IL GIUDICE DEVE TENER CONTO DI EVENTUALI PROFILI DISCRIMINATORI O RITORSIVI DEL COMPORTAMENTO DATORIALE - In base all'art. 3 Costituzione e ai principi della normativa comunitaria (Cassazione Sezione Lavoro n. 10834 del 26 maggio 2015, Pres. Roselli, Rel. Tria).
di http://www.legge-e-giustizia.it/
Il canone preferenziale dell'interpretazione conforme a Costituzione, rinforzato dal concorrente canone dell'interpretazione non contrastante con la normativa comunitaria, la quale vincola l'ordinamento interno, porta a ritenere che, laddove vengano in considerazione eventuali profili discriminatori o ritorsivi nel comportamento datoriale, il giudice nazionale non possa fare a meno di tenerne conto sia in base all'art. 3 Cost. sia in considerazione degli esiti del lungo processo evolutivo che si è avuto in ambito comunitario, sulla scorta della giurisprudenza della Corte di giustizia, in materia di diritto antidiscriminatorio e antivessatorio, in genere e in particolare nei rapporti di lavoro, a partire dalla introduzione dell'art. 13 del Trattato CE, da parte del Trattato di Amsterdam del 1997. Processo, che è poi proseguito in sede comunitaria e nazionale ed ha portato, nel corso del tempo e principalmente per effetto del recepimento di direttive comunitarie, alla conseguenza che anche nel nostro ordinamento condotte potenzialmente lesive dei diritti fondamentali di cui si tratta abbiano ricevuto una specifica tipizzazione - pur non necessaria, in presenza dell'art. 3 Cost. - (Corte cost. sentenza n. 109 del 1993) come discriminatorie (in modo diretto o indiretto), soprattutto a partire dall'entrata in vigore dei d.lgs. n. 215 e n. 216 del 2003 con la previsione di un particolare regime dell'onere probatorio. IN http://www.legge-e-giustizia.it/index.php?option=com_content&task=view&id=5165&Itemid=131
|