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Stampa

CASSAZIONE.
Prime letture distorte e sbagliate.
Direttore responsabile
di giornale telematico
assolto dal reato di
omesso controllo su una
lettera spedita da un lettore
in quanto equiparato ad un
blogger o al moderatore
di un forum che non interviene
sui commenti postati da terzi
e non può esserne
considerato responsabile.

di Fulvio Sarzana di S. Ippolito

Il giornalista assolto è Carlo Brambilla, direttore di Merateonline, difeso dal prof. Giulio Enea Vigevani. IN CODA il testo della sentenza: "Il dettato dell'art 57 Cp non è applicabile al giornale telematico neanche per via analogica".

Roma, 1 ottobre 2010. Le sentenze dei Tribunali, si sa, si devono leggere bene e nel loro complesso perché altrimenti possono ingenerare equivoci. L’ultima sentenza della Cassazione, la 35511,  sulla responsabilità da omesso controllo di  direttore di un giornale telematico in effetti ha assolto quest’ultimo per non aver commesso il fatto in quanto il direttore di tale testata non avrebbe potuto esercitare il controllo su quanto accade sulle pagine del giornale  come  invece previsto  dall’art 57 del codice penale per la carta stampata.


Sembrerebbe quindi che non si possa equiparare il direttore di un giornale telematico ( con tanto di registrazione presso il tribunale e di direttore responsabile) ad uno reale.


Cosi detto sembrerebbe quindi che i Direttori responsabili di veri e propri giornali on line godano di una tutela più ampia dei colleghi della carta stampata, in virtù, secondo quanto riportato dalla stessa Corte,  della interattività del mezzo telematico” che impedirebbe un reale controllo al direttore responsabile.


Approfondendo però la sentenza della Cassazione che ha assolto il direttore della testata telematica però emerge un fatto che non è stato posto in rilievo adeguatamente dai lanci di agenzia. Il Direttore infatti non è stato assolto dal reato di omesso controllo su quanto scritto sul sito da un giornalista nel contesto dell’attività editoriale, ma solo dall’omesso controllo (e si suppone) censura nei confronti di un lettore che aveva mandato una lettera alla testata, lettera poi pubblicata dalla testata telematica e che avrebbe avuto carattere diffamatorio (il che non si saprà mai in quanto nel frattempo il reato era stato dichiarato prescritto dalla Corte di Appello)   ed in questo senso la Cassazione  ha equiparato il direttore della testata  ad un blogger o al moderatore di un forum che non interviene sui commenti postati da terzi e non può esserne considerato responsabile. Così come non sono “responsabili dei reati commessi in rete gli access provider, i service provider e gli hosting provider – hanno spiegato i supremi giudici – a meno che non fossero al corrente del contenuto criminoso del messaggio diramato (ma in tal caso rispondono di concorso).


Quindi non assenza di responsabilità del direttore di una testata  ma incapacità di controllare quanto scritto da un cittadino con una lettera inviata alla testata telematica,  essendo palese fra l’altro il disaccordo del direttore della testata con quanto scritto dal lettore,  come ha sentenziato la Cassazione,  perché altrimenti in caso di accordo il direttore avrebbe risposto “in proprio” della diffamazione.


 Ma attenzione che la Giurisprudenza della Cassazione in genere  ritiene responsabile il direttore di una testata tradizionale in caso di denigrazione compiuta da un privato cittadino nei confronti di un soggetto ed attuata tramite lo strumento dell’invio di una lettera ai giornali.


 Se invece dovessimo dare retta a ciò che la Cassazione ha stabilito da ultimo sui direttori dei giornali telematici dovremmo ritenere che vi sia una discriminazione tra i Direttori web e quelli tradizionali sulle lettere inviate dai lettori, perché mentre  il direttore del giornale telematico ( che si ricordi potrebbe essere un’emanazione di un testata tradizionale) non dovrebbe rispondere del reato di omesso controllo quello tradizionale risponderebbe senz’altro e ciò in virtù della interattività del mezzo, il che ovviamente non può essere perché si avrebbe una ingiustificata disparità di trattamento.


