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SCANDALI AL "SOLE" E ARIA DI DECLINO IN CONFINDUSTRIA.

di Alberto Statera/larepubblica

 7.11.2016 - Era il gioiello della corona. La prova che l'insigne classe imprenditoriale italiana, che impartisce lezioni a tutti, eccelle anche nell'industria editoriale. Adesso si scopre che il gioiello era un volgare falso. Il Sole-24 Ore , principale posta del bilancio di Confindustria (circa un quarto), ha manipolato per anni i bilanci, come era facile osservare per chi si fosse soffermato sul fatto che le vendite schizzavano verso l'alto, mentre i ricavi scendevano. Il tutto nel silenzio di presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati, direttori sfiduciati, assemblee. Sarà ora la Procura di Milano e si spera la silente Consob a dire quanto si è bruciato dal 6 gennaio 2007, anno della quotazione in Borsa. Allora il titolo valeva circa 750 milioni, oggi ne vale 50; i 350 miliardi di capitale netto sono precipitati a debiti per 30 milioni. Secondo la valutazione del Fatto Quotidiano si sono volatilizzati 1,2 miliardi. In tutti questi anni hanno taciuto le Marcegaglia, i Montezemolo, il vecchio padre nobile Abete, per il quale Gianni Agnelli inventò la definizione di "professionisti della Confindustria". L'alibi corrente è che l'emersione del disastro è dovuta all'endorsment del nuovo presidente Vincenzo Boccia in favore dei sì al referendum costituzionale. Ma di fronte ai rapporti politici, ai conti, alle crescenti risse interne, la spiegazione è risibile. Quando per quotare il gruppo fu scelto Claudio Calabi ( già multato in Francia per insider trading relativa all'acquisto di Flammarion da parte di Rcs) in Confindustria covavano già i contrasti. L'irritazione delle organizzazioni territoriali, i costi, la scelta degli amministratori delegati e dei direttori. Due di questi, tra cui l'ultimo, sono stati sfiduciati da una larga parte delle redazioni. Invano. Come si fa, del resto, a mettere alla guida di un importante giornale economico europeo un giornalista esperto in tutt'altro, o come l'ultimo, che dichiara una crescita del giornale del 23 per cento, vecchio agiografo di industriali e aspirante scrittore? Il "Sole" naturalmente si riempie di "marchette". Quasi come ai tempi di Tanzi, quando la Parmalat veniva descritta come la Coca Cola. Ma la scoperta del falso gioiello editoriale, che tra l'altro illustra il livello della capacità imprenditoriale dei nostri grandi industriali, è soltanto l'ormai pubblica tumefazione di un'organizzazione nella quale tutti sono contro tutti, tra cordate, accordi inconfessabili, progetti golpisti. Altro che la politica che da viale dell'Astronomia subisce critiche giorno dopo giorno. Squinzi e il suo successore Boccia ormai non si possono sopportare, sono alla resa dei conti, nonostante i mea culpa dell'ex presidente, che spesso sconfinano nella boutade, come quando dice di aver messo sconsideratamente il gioiellino editoriale nelle mani di Benito Benedini e Donatella Treu: "È evidente che sono molto più bravo come imprenditore che nel valutare le persone". Evidente. E adesso? Se non si presenterà un cavaliere bianco (ipotesi per ora inesistente) centinaia di dipendenti, tra l'altro, saranno licenziati e comunque una voce giornalistica - utile o no andrà perduta. Chissà invece che non convenga riesumare la proposta di chiudere la Confindustria, organizzazione ormai in lungo declino, sulla cui utilità ormai pochi giurerebbero. a.statera@repubblica.it







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