suggerirgli l’indicazione di operare con coscienza e competenza come membro di un collegio, affinché l’azienda funzioni".


 


In altri termini, ritiene il Collegio difficile ipotizzare un cambiamento nel funzionamento del Consiglio di amministrazione della R.A.I. sostituendo il prof. Petroni – il quale, come si è detto, è considerato dal Ministro un serio e preparato professionista, che non ha mai "disobbedito" a sue richieste perché mai alcuna richiesta gli è stata rivolta – con altro professionista, bravo e preparato, al quale egualmente alcuna istruzione verrà impartita.


 


Il mutamento potrà verificarsi solo se dalla sostituzione deriverà un mutamento delle forze all’interno dell’organo collegiale, cioè riducendo l’attuale maggioranza a minoranza, con una operazione di chiaro stampo politico ma indebitamente realizzata con strumenti legali finalizzati a ben altri scopi ed utilizzati nella sussistenza di ben definiti presupposti e nel rispetto di prestabilite garanzie.


 


7. Le ragioni, in rito e nel merito, che hanno indotto il Collegio a ritenere ammissibili ed in parte fondati i motivi dedotti con l’atto introduttivo del giudizio portano a ritenere parimenti ammissibile ed in parte fondato il primo atto di motivi aggiunti, notificato il 10 agosto 2007, con il quale sono impugnati gli atti, di contenuto identico a quelli già gravati con l’atto introduttivo del giudizio, adottati dal Ministro all’indomani dell’ordinanza (n. 4039 del 31 luglio 2007) con la quale la IV Sezione del Consiglio di Stato, sul presupposto della mancanza di un danno "attuale" che potesse giustificare la concessione dell’invocata misura cautelare, ha accolto l’appello, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’economia e delle finanze, avverso l’ordinanza di questo Tribunale n. 2716 del 7 giugno 2007, che aveva invece sospeso sotto il profilo del fumus boni juris, l’efficacia degli atti gravati con l’atto introduttivo del giudizio.


 


Sembra al Collegio appena il caso di aggiungere che dalla documentazione versata in atti unitamente all’atto di motivi aggiunti appare medio tempore venuta anche meno la grave situazione di stallo che aveva indotto il Ministro ad assumere le determinazioni impugnate.


 


8. L’annullamento giurisdizionale della direttiva ministeriale di convocazione dell’assemblea degli azionisti per decidere la revoca dall’incarico del Prof. Petroni ha efficacia caducante della successiva delibera di revoca, disposta dall’assemblea dei soci ed impugnata con il secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 25 settembre 2007.


 


E’ invero evidente che non vengono in rilievo una autonoma vicenda patologica della predetta delibera assembleare ma gli effetti automaticamente prodottisi sulla stessa a seguito dell'annullamento della pregressa procedura pubblicistica.


 


Si tratta, infatti, di atto viziato ab origine in conseguenza dell'accertata illegittimità dell'atto di convocazione, che ne costituisce il presupposto. Ciò in quanto, come già è stato diffusamente chiarito, possedendo il Ministero dell’economia il 99,56% delle azioni, l’assemblea dei soci (costituita interamente dal titolare dello stesso Dicastero e per una parte minima dell’azionariato dal rappresentante della S.I.A.E.) non poteva che deliberare la revoca del Consigliere Petroni, così come le era stato chiesto dal Ministro. In altri termini, la delibera assembleare non è solo viziata dall’illegittimità che inficia la direttiva del Ministro ma è caducata, non potendo continuare ad esplicare effetti nel mondo giuridico perché non sostenuta da una va-lida e presupposta determinazione del socio di maggioranza che tale revoca ha deciso.


 


Non è invece necessario, perché detta caducazione si determini come effetto diretto ed immediato dell’annullamento dell’atto presupposto, che l’atto annullato in sede giurisdizionale e quello successivo automaticamente caducato appartengano allo stesso procedimento, circostanza, questa, che certamente nella specie non si verifica, atteso che il primo (id est, la direttiva ministeriale) è l’atto conclusivo del procedimento di iniziativa ministeriale mentre il secondo (id est, la revoca dell’incarico del consigliere di amministrazione) è l’atto conclusivo del secondo procedimento, di paternità assembleare. E’ infatti sufficiente che tale secondo procedimento non sarebbe stato attivato senza l’impulso del Ministro e che esso trovi nella decisione dell’organo di vertice del Dicastero dell’economia il suo unico pre-supposto. Né può costituire ostacolo di sorta la circostanza che tale secondo procedimento abbia connotati privatistici. Anche nei rapporti tra aggiudicazione di una gara pubblica e contratto stipulato con il concorrente vincitore della gara la giurisprudenza sia del giudice or-dinario (Cass. civ., I Sez., 26 maggio 2006 n. 12629) che di quello amministrativo (Cons.Stato, VI Sez., 4 giugno 2007 n. 2950; 4 aprile 2007 n. 1523; V Sez., 10 gennaio 2007 n. 41; 29 marzo 2006 n. 1591; 28 maggio 2004 n. 3465; T.A.R. Sardegna, I Sez., 20 luglio 2007 n. 1674) ammette ormai pressoché unanimemente l’efficacia caducante dell’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione sul contratto.