La Suprema Corte non può aver inteso dire questo ma si è forse soffermata in modo troppo superficiale sul mondo internet ritenendo che vi fosse un “vuoto” legislativo laddove tale vuoto non c’è, infatti una cosa sono i blogger, i titolari di forum e i provider ed un’altra i direttori di testate telematiche registrate (i giornali telematici insomma)  che si devono considerare a tutti gli effetti, come del resto i Tribunali hanno da diverso tempo rilevato, anche a tutela di questi ultimi, direttori di testate vere e proprie.


www.fulviosarzana.it


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Il giornalista assolto è il direttore di Merateonline


Il caso esaminato ha riguardato il giornalista Carlo Brambilla,  direttore della testata Merateonline, condannato dalla Corte d'appello di Milano per omesso controllo in relazione alla pubblicazione di una lettera ritenuta diffamatoria nei confronti dell'ex ministro della Giustizia Roberto Castelli e di un suo collaboratore. La sentenza è stata annullata dalla Corte di Cassazione  perché «il fatto non costituisce reato».  Carlo Brambilla è stato difeso dal prof.  Giulio Enea Vigevani


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La sentenza della V sezione penale della Cassazione: “L'art. 57 cp punisce il direttore del giornale che colposamente non impedisca che, tramite lo pubblicazione del giornale, siano commessi reati. Il dettato dell'art 57 cp non è applicabile al c.d. giornale telematico. La lettera della legge e lo sua ratio fanno riferimento al concetto di "stampa", concetto nel quale non può essere ricompresa l'informazione on line. Né può pensarsi a una interpretazione analogica, trattandosi, evidentemente di analogia in malam partem. Sul punto, dottrina e giurisprudenza sono concordi”.


 


UDIENZA PUBBLICA DEL 16/07/2010 –sentenza 35111/2010


Num. Prov. Sez. 1907-2010-000 REGISTRO GENERALE N. 42135/2009


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE


QUINTA SEZIONE PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott GIULIANA FERRUA - Presidente


Dott. ARTURO CARROZZA - Consigliere


Dott. VITO SCALERA – Consigliere


Dott PIERO SAVANI - Consigliere


Dott. MAURIZIO FUMO - Rel. Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:


1) XXXX


avverso la sentenza n. 3691/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 25/09/2009


visti gli atti, la sentenza e il ricorso


udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/07/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO


FUMO


udito il PG in persona del sost.proc.gen. dott. G. Volpe, che ha chiesto annullarsi senza rinvio la


sentenza impugnata perché il fatto non è previsto come reato dalla legge,


udito il difensore avv. G. Ursini, in sost.ne dell'avv. G. E. Vigevano, che, illustrando i motivi del


ricorso, si è associato alle conclusioni del PG,


osserva quanto segue.


La Corte di appello di Milano, con sentenza 25.9.2009, in riforma della pronunzia di primo grado,


ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione a carico di XXXX, imputato del


reato di cui all'art. 57 cp; ha confermato le statuizioni civili in favore delle costituite parti civili,


YYYY e ZZZZ.


XXXX era direttore del periodico telematico WWWW, sul quale risultava pubblicata una lettera


ritenuta diffamatoria nei confronti del ministro della Giustizia (YYYY) e del suo "consulente per


l'edilizia penitenziario" (ZZZZ).


Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato e deduce:


1) difetto di motivazione, sua contraddittorietà e illogicità in ordine alla esistenza della prova della


sussistenza del fatto.


