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IL CASO.
Allarme Bankitalia
sulle pensioni:
"Tenore di vita
a rischio
per i giovani".

Via Nazionale mette in guardia dal flop della previdenza integrativa. Con il sistema contributivo 6 lavoratori su 10 avranno meno del 60 per cento dello stipendio.

di ROBERTO PETRINI
per La Repubblica 19/12/2010

ROMA - L'allarme pensioni della Banca d'Italia stavolta suona in modo diverso, non è solo la pressione sui conti pubblici e la celebre "gobba" dei baby boomers a preoccupare, ma sono i redditi futuri dei pensionati che, tagliati dalle riforme degli ultimi vent'anni, potrebbero essere insufficienti a "mantenere un tenore di vita adeguato".


 La fotografia, che arriva mentre si cumulano sulle famiglie italiane problemi di reddito e di debito, contribuisce ad allungare una linea d'ombra sul futuro. Lo studio, intitolato "Le scelte previdenziali nell'indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d'Italia", realizzato da Giuseppe Cappelletti e Giovanni Guazzarotti , osserva che attualmente molti lavoratori si trovano esposti a quello che viene definito "un forte rischi previdenziale". La situazione - i dati citati sono quelli della Ragioneria Generale - è quella di un taglio drastico del cosiddetto tasso di sostituzione, cioè quanto dello stipendio, in termini percentuali, costituirà la pensione. Ebbene è già previsto che un lavoratore del settore privato che nel 2010 sarebbe andato in pensione con il 70 per cento dello stipendio, nel 2040 - a parità di requisiti contributivi - avrà soltanto il 52 per cento. Un taglio drastico dovuto soprattutto alla riforma dei cosiddetti coefficienti di trasformazione, adottata nel 2007 e resa operativa quest'anno, che modifica il meccanismo di calcolo della pensione e ne riduce l'importo.


Gli italiani se ne sono resi conto? L'indagine sui bilanci delle famiglie, in pratica un grande sondaggio molto accurato, ci dice di sì. La percentuale media dello stipendio che i nostri connazionali si attendono quando andranno in pensione è del 64,2 per cento, poco meno della metà si attende meno del 60 e solo un quarto spera ancora in un 70 per cento (per lo più redditi alti e livelli di istruzione superiori). Se poi si va a guardare la differenza tra i vari sistemi l'ottica è più precisa: il 36 per cento di chi andrà con il "retributivo" (almeno 18 anni di contributi nel 1995) si attende un assegno del 60 per cento dello stipendio; la percentuale di chi si aspetta una pensione magra sale al 59 per cento degli interpellati se si è sotto il sistema "contributivo" (Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995).


E' chiaro che questa situazione, come segnala lo studio, comporterà rischi anche per la collettività che "dovrà farsi carico di interventi di natura assistenziale". Anche perché sulla base del campione dei bilanci di Bankitalia, che contiene anche il risparmio e i patrimoni, emerge che il 47,3 per cento dei lavoratori andrà in pensione con meno del 60 per cento dello stipendio, ma di questi un 15 per cento appartiene alla fascia più povera della popolazione, cioè senza altre risorse oltre alla pensione. C'è da sperare in un aiuto da parte della cosiddetta previdenza complementare? Pare proprio di no, almeno stando ai dati dello studio che indicano nel solo 20 per cento degli occupati coloro che hanno aderito ai fondi pensione per avere un trattamento integrativo.


 


 


 


 


 





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