 


E la riprova della correttezza di questo assunto è proprio nel verbale dell’assemblea tenutasi il 10 settembre 2007 dal quale risulta che la questione relativa alla revoca del Cons. Petroni è stata liquidata in poche battute: il prof. Mario Stella Richter, presente alla seduta giusta delega dell’azionista Ministero dell’economia e delle finanze prende la parola e propone la revoca del Prof. Petroni e la nomina, quale nuovo consigliere, del dott. F. F.. L’assemblea (non risulta alcuna discussione) vota la proposta e l’approva all’unanimità.


 


9. Sia nell’atto introduttivo del giudizio che nei due atti di motivi aggiunti il Prof. Petroni ha chiesto la condanna del Ministero dell’economia al risarcimento dei danni subiti per effetto sia degli atti illegittimi dallo stesso posti in essere che della revoca dall’incarico che, seppur formalmente adottata dall’assemblea dei soci della R.A.I., il 10 settembre 2007, trova nei primi, come già in precedenza chiarito, l’unico presupposto.


 


Si tratta di danni:


 


a) all’immagine, avendo tutta la vicenda avuto una vasta eco sulla stampa, la quale ha finito per trasferire al pubblico un messaggio di disistima da parte delle Istituzioni nei confronti della persona del ricorrente, rappresentato come il "consigliere da rimuovere per riportare la R.A.I. ad una normale operatività";


 


b) alla persona fisica, avendo la decisione del Ministro dell’economia provocato al ricorrente un forte turbamento psichico;


 


c) esistenziali, essendo stato il prof. Petroni pubblicamente tacciato di inidoneità a svolgere l’attività di consigliere di amministrazione della R.A.I.


 


Nel caso in cui non fosse possibile la reintegrazione in forma specifica al ricorrente spetta anche il risarcimento sotto il profilo del c.d. lucro cessante, in considerazione della mancata percezione delle somme che avrebbe avuto quale consigliere R.A.I. sino alla scadenza naturale della carica, con i relativi fringe benefits (autovettura, ufficio di segreteria, ecc.). In via gradata il ricorrente chiede la liquidazione dell’indennizzo ex art. 21 quinquies L. n. 241 del 1990.


 


Ritiene il Collegio che l’istanza risarcitoria non è suscettibile di accoglimento.


 


Con riferimento alla voce di danno sub a) (danno all’immagine) il Collegio conviene con il ricorrente che l’intera vicenda legata alla sua revoca ha avuto una notevole risonanza nella stampa e, quindi, tra l’opinione pubblica. Rileva peraltro che la stessa risonanza avrà la declaratoria giurisdizionale di illegittimità della revoca, neutralizzando così di fatto il danno subito.


 


Il Collegio ritiene di non poter riconoscere neanche il danno alla persona fisica e quello esistenziale.


 


Non il danno alla persona fisica, non avendo il ricorrente provato in giudizio, ad es. producendo certificazione medica, di averlo subito e in quale misura. In ogni caso pare al Collegio quanto meno dubbio che un professionista del livello del ricorrente, abituato a ricoprire incarichi di vertice e di notevole responsabilità, possa avere a tal punto somatizzato l’ingiustizia subita da ricavarne una lesione permanente della sua sfera psichica.


 


Non il danno esistenziale, che sarebbe stato provocato per essere stato indicato come inidoneo a svolgere l’incarico che gli era stato affidato in seno alla R.A.I.. atteso che il Ministro dell’economia non lo ha mai accusato di incapacità ma, al contrario, ha pubblicamente speso nei suoi confronti e in sede qualificata parole lusinghiere, dichiarando dinanzi alla Commissione di vigilanza della R.A.I., di "stimarlo in quanto persona di qualità".


 


L’annullamento della direttiva ministeriale, con contestuale caducazione della revoca dell’incarico al Prof. Petroni e della nomina del dott. F. F. quale nuovo consigliere R.A.I., comporta il reintegro del ricorrente in seno al Consiglio di amministrazione della R.A.I., con la conseguenza che allo stesso non spetta né il risarcimento sotto il profilo del c.d. lucro cessante né l’indennità ex art. 21 quinquies L. n. 241 del 1990.


 


10. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere accolto.


 


Quanto alle spese di giudizio, attesa la complessità delle questioni oggetto di controversia, può disporsene l'integrale compensazione fra le parti costituite in giudizio.


 


P.Q.M.


 


Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione III Ter,


 


definitivamente pronunciando sul ricorso proposto, come in epigrafe, dal Prof. Angelo Maria Petroni, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati nei sensi di cui in motivazione.


 


Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.


 


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


 


Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio dell’8 novembre 2007.


 


Italo Riggio Presidente


 


Giulia Ferrari Componente – Estensore


 







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