Nel corso del dibattimento, l'imputato sostenne e dimostrò come fosse possibile e facile ottenere


una pagina "a stampa" di un giornale telematico, non corrispondente all'originale. Egli ebbe a


dichiarare, che, informato della querela proposta dal YYYY e dal ZZZZ, eseguì un controllo


nell'archivio informatico del giornale, non rinvenendo la lettera in questione. Detta lettera dunque


non esiste nell'originale del documento informatico ed è stata evidentemente "prodotta", con il


sistema c.d. "taglia e incolla" da ignoto autore. Sarebbe stato facile per gli inquirenti verificare


l'autenticità della lettera (scil. il suo effettivo inserimento nel "numero" del quotidiano on line cui apparentemente sì riferisce), disponendo, innanzitutto, il sequestro del "sito", e quindi incaricando una persona esperta di accertare se esso conteneva lo missiva in questione e incaricando quindi un un PU o un notaio di certificare l'esito dell'accertamento. E' talmente semplice creare e stampare ex novo una pagina mai diffusa in rete, che tale mezzo di prova (lo pagina stampata, asseritamene "estratta" dal web) non può ritenersi ammissibile, perché il documento è di incerta paternità. In tal senso d'altra parte si sono orientate le sezioni civili della S.C. (Cass sez. lav. 16.2.2004 n. 2912).


Fatta tale premessa, l'imputato ebbe ad affermare che, se effettivamente le lettera de qua fosse stata


ospitata sul suo giornale telematico, egli altro non avrebbe potuto fare che presentare le sue scuse


alle parti civili. Ebbene, lo Corte milanese, equivocando sul senso delle parole, ha ritenuto che tale


affermazione, meramente congetturale, fosse una ammissione di responsabilità.


2) violazione di legge, erronea applicazione dell'art. 57 cp e carenze dell'apparato motivazionale.


Il dettato dell'art 57 cp non è applicabile al c.d. giornale telematico. La lettera della legge e lo sua ratio fanno riferimento al concetto di "stampa", concetto nel quale non può essere ricompresa l'informazione on line. Né può pensarsi a una interpretazione analogica, trattandosi, evidentemente di analogia in malam partem. Sul punto, dottrina e giurisprudenza sono concordi. D'altra parte, il solo fatto che siano state presentate più proposte di legge per estendere lo portata dell'art 57 cp anche al direttore di un giornale telematico, rappresenta ulteriore riprova del fatto che, allo stato, al predetto direttore non è attribuita alcuna posizione di garanzia. Ciò a voler poi trascurare che il delitto ex art 57 cp è fattispecie colposa e dunque andrebbe individuato un qualche profilo di colpa da attribuire al XXXX; altrimenti ci si troverebbe nell'ambito della responsabilità oggettiva, ritenuta ormai costituzionalmente incompatibile.


Tanto premesso, osserva il Collegio che la censura sub 2) deve necessariamente essere esaminata


per prima in quanto con essa si nega in radice che lo condotta in ipotesi addebitata al XXXX sia


riconducibile a una fattispecie astratta di reato: quella appunto ex art 57 cp.


La censura è fondata.


L'art. 57 cp punisce, come è noto, il direttore del giornale che colposamente non impedisca che, tramite lo pubblicazione sul predetto mezzo di informazione, siano commessi reati. Il codice, per altro, tra i mezzi di informazione, distingue la stampa rispetto a tutti gli altri mezzi di pubblicità (art.595 comma III cp.) e l'art. 57 si riferisce specificamente alla informazione diffusa tramite lo "carta stampata". La lettera della legge è inequivoca e a tale conclusione porta anche l'interpretazione "storica" della norma.


In dottrina e in giurisprudenza si è comunque discusso circa la estensibilità del concetto di stampa,


appunto agli altri mezzi di comunicazione. E così una risalente pronunzia (ASN 198900259-RV


180713) ha escluso che fosse assimilabile al concetto di stampato lo videocassetta preregistrata, in


quanto essa viene riprodotta con mezzi diversi da quelli meccanici e fisico-chimici richiamati


dall'art. 1 della legge 47/48.


D'altra parte, è noto che la giurisprudenza ha concordemente negato (ad eccezione della sentenza n.


12960 della Sez. feriale, p.u. 31.8.2000, dep. 12.12.2000, ric. Cavallino, non massimata) che al


direttore della testata televisiva sia applicabile la normativa di cui all'art. 57 cp (cfr, ad es. ASN


200834717-RV 240687; ASN 199601291-RV 205281), stante lo diversità strutturale tra i due


differenti mezzi di comunicazione (fa stampa, da un lato, lo radiotelevisione dall'altro) e lo vigenza


nel diritto penale del principio di tassatività.


