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EDITORIA.
Il governo discute
e i giornali chiudono.
Senza diritto soggettivo
è la fine. Si tratta solo
sulle testate di partito.

Entro tre mesi 40 giornali, a cominciare dal Manifesto, saranno chiusi. I fondi realmente disponibili sono meno di 70 milioni e bastano appena per il 35% dei rimborsi.

di Matteo Bartocci
per il manifesto 28/10/2010

ROMA. Prove di dialogo fallite. Gli incontri del sottosegretario all'editoria Paolo Bonaiuti con editori, sindacati e associazioni dell'informazione finisce in un giro di opinioni che assomiglia davvero pericolosamente a un giro a vuoto. Entro tre mesi 40 giornali, a cominciare dal manifesto, saranno chiusi.


La parola letale che sigla la morte di testate storiche e realmente diffuse si chiama «fine del diritto soggettivo». «Senza il ripristino di questo principio tutte le chiacchiere e le ipotesi di riforma non servono a nulla», spiegano da Mediacoop. Per l'associazione che rappresenta centinaia di giornali e settimanali di ogni orientamento politico e culturale la road map sarebbe chiara: 1) il governo torna al diritto soggettivo ai contributi; 2) si ragiona sulla quantità di risorse disponibili e la loro distribuzione; 3) il parlamento vara una riforma definitiva e certa del settore in linea con le esigenze di bilancio. Un orientamento e una richiesta condivisa peraltro anche dalla Fieg, l'associazione degli editori.


Durante gli incontri di ieri con Fnsi e Mediacoop Bonaiuti non ha preso alcun impegno sulle risorse disponibili per il sostegno all'editoria nella finanziaria né ha aperto a una «pulizia» del fondo stesso, in cui negli anni sono venute a gravare voci improprie e molto consistenti come ad esempio gli oneri del contratto di servizio con la Rai (azienda vigilata peraltro dal ministero dello Sviluppo e, formalmente, non dalla presidenza del consiglio).


Lo stesso Bonaiuti ha ammesso che i fondi realmente disponibili sono meno di 70 milioni e bastano appena per il 35% dei rimborsi. Un taglio talmente drastico che rende di fatto superflua l'idea stessa di un sostegno pubblico all'editoria da gestire con un apposito dipartimento di Palazzo Chigi. Anche perché nel frattempo Tremonti ha cancellato i 210 milioni annui per le tariffe postali agevolate. Risparmia qui, cancella là, azzera tutto, di fatto non c'è più nessun sostegno all'informazione.


Restano pochi soldi, maledetti ma anche lontanissimi. I rimborsi ai giornali, infatti, sono retroattivi. Quelli 2010 saranno quantificati ed erogati effettivamente solo tra un anno, a novembre 2011. Solo con la certificazione del diritto soggettivo, com'è noto, è possibile ottenere dalle banche gli anticipi di credito necessari a coprire il lungo lasso di tempo che serve per svolgere tutte le procedure e gli accertamenti. Bonaiuti lo sa perfettamente ma per ora si vuole concentrare solo sulla ripartizione dei fondi, calibrando qui e spostando là. E' una buona intenzione, a cui nessuna delle parti si è mai sottratta, che però arriva sicuramente troppo tardi.


Lo prova il fatto che il sottosegretario ha detto di non potere fare previsioni nemmeno sul «milleproroghe», il decretone omnibus che potrebbe recepire alcuni aggiustamenti.


Dietro le quinte ma non troppo, uno dei problemi ancora sul tavolo del governo riguarda i giornali di partito. Il nuovo regolamento che il consiglio dei ministri dovrà approvare entro l'anno li «premia» lasciando solo a loro vincoli più elastici slegati dalle copie effettivamente vendute in edicola. Un regime privilegiato che il Consiglio di stato (parere 4493 del 30/12/2009) ha legittimato solo in parte e solo dal punto di vista «formale». Su questo argomento tornerà ad esprimersi la Fnsi, il sindacato dei giornalisti, in un nuovo incontro di domani con Bonaiuti. Franco Siddi, segretario Fnsi, chiede allo stato più risorse e un regime di transizione definito verso il nuovo sistema. In particolare propone di assumere come «discriminante per i contributi pubblici il lavoro giornalistico regolare e la diffusione dei giornali, con il superamento del finanziamento rapportato alle copie stampate».


Poche speranze anche sul capitolo risorse. La commissione cultura della camera ha approvato un emendamento che destina l'1% della «Robin tax» sui petrolieri all'editoria. Uno stanziamento che però fu già approvato un anno fa ai tempi di Scajola e che l'Economia ha «misteriosamente» dimenticato di appostare nel bilancio di quest'anno. Repetita iuvant? L'emendamento dovrà essere vagliato martedì prossimo dalla commissione Bilancio. Dove il relatore alla finanziaria è Marco Milanese (Pdl), storico braccio destro di Giulio Tremonti.


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OCCUPAZIONE KO


I posti di lavoro a rischio in caso di chiusura delle 92 testate che ricevono fondi pubblici sono 4.500 tra giornalisti e poligrafici.


«Bonaiuti ARRIVA TARDI»


Francesco Verducci (Pd) critica il ritardo del governo e chiede di rispettare l'appello per l'editoria già firmato da 360 deputati.


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