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Stampa

Uffici stampa pubblici e privati, miniera d'oro per l'Inpgi. Centinaia di giornalisti assicurati erroneamente con l'Inps (in violazione dell'articolo 76 della legge 388/2000). Il segnale forte che arriva dal Piemonte grazie al lavoro del fiduciario dell'Istituto. Oltre cento segnalazioni. Un esempio da seguire. La sfida al sommerso deve impegnare le strutture regionali della Fnsi con quelle dell'Ordine. La salvezza dell'Istituto forse è a portata di mano. Il supplemento di 'Prima' di dicembre 2015 ('Uomini comunicazione') segnale 15.823 persone impegnate nel settore. Alla Fondazione servono 3mila buoni contributi mensili per respirare. 18 ispettori forse sono pochi, ma l'ente può chiedere l'aiuto dei servizi di vigilanza del Ministero del lavoro, che si avvalgono anche di carabinieri specializzati.

di Roberto Reale-Fiduciario Inpgi per il Piemonte

8.4.2016 - Cari colleghi, si sta chiudendo in Piemonte una prima fase di iniziative per dare miglior diffusione alle norme di legge sulla previdenza dei giornalisti e riportare all’Inpgi una fascia significativa di contribuenti. Approfitto della concomitanza con le elezioni del nuovo Cda e del nuovo Presidente dell’Istituto per dare conto di quanto finora concluso e dei risultati che si potrebbero realizzare con un’azione comune.


LA VERIFICA – L’operazione messa in campo nella Circoscrizione Piemonte è nata da una duplice constatazione:


1)      L’unanimità delle analisi considera fondamentale per l’Inpgi allargare la platea contributiva alle migliaia di colleghi che operano al di fuori delle realtà un tempo tradizionali per la professione, come carta stampata e tv. Tra questi, a parte l’area dei new media (web giornali, internet tv, blogger), il vastissimo mondo degli addetti stampa dell’area pubblica e privata. Colleghi che, in base alle leggi 388/2000 e 150/2000, già dovrebbero vedere le loro posizioni contributive trasferite fin dal 2001 all’Istituto, e invece sono tuttora iscritti a Inpdap e Inps.


2)      La categoria ha a sua disposizione, per qualsiasi verifica, il miglior data-base possibile: l’elenco degli iscritti all’Ordine, professionisti o pubblicisti. Perché sono tutti compresi in queste liste (quasi 120 mila nomi in Italia) coloro che – in presenza di attività di tipo giornalistico, com'è quella degli uffici stampa – devono per legge essere iscritti all’Inpgi (dove invece - tra Inpgi/1 e Gestione Separata -ne risultano poco meno di 50 mila).


I RISULTATI - Da un controllo incrociato fra gli elenchi di Ordine e Inpgi sono emersi i nomi di quasi duemila colleghi piemontesi del tutto sconosciuti alla previdenza di categoria. Una seconda verifica, con ricerche sui siti web, ha prodotto una lista di circa 300addetti stampa mai iscritti all’Inpgi. Tutti sono stati raggiunti con lettere ed e.mail che ricordavano le norme sulla previdenza di categoria, con allegate le circolari Inpgi-Inpdap-Inps sui metodi di regolarizzazione.


Ovviamente, la prima ricerca non mirata ha fatto emergere in prevalenza una massa di pubblicisti dediti ad attività autonoma che, quasi sempre per ignoranza delle norme, non si erano mai iscritti alla Gestione Separata.La verifica sugli uffici stampa ha, invece, messo in evidenza, finora, i nomi di oltre cento colleghi – quasi tutti pubblicisti, e qualche professionista – dipendenti di aziende e società pubbliche e private, le cui posizioni (con arretrati contributivi spesso retrodatabili al 2001) non sono mai state trasferite all’Inpgi. I restanti nominativi non risultano, invece, iscritti all’Ordine, oppure svolgono l’attività in modo autonomo, ed hanno contribuzioni corrette.