Analogo discorso, a parere di questo Collegio, deve esser fatto per quel che riguarda lo


assimilabilità di internet (rectius del suo "prodotto") al concetto di stampato.


L'orientamento prevalente in dottrina è stato negativo, atteso che, perché possa parlarsi di stampa in


senso giuridico (appunto ai sensi del ricordato art. 1 della legge 47/48), occorrono due condizioni


che certamente il nuovo medium non realizza: a) che vi sia una riproduzione tipografica (prius), b)


che il prodotto di tale attività (quella tipografica) sia destinato alla pubblicazione e quindi debba


essere effettivamente distribuito tra il pubblico (posterius).


Il fatto che il messaggio internet (e dunque anche lo pagina del giornale telematico) si possa


stampare non appare circostanza determinante, in ragione della mera eventualità, sia oggettiva, che


soggettiva. Sotto il primo aspetto, si osserva che non tutti i messaggi trasmessi via internet sono


"stampabili": sì pensi ai video, magari corredati di audio; sotto il secondo, basta riflettere sulla


circostanza che, in realtà, è il destinatario colui che, selettivamente ed eventualmente, decide di


riprodurre a stampa lo "schermata".


E se è pur vero che la "stampa" -normativamente intesa-ha certamente a oggetto, come si é


premesso, messaggi destinati alla pubblicazione, è altrettanto vero che deve trattarsi -e anche questo


si è anticipato- di comunicazioni che abbiano veste di riproduzione tipografica.


Se pur, dunque, le comunicazioni telematiche sono, a volte, stampabili, esse certamente non


riproducono stampati (è in realtà la stampa che -eventualmente- riproduce la comunicazione, ma


non la incorpora, così come una registrazione "domestica" di un film trasmesso dalla TV, riproduce


-ad uso del fruitore- un messaggio, quello cinematografico appunto, già diretto "al pubblico" e del


quale, attraverso lo duplicazione, in qualche modo il fruitore stesso si appropria, oggettivizzandolo).


Bisogna pertanto riconoscere lo assoluta eterogeneità della telematica rispetto agli altri media,


sinora conosciuti e, per quel che qui interessa, rispetto alla stampa.


D'altronde, non si può non sottolineare che differenti Sono le modalità tecniche di trasmissione del


messaggio a seconda del mezzo utilizzato: consegna materiale dello stampato e sua lettura da parte


del destinatario, in un caso (stampa), irradiazione nell'etere e percezione da parte di chi si


sintonizza, nell'altro (radio e TV), infine, trasmissione telematica tramite un ISP (internet server


provider), con utilizzo di rete telefonica nel caso di internet.


Ad abundantiam si può ricordare che l'art. 14 D. Lsvo 9.4.2003 n. 70 chiarisce che non sono


responsabili dei reati commessi in rete gli access provider, i service provider e -a fortiori- gli


hosting provider (cfr. in proposito ASN 200806046-RV 242960), a meno che non fossero al corrente


del contenuto criminoso del messaggio diramato (ma, in tal caso, come è ovvio, essi devono


rispondere a titolo di concorso nel reato doloso e non certo ex art 57 cp).


Qualsiasi tipo di coinvolgimento poi va escluso (tranne, ovviamente, anche in questo caso, per


l'ipotesi di concorso) per i coordinatori dei blog e dei forum.


Non diversa è la figura del direttore del giornale diffuso sul web.


Peraltro, anche nel caso oggi in esame, sarebbe, invero, ipotizzabile, in astratto, la responsabilità del


direttore del giornale telematico, se fosse stato d'accordo con l'autore della lettera (lo stesso discorso


varrebbe per un articolo giornalistico). A maggior ragione, poi, se lo scritto fosse risultato anonimo.


Ma -è del tutto evidente- in tal caso il direttore avrebbe dovuto rispondere del delitto di


diffamazione (eventualmente in concorso) e non certo di quello di omesso controllo ex art 57 cp,


che come premesso, non è realizzabile da chi non sia direttore di un giornale cartaceo.


