Roma, 1 ottobre 2010. Le sentenze dei Tribunali, si sa, si devono leggere bene e nel loro complesso perché altrimenti possono ingenerare equivoci. L’ultima sentenza della Cassazione, la 35511, sulla responsabilità da omesso controllo di direttore di un giornale telematico in effetti ha assolto quest’ultimo per non aver commesso il fatto in quanto il direttore di tale testata non avrebbe potuto esercitare il controllo su quanto accade sulle pagine del giornale come invece previsto dall’art 57 del codice penale per la carta stampata.
Sembrerebbe quindi che non si possa equiparare il direttore di un giornale telematico ( con tanto di registrazione presso il tribunale e di direttore responsabile) ad uno reale.
Cosi detto sembrerebbe quindi che i Direttori responsabili di veri e propri giornali on line godano di una tutela più ampia dei colleghi della carta stampata, in virtù, secondo quanto riportato dalla stessa Corte, “della interattività del mezzo telematico” che impedirebbe un reale controllo al direttore responsabile.
Approfondendo però la sentenza della Cassazione che ha assolto il direttore della testata telematica però emerge un fatto che non è stato posto in rilievo adeguatamente dai lanci di agenzia. Il Direttore infatti non è stato assolto dal reato di omesso controllo su quanto scritto sul sito da un giornalista nel contesto dell’attività editoriale, ma solo dall’omesso controllo (e si suppone) censura nei confronti di un lettore che aveva mandato una lettera alla testata, lettera poi pubblicata dalla testata telematica e che avrebbe avuto carattere diffamatorio (il che non si saprà mai in quanto nel frattempo il reato era stato dichiarato prescritto dalla Corte di Appello) ed in questo senso la Cassazione ha equiparato il direttore della testata ad un blogger o al moderatore di un forum che non interviene sui commenti postati da terzi e non può esserne considerato responsabile. Così come non sono “responsabili dei reati commessi in rete gli access provider, i service provider e gli hosting provider – hanno spiegato i supremi giudici – a meno che non fossero al corrente del contenuto criminoso del messaggio diramato (ma in tal caso rispondono di concorso).
Quindi non assenza di responsabilità del direttore di una testata ma incapacità di controllare quanto scritto da un cittadino con una lettera inviata alla testata telematica, essendo palese fra l’altro il disaccordo del direttore della testata con quanto scritto dal lettore, come ha sentenziato la Cassazione, perché altrimenti in caso di accordo il direttore avrebbe risposto “in proprio” della diffamazione.
Ma attenzione che la Giurisprudenza della Cassazione in genere ritiene responsabile il direttore di una testata tradizionale in caso di denigrazione compiuta da un privato cittadino nei confronti di un soggetto ed attuata tramite lo strumento dell’invio di una lettera ai giornali.
Se invece dovessimo dare retta a ciò che la Cassazione ha stabilito da ultimo sui direttori dei giornali telematici dovremmo ritenere che vi sia una discriminazione tra i Direttori web e quelli tradizionali sulle lettere inviate dai lettori, perché mentre il direttore del giornale telematico ( che si ricordi potrebbe essere un’emanazione di un testata tradizionale) non dovrebbe rispondere del reato di omesso controllo quello tradizionale risponderebbe senz’altro e ciò in virtù della interattività del mezzo, il che ovviamente non può essere perché si avrebbe una ingiustificata disparità di trattamento.
La Suprema Corte non può aver inteso dire questo ma si è forse soffermata in modo troppo superficiale sul mondo internet ritenendo che vi fosse un “vuoto” legislativo laddove tale vuoto non c’è, infatti una cosa sono i blogger, i titolari di forum e i provider ed un’altra i direttori di testate telematiche registrate (i giornali telematici insomma) che si devono considerare a tutti gli effetti, come del resto i Tribunali hanno da diverso tempo rilevato, anche a tutela di questi ultimi, direttori di testate vere e proprie.
