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CASSAZIONE - Sospeso l'avvocato che non paga le quote. Finché il legale non salda gli oneri annuali di iscrizione all'albo non può esercitare la professione. QUESTA SENTENZA RIGUARDA TUTTE LE PROFESSIONI COMPRESA QUELLA GORNALISTICA.

di Patrizia Maciocchi/ilsole24ore


Roma, 25 marzo 2017.  Non pagare la quota annuale per l'iscrizione all'albo costa all'avvocato la sospensione a tempo indeterminato dall'esercizio della professione. Un periodo che si interrompe quando il professionista salda il debito. La Corte di cassazione (sentenza 7666/2017) respinge il ricorso del legale e conferma la legittimità del provvedimento anche alla luce del nuovo ordinamento degli avvocati (legge 247 del 2012). Inutilmente il legale "moroso" da cinque anni mette in campo una serie di contestazioni. Si inizia con il difetto di giurisdizione del giudice ordinario: il contributo annuale ha natura tributaria, quindi le controversie dovrebbero rientrare nel raggio d'azione del giudice tributario.


Il Consiglio nazionale forense è, invece, un giudice speciale e l'attribuzione della giurisdizione sui contributi sarebbe in contrasto con l'articolo 102 della Costituzione. Il professionista riteneva violato anche il diritto di difesa. Il Cnf aveva dichiarato inammissibile il ricorso perché sottoscritto dallo stesso avvocato che, in quanto sospeso, non aveva il potere di "autorappresentarsi". Per il legale si era trattato di un abuso di potere in quanto secondo l'articolo 50 della "vecchia" legge forense (regio decreto 1578/1933) l' impugnazione contro il provvedimento di sospensione fa venire meno la sua efficacia.


Per finire, nel ricorso viene messa in dubbio anche la legittimità della pretesa. Il contributo dovuto dagli iscritti sarebbe legittimo, a parere del legale, se fossero determinati o perlomeno determinabili i criteri per la quantificazione dell'importo dovuto, che, sempre in virtù della natura tributaria, dovrebbe necessariamente essere destinato al funzionamento degli enti (consiglio dell'ordine e Cnf): il che non accadrebbe, almeno nel consiglio di appartenenza del ricorrente, che utilizzerebbe quei soldi nelle attività più varie.


Tutte le censure sono respinte. La Cassazione precisa che la materia è fuori dalla giurisdizione del giudice tributario, perché oggetto dell'accertamento è la sussistenza delle condizioni per l'iscrizione all'albo e per esercitare la professione, e non la legittimità dell' onere. Non è leso neppure il diritto di difesa. Le Sezioni unite (sentenza 9491/2004) hanno, infatti, già escluso che l'impugnazione da parte dell'avvocato che non ha pagato le quote possa avere effetto nel "congelare" la sospensione, a differenza di quanto avviene in caso di sospensione per illeciti disciplinari. Il legale non resta comunque privo di difesa perché può farsi assistere da un collega.


La situazione non cambia alla luce della nuova legge forense (articolo 29) che avalla la sospensione per chi non paga, riabilitando l' iscritto a conti saldati. Né si può pensare che la previsione sia incostituzionale. La sospensione per mancato pagamento non ha natura disciplinare, a differenza della sanzione disciplinare che colpisce un avvocato per un illecito: nel primo caso la misura garantisce l'esecuzione di un obbligo mentre la seconda sanziona «ed è dunque attratta in una logica di maggiori garanzie, nell' ambito di applicazione della sospensione dell'esecutività della misura disposta dal Coa».





 





 





 




 



 






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