Al XXXX, tuttavia, è stato contestato il delitto colposo ex art 57 cp e non quello doloso ex art 595


cp.


Sul piano pratico, poi, non va trascurato che la c.d. interattività (la possibilità di interferire sui testi


che si leggono e si utilizzano) renderebbe, probabilmente, vano -o comunque estremamente


gravoso- il compito di controllo del direttore di un giornale on line.


Dunque, accanto all'argomento di tipo sistematico (non assimilabilità normativamente determinata


del giornale telematica a quello stampato e inapplicabilità nel settore penale del procedimento


analogico in malam partem), andrebbe considerata anche la problematica esigibilità della ipotetica


condotta di controllo del direttore (con quel che potrebbe significare sul piano della effettiva


individuazione di profili di colpa).


Da ultimo, va considerata anche la implicita voluntas legis, atteso che, da un lato, risultano pendenti


diverse ipotesi di estensione della responsabilità ex art 57 cp al direttore del giornale telematico (il


che costituisce ulteriore riprova che -ad oggi- tale responsabilità non esiste), dall'altro, va pur


rilevato che il legislatore, come ricordato dal ricorrente, è effettivamente intervenuto, negli ultimi


anni, sulla materia senza minimamente innovare sul punto.


Invero, né con la legge 7 marzo 2001 n. 62, né con il già menzionato D.Lsvo del 2003, è stata


effettuata la estensione della operatività dell'art. 57 cp dalla carta stampata ai giornali telematici,


essendosi limitato il testo del 2001 a introdurre la registrazione dei giornali on line (che dunque


devono necessariamente avere al vertice un direttore) solo per ragioni amministrative e, in ultima


analisi, perché possano essere richieste le provvidenze previste per l'editoria (come ha chiarito il


successivo D. Lsvo).


Allo stato, dunque, "il sistema" non prevede lo punibilità ai sensi dell'art 57 cp (o di un analogo


meccanismo incriminatorio) del direttore di un giornale on line.


Rimanendo pertanto assorbita la censura sub 1), deve concludersi che lo sentenza impugnata va


annullata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.


PQM


lo Corte annulla senza rinvio lo sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come


reato.


Così deciso in Roma, in data 16 luglio 2010.


Il presidente-Giuliana Ferrara


L'estensore-Maurizio Fumo


 


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Le 4 massime ricavate dalla sentenza


 


1. Perché possa parlarsi di stampa in senso giuridico, ai sensi dell’art. 1 della legge 47/48, occorrono due condizioni a) che vi sia una riproduzione tipografica, b) che il prodotto di tale attività (quella tipografica) sia destinato alla pubblicazione e quindi debba essere effettivamente distribuito tra il pubblico.


 


2. le comunicazioni telematiche certamente non riproducono stampati (è in realtà la stampa che -eventualmente- riproduce la comunicazione, ma non la incorpora, così come una registrazione “domestica” di un film trasmesso dalla TV, riproduce -ad uso del fruitore- un messaggio, quello cinematografico appunto, già diretto “al pubblico” e del quale, attraverso lo duplicazione, in qualche modo il fruitore stesso si appropria, oggettivizzandolo). Bisogna pertanto riconoscere l’assoluta eterogeneità della telematica rispetto agli altri media sinora conosciuti e rispetto alla stampa.


 


3.  Con la Legge 7 marzo 2001 n. 62  non è stata effettuata la estensione della operatività dell’art. 57 cp dalla carta stampata ai giornali telematici, essendosi limitato il testo del 2001 a introdurre la registrazione dei giornali on line (che dunque devono necessariamente avere al vertice un direttore) solo per ragioni amministrative e, in ultima analisi, perché possano essere richieste le provvidenze previste per l’editoria.


 


4.  Il nostro ordinamento non prevede la punibilità ai sensi dell’art 57 cp (o di un analogo meccanismo incriminatorio) del direttore di un giornale on line.


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testo in http://computerlaw.wordpress.com/2010/10/02/cass-pen-sez-v-sentenza-n-355112010-siti-internet-e-responsabilita-editoriale/





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