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Il giornalista assolto è il direttore di Merateonline
Il caso esaminato ha riguardato il giornalista Carlo Brambilla, direttore della testata Merateonline, condannato dalla Corte d'appello di Milano per omesso controllo in relazione alla pubblicazione di una lettera ritenuta diffamatoria nei confronti dell'ex ministro della Giustizia Roberto Castelli e di un suo collaboratore. La sentenza è stata annullata dalla Corte di Cassazione perché «il fatto non costituisce reato». Carlo Brambilla è stato difeso dal prof. Giulio Enea Vigevani
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La sentenza della V sezione penale della Cassazione: “L'art. 57 cp punisce il direttore del giornale che colposamente non impedisca che, tramite lo pubblicazione del giornale, siano commessi reati. Il dettato dell'art 57 cp non è applicabile al c.d. giornale telematico. La lettera della legge e lo sua ratio fanno riferimento al concetto di "stampa", concetto nel quale non può essere ricompresa l'informazione on line. Né può pensarsi a una interpretazione analogica, trattandosi, evidentemente di analogia in malam partem. Sul punto, dottrina e giurisprudenza sono concordi”.
UDIENZA PUBBLICA DEL 16/07/2010 –sentenza 35111/2010
Num. Prov. Sez. 1907-2010-000 REGISTRO GENERALE N. 42135/2009
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott GIULIANA FERRUA - Presidente
Dott. ARTURO CARROZZA - Consigliere
Dott. VITO SCALERA – Consigliere
Dott PIERO SAVANI - Consigliere
Dott. MAURIZIO FUMO - Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) XXXX
avverso la sentenza n. 3691/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 25/09/2009
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/07/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO
FUMO
udito il PG in persona del sost.proc.gen. dott. G. Volpe, che ha chiesto annullarsi senza rinvio la
sentenza impugnata perché il fatto non è previsto come reato dalla legge,
udito il difensore avv. G. Ursini, in sost.ne dell'avv. G. E. Vigevano, che, illustrando i motivi del
ricorso, si è associato alle conclusioni del PG,
osserva quanto segue.
La Corte di appello di Milano, con sentenza 25.9.2009, in riforma della pronunzia di primo grado,
ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione a carico di XXXX, imputato del
reato di cui all'art. 57 cp; ha confermato le statuizioni civili in favore delle costituite parti civili,
YYYY e ZZZZ.
XXXX era direttore del periodico telematico WWWW, sul quale risultava pubblicata una lettera
ritenuta diffamatoria nei confronti del ministro della Giustizia (YYYY) e del suo "consulente per
l'edilizia penitenziario" (ZZZZ).
Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato e deduce:
1) difetto di motivazione, sua contraddittorietà e illogicità in ordine alla esistenza della prova della
sussistenza del fatto.
Nel corso del dibattimento, l'imputato sostenne e dimostrò come fosse possibile e facile ottenere
una pagina "a stampa" di un giornale telematico, non corrispondente all'originale. Egli ebbe a
dichiarare, che, informato della querela proposta dal YYYY e dal ZZZZ, eseguì un controllo
nell'archivio informatico del giornale, non rinvenendo la lettera in questione. Detta lettera dunque
non esiste nell'originale del documento informatico ed è stata evidentemente "prodotta", con il
sistema c.d. "taglia e incolla" da ignoto autore. Sarebbe stato facile per gli inquirenti verificare
l'autenticità della lettera (scil. il suo effettivo inserimento nel "numero" del quotidiano on line cui apparentemente sì riferisce), disponendo, innanzitutto, il sequestro del "sito", e quindi incaricando una persona esperta di accertare se esso conteneva lo missiva in questione e incaricando quindi un un PU o un notaio di certificare l'esito dell'accertamento. E' talmente semplice creare e stampare ex novo una pagina mai diffusa in rete, che tale mezzo di prova (lo pagina stampata, asseritamene "estratta" dal web) non può ritenersi ammissibile, perché il documento è di incerta paternità. In tal senso d'altra parte si sono orientate le sezioni civili della S.C. (Cass sez. lav. 16.2.2004 n. 2912).
