Ai sensi dell’art. 22 lett. c) legge n. 241/1990, in materia di accesso, per “controinteressati” si intendono “tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza”.
In base alla definizione legislativa appena riportata, quindi, sono controinteressati non tutti coloro che, a qualsiasi titolo sono nominati o coinvolti nel documento oggetto dall’istanza ostensiva, ma solo coloro che per effetto dell’ostensione vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza.
Ebbene, pur non potendosi sottovalutare l’ampliamento e la progressiva importanza assunta dal diritto alla riservatezza, il Collegio ritiene, tuttavia, che tale situazione giuridica concerna solo quelle vicende collegate in modo apprezzabile alla sfera privata del soggetto, e non anche quelle destinate ad assumere una dimensione di carattere pubblico.
Nell'ordinamento delineato dalla L. n. 241/1990, ispirato ai principi della trasparenza, del diritto di difesa e della dialettica democratica, ogni soggetto deve, pertanto, poter conoscere con precisione i contenuti e gli autori di esposti o denunce che, fondatamente o meno, possano costituire le basi per l'avvio di un procedimento ispettivo o sanzionatorio, non potendo la p.a. procedente opporre all'interessato esigenze di riservatezza, foss’anche per coprire o difendere il denunciante da eventuali reazioni da parte del denunciato, le quali, comunque, non sfuggirebbero al controllo dell'autorità giudiziaria.
La tolleranza verso denunce segrete e/o anonime è un valore estraneo al nostro ordinamento giuridico. Emblematico, in tal senso, è l’art. 111 Cost. che, nel sancire (come elemento essenziale del giusto processo) il diritto dell’accusato di interrogare o far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, inevitabilmente presuppone che l’accusato abbia anche il diritto di conoscere il nome dell’autore di tali dichiarazioni.
Non può allora dubitarsi che colui il quale subisce un procedimento di controllo o ispettivo abbia un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti amministrativi utilizzati nell'esercizio del potere di vigilanza, a cominciare dagli atti d'iniziativa e di preiniziativa, quali, appunto, denunce o esposti.
Certo, non si può escludere che l’immediata comunicazione del nominativo del denunciante potrebbe riflettersi negativamente sullo sviluppo dell’istruttoria. Ma ciò può, a tutto concedere, giustificare un breve differimento del diritto di accesso. Non consente, invece, il diniego del diritto alla conoscenza degli atti quando ormai (come accade nella fattispecie) il procedimento ispettivo-disciplinare si è definitivamente concluso.
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A tali conclusioni addiviene la Sesta Sezione del Consiglio di Stato, sindacando nel merito di una vicenda nella quale una p.a. (nella specie una scuola) aveva negato ad una propria dipendente (professoressa) l’accesso ai dati di un esposto dal quale era scaturito un procedimento di controllo sull’operato della dipendente stessa, negando, in particolare, l’accesso ai dati identificativi (nomi e cognmi) dei soggetti (alunni e genitori) esponenti.
Condivisibilmente, per ragioni di trasparenza e, ancor prima costituzionali (si veda in massima n. 3), il Giudice amministrativo ha ritenuto illegittima la condotta della p.a. che aveva negato l’accesso, motivando della protezione degli esponenti (evidentemente prefigurandosi, ex se, una improbabile e, comunque, non provata forma di ritorsione nei confronti di questi ultimi).
In via generale, pare si possa affermare l’esistenza costituzionale ancor prima che “da prassi” di un “principio di responsabilità” dell’esponente per la propria azione (denunciare) e i relativi contenuti: egli – affermano i Giudici di Palazzo Spada – sarà coperto dalle eventuali ingiustizie e ritorsioni, che il denunciato intendesse praticargli, con la protezione assicurata dall’ordinamento e il “controllo dell'autorità giudiziaria” (appunto astrattamente condivisibile e, tuttavia, tanto retorico, dolente e infelice nel concreto, se si pensa a quanto e come realmente talune autorità giudiziarie funzionino per davvero, n.d.a.).
In ogni caso, resta fermo che – in via generale – il nomen dell’esponente non è dato informativo inaccessibile ai sensi del diritto di accesso agli atti.
Oltre che per la ragione oggettiva appena delineata in relazione all’identità, più in generale viene affermato che se è vero che la riservatezza ex d.lgs. 196/2003 è l’unico valore che determina la qualificazione di controinteressato e, dunque, la presenza di dati sensibili che possano pregiudicare, con la conoscenza, la – appunto – riservatezza del titolare dei dati citati, è anche vero che la persona dell’esponente in quanto tale non costituisce in nessun caso figura soggettiva minimamente assimilabile al controinteressato, giacché il nome non è dato riservato e, dunque, l’istanza di accesso a quello non comporta il sorgere di una corrispondente figura soggettiva da “contrapporre” al richiedente l’informazione.
Di guisa che, oltre che ritenere accessibile il dato del nome dell’esponente, il Collegio ha escluso che vi sia possibilità che un esponente sia qualificabile come controinteressato.
(www.altalex.com, 12 settembre 2007. Nota di Alessandro Del Dotto)
Consiglio di Stato
Sezione VI
Decisione 25 giugno 2007, n. 3601
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