OLTRE 100 NOMI – Per un’ulteriore scrematura mi sono servito anche dell’ultimo numero di Uomini-Comunicazione, edito da “Prima” nel dicembre 2015 (costa solo 25 euro, più 5 di spedizione). Uno strumento a suo tempo suggerito da Pierluigi Franz,che raggruppa, però, l’80 per cento delle 15mila segnalazioni su Milano e Roma e mescola uffici stampa, uomini p.r. e addetti pubblicità e marketing, senza purtroppo indicare se giornalisti oppure no.


Qualche esempio, per illustrare la vastità del fenomeno elusivo: nell’elenco di enti e società che non hanno iscritto - in tutto o in parte - i colleghi dei loro uffici stampa all’Inpgi compaiono l’80% delle Asl regionali, grandi teatri, poli museali e sezioni dei Beni Culturali, Università e Politecnico, numerosi Comuni, la Città metropolitana (ex Provincia), associazioni di categoria, cooperative, multinazionali dell’industria e dei servizi, aziende municipalizzate, club sportivi professionistici, Banche di dimensione europea, Fondazioni, Camere di commercio e Unioni industriali.


Al termine della prima verifica ho inviato all’Ufficio contributi e vigilanza la lista con un centinaio di posizioni, in buona parte, credo, acquisibili all’Inpgi. Alcune aziende si stanno muovendo in modo autonomo per mettersi in regola, per altre dovrà necessariamente intervenire l’Istituto. So che le risorse dell’Ufficio vigilanza non sono illimitate, e spero perciò che esista un metodo legale per sollecitare e mettere ufficialmente in mora chi si trova in errore. Sono certo che in tutta Italia sarebbe possibile recuperare alla previdenza di categoria almeno duemila colleghi, per migliaia di anni di contribuzioni arretrate e decine di milioni di euro. Vale la pena tentare.


Roberto Reale-Fiduciario Inpgi per il Piemonte


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24.7.2015 – INPGI E INCREMENTO DELLE ENTRATE. OBIETTIVO REALISTICO E POSSIBILE. Le speranze legate agli Uffici Stampa: da 3 a 4mila giornalisti attendono la regolarizzazione previdenziale con il passaggio dall'Inps all'Inpgi/1. E' un obbligo di legge. Nei primi sei mesi del 2015 recuperate le posizioni di 19 giornalisti utilizzati come comunicatori in grandi aziende private, banche, enti locali e multinazionali. Coinvolti grandi nomi come Fiat Chrysler, Mercedes, Porsche e Volkswagen. In questo caso i contributi versati dalle aziende non editoriali vengono subito direttamente travasati dall'INPS all'INPGI/1 senza interessi, né sanzioni, nè vertenze legali. I giornalisti occupati come addetti stampa si facciano parte attiva: chiedano il passaggio all'Inpgi/1. Non corrono alcun rischio e le loro aziende spendono qualcosa in meno come oneri sociali. L'Istituto ha appena 18 ispettori (15 dislocati a Roma e 3 a Milano). Sindacati e Ordini regionali si sveglino e facciano una campagna informativa efficace e capillare.- di Francesco M. De Bonis – TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=18359


11.8.2015 - UFFICI STAMPA, i contributi dall’Inps all’Inpgi sono un obbligo di legge. Senza rischi per le aziende. La campagna di stampa lanciata da Franco Abruzzo per salvare l'Inpgi: una stima prudenziale indica fra i 3 e i 4 mila il numero dei giornalisti che, a tutt’oggi, sono ancora in attesa di regolarizzazione, con il passaggio dei versamenti previdenziali dall’Inps all’Inpgi.   Il tema è emerso dopo che nei primi sei mesi del 2015 sono state recuperate le posizioni di 19 giornalisti che lavorano come comunicatori in grandi aziende private, banche, multinazionali ed enti locali (Fiat Chrysler Automobiles, Porsche Italia, Wolkswagen Group Italia, Mercedes Benz Italia, Banca Popolare di Milano, Banco di Sassari, Comune di Salerno e Università della Calabria) per un totale di 1 milione e 613 mila euro trasferiti dall’Inps all’Inpgi. - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=18407


 


 


 





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