Fatta tale premessa, l'imputato ebbe ad affermare che, se effettivamente le lettera de qua fosse stata
ospitata sul suo giornale telematico, egli altro non avrebbe potuto fare che presentare le sue scuse
alle parti civili. Ebbene, lo Corte milanese, equivocando sul senso delle parole, ha ritenuto che tale
affermazione, meramente congetturale, fosse una ammissione di responsabilità.
2) violazione di legge, erronea applicazione dell'art. 57 cp e carenze dell'apparato motivazionale.
Il dettato dell'art 57 cp non è applicabile al c.d. giornale telematico. La lettera della legge e lo sua ratio fanno riferimento al concetto di "stampa", concetto nel quale non può essere ricompresa l'informazione on line. Né può pensarsi a una interpretazione analogica, trattandosi, evidentemente di analogia in malam partem. Sul punto, dottrina e giurisprudenza sono concordi. D'altra parte, il solo fatto che siano state presentate più proposte di legge per estendere lo portata dell'art 57 cp anche al direttore di un giornale telematico, rappresenta ulteriore riprova del fatto che, allo stato, al predetto direttore non è attribuita alcuna posizione di garanzia. Ciò a voler poi trascurare che il delitto ex art 57 cp è fattispecie colposa e dunque andrebbe individuato un qualche profilo di colpa da attribuire al XXXX; altrimenti ci si troverebbe nell'ambito della responsabilità oggettiva, ritenuta ormai costituzionalmente incompatibile.
Tanto premesso, osserva il Collegio che la censura sub 2) deve necessariamente essere esaminata
per prima in quanto con essa si nega in radice che lo condotta in ipotesi addebitata al XXXX sia
riconducibile a una fattispecie astratta di reato: quella appunto ex art 57 cp.
La censura è fondata.
L'art. 57 cp punisce, come è noto, il direttore del giornale che colposamente non impedisca che, tramite lo pubblicazione sul predetto mezzo di informazione, siano commessi reati. Il codice, per altro, tra i mezzi di informazione, distingue la stampa rispetto a tutti gli altri mezzi di pubblicità (art.595 comma III cp.) e l'art. 57 si riferisce specificamente alla informazione diffusa tramite lo "carta stampata". La lettera della legge è inequivoca e a tale conclusione porta anche l'interpretazione "storica" della norma.
In dottrina e in giurisprudenza si è comunque discusso circa la estensibilità del concetto di stampa,
appunto agli altri mezzi di comunicazione. E così una risalente pronunzia (ASN 198900259-RV
180713) ha escluso che fosse assimilabile al concetto di stampato lo videocassetta preregistrata, in
quanto essa viene riprodotta con mezzi diversi da quelli meccanici e fisico-chimici richiamati
dall'art. 1 della legge 47/48.
D'altra parte, è noto che la giurisprudenza ha concordemente negato (ad eccezione della sentenza n.
12960 della Sez. feriale, p.u. 31.8.2000, dep. 12.12.2000, ric. Cavallino, non massimata) che al
direttore della testata televisiva sia applicabile la normativa di cui all'art. 57 cp (cfr, ad es. ASN
200834717-RV 240687; ASN 199601291-RV 205281), stante lo diversità strutturale tra i due
differenti mezzi di comunicazione (fa stampa, da un lato, lo radiotelevisione dall'altro) e lo vigenza
nel diritto penale del principio di tassatività.
Analogo discorso, a parere di questo Collegio, deve esser fatto per quel che riguarda lo
assimilabilità di internet (rectius del suo "prodotto") al concetto di stampato.
L'orientamento prevalente in dottrina è stato negativo, atteso che, perché possa parlarsi di stampa in
senso giuridico (appunto ai sensi del ricordato art. 1 della legge 47/48), occorrono due condizioni
che certamente il nuovo medium non realizza: a) che vi sia una riproduzione tipografica (prius), b)
che il prodotto di tale attività (quella tipografica) sia destinato alla pubblicazione e quindi debba
essere effettivamente distribuito tra il pubblico (posterius).
Il fatto che il messaggio internet (e dunque anche lo pagina del giornale telematico) si possa
stampare non appare circostanza determinante, in ragione della mera eventualità, sia oggettiva, che
soggettiva. Sotto il primo aspetto, si osserva che non tutti i messaggi trasmessi via internet sono
"stampabili": sì pensi ai video, magari corredati di audio; sotto il secondo, basta riflettere sulla
circostanza che, in realtà, è il destinatario colui che, selettivamente ed eventualmente, decide di
riprodurre a stampa lo "schermata".
E se è pur vero che la "stampa" -normativamente intesa-ha certamente a oggetto, come si é
premesso, messaggi destinati alla pubblicazione, è altrettanto vero che deve trattarsi -e anche questo
si è anticipato- di comunicazioni che abbiano veste di riproduzione tipografica.
Se pur, dunque, le comunicazioni telematiche sono, a volte, stampabili, esse certamente non
riproducono stampati (è in realtà la stampa che -eventualmente- riproduce la comunicazione, ma
non la incorpora, così come una registrazione "domestica" di un film trasmesso dalla TV, riproduce
-ad uso del fruitore- un messaggio, quello cinematografico appunto, già diretto "al pubblico" e del
quale, attraverso lo duplicazione, in qualche modo il fruitore stesso si appropria, oggettivizzandolo).
Bisogna pertanto riconoscere lo assoluta eterogeneità della telematica rispetto agli altri media,
sinora conosciuti e, per quel che qui interessa, rispetto alla stampa.
D'altronde, non si può non sottolineare che differenti Sono le modalità tecniche di trasmissione del
messaggio a seconda del mezzo utilizzato: consegna materiale dello stampato e sua lettura da parte
del destinatario, in un caso (stampa), irradiazione nell'etere e percezione da parte di chi si
sintonizza, nell'altro (radio e TV), infine, trasmissione telematica tramite un ISP (internet server
provider), con utilizzo di rete telefonica nel caso di internet.
Ad abundantiam si può ricordare che l'art. 14 D. Lsvo 9.4.2003 n. 70 chiarisce che non sono
responsabili dei reati commessi in rete gli access provider, i service provider e -a fortiori- gli
hosting provider (cfr. in proposito ASN 200806046-RV 242960), a meno che non fossero al corrente
del contenuto criminoso del messaggio diramato (ma, in tal caso, come è ovvio, essi devono
rispondere a titolo di concorso nel reato doloso e non certo ex art 57 cp).
Qualsiasi tipo di coinvolgimento poi va escluso (tranne, ovviamente, anche in questo caso, per
l'ipotesi di concorso) per i coordinatori dei blog e dei forum.
Non diversa è la figura del direttore del giornale diffuso sul web.
Peraltro, anche nel caso oggi in esame, sarebbe, invero, ipotizzabile, in astratto, la responsabilità del
direttore del giornale telematico, se fosse stato d'accordo con l'autore della lettera (lo stesso discorso
varrebbe per un articolo giornalistico). A maggior ragione, poi, se lo scritto fosse risultato anonimo.
Ma -è del tutto evidente- in tal caso il direttore avrebbe dovuto rispondere del delitto di
diffamazione (eventualmente in concorso) e non certo di quello di omesso controllo ex art 57 cp,
che come premesso, non è realizzabile da chi non sia direttore di un giornale cartaceo.
Al XXXX, tuttavia, è stato contestato il delitto colposo ex art 57 cp e non quello doloso ex art 595
cp.
Sul piano pratico, poi, non va trascurato che la c.d. interattività (la possibilità di interferire sui testi
che si leggono e si utilizzano) renderebbe, probabilmente, vano -o comunque estremamente
gravoso- il compito di controllo del direttore di un giornale on line.
Dunque, accanto all'argomento di tipo sistematico (non assimilabilità normativamente determinata
del giornale telematica a quello stampato e inapplicabilità nel settore penale del procedimento
analogico in malam partem), andrebbe considerata anche la problematica esigibilità della ipotetica
condotta di controllo del direttore (con quel che potrebbe significare sul piano della effettiva
individuazione di profili di colpa).
Da ultimo, va considerata anche la implicita voluntas legis, atteso che, da un lato, risultano pendenti
diverse ipotesi di estensione della responsabilità ex art 57 cp al direttore del giornale telematico (il
che costituisce ulteriore riprova che -ad oggi- tale responsabilità non esiste), dall'altro, va pur
rilevato che il legislatore, come ricordato dal ricorrente, è effettivamente intervenuto, negli ultimi
anni, sulla materia senza minimamente innovare sul punto.
Invero, né con la legge 7 marzo 2001 n. 62, né con il già menzionato D.Lsvo del 2003, è stata
effettuata la estensione della operatività dell'art. 57 cp dalla carta stampata ai giornali telematici,
essendosi limitato il testo del 2001 a introdurre la registrazione dei giornali on line (che dunque
devono necessariamente avere al vertice un direttore) solo per ragioni amministrative e, in ultima
analisi, perché possano essere richieste le provvidenze previste per l'editoria (come ha chiarito il
successivo D. Lsvo).
Allo stato, dunque, "il sistema" non prevede lo punibilità ai sensi dell'art 57 cp (o di un analogo
meccanismo incriminatorio) del direttore di un giornale on line.
Rimanendo pertanto assorbita la censura sub 1), deve concludersi che lo sentenza impugnata va
annullata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
PQM
lo Corte annulla senza rinvio lo sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come
reato.
Così deciso in Roma, in data 16 luglio 2010.
Il presidente-Giuliana Ferrara
L'estensore-Maurizio Fumo
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Le 4 massime ricavate dalla sentenza
1. Perché possa parlarsi di stampa in senso giuridico, ai sensi dell’art. 1 della legge 47/48, occorrono due condizioni a) che vi sia una riproduzione tipografica, b) che il prodotto di tale attività (quella tipografica) sia destinato alla pubblicazione e quindi debba essere effettivamente distribuito tra il pubblico.
2. le comunicazioni telematiche certamente non riproducono stampati (è in realtà la stampa che -eventualmente- riproduce la comunicazione, ma non la incorpora, così come una registrazione “domestica” di un film trasmesso dalla TV, riproduce -ad uso del fruitore- un messaggio, quello cinematografico appunto, già diretto “al pubblico” e del quale, attraverso lo duplicazione, in qualche modo il fruitore stesso si appropria, oggettivizzandolo). Bisogna pertanto riconoscere l’assoluta eterogeneità della telematica rispetto agli altri media sinora conosciuti e rispetto alla stampa.
3. Con la Legge 7 marzo 2001 n. 62 non è stata effettuata la estensione della operatività dell’art. 57 cp dalla carta stampata ai giornali telematici, essendosi limitato il testo del 2001 a introdurre la registrazione dei giornali on line (che dunque devono necessariamente avere al vertice un direttore) solo per ragioni amministrative e, in ultima analisi, perché possano essere richieste le provvidenze previste per l’editoria.
4. Il nostro ordinamento non prevede la punibilità ai sensi dell’art 57 cp (o di un analogo meccanismo incriminatorio) del direttore di un giornale on line.
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testo in http://computerlaw.wordpress.com/2010/10/02/cass-pen-sez-v-sentenza-n-355112010-siti-internet-e-responsabilita